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Lucani insigni 2013, Jorge Rubiani
04 giugno 2015
Attualmente consulente del sindaco della capitale del Paraguay Asunción e columnist di “ABC”, uno dei quotidiani a maggiore diffusione, l’architetto è tenuto in grande considerazione
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(ACR) - “Io non so se lo merito questo premio, ma so che rappresenta un impegno all’esercizio della memoria: a ricordare chi per noi ha tracciato una strada. Questa targa va divisa con chi partì dalla sua terra tanti anni fa tramandandoci e imprimendo in noi valori importanti come il senso del lavoro e del sacrificio, e la sensibilità per la bellezza”. L’italiano è un po’ incerto e per questo il suo ringraziamento, scritto precedentemente su un foglio, preferisce leggerlo, ma non sono di circostanza le parole di questo italo paraguaiano di settant’anni, alto e distinto, capelli argentei e pelle dorata, che in Basilicata non c’era mai stato, prima dell’11 dicembre 2014, quando è arrivato a Venosa a ritirare il “Premio Lucani Insigni 2013” .
Jorge Rubiani Mosqueira nasce ad Asunción il quindici gennaio del 1945, quinto di sei figli, da Joseph Rubiani e Rufina Mosqueira. Il padre è originario di San Estanislao, dove i suoi genitori, i nonni di Jorge, sono emigrati dalla Basilicata. Come migliaia di altri italiani che hanno fatto la storia del Paraguay, Pasquale Rubiano, parte nel 1889 da Potenza, alla ricerca di un riscatto dalla miseria della sua terra, e lo trova in un paese del sud America lontano migliaia di chilometri da casa sua. Dove più di un secolo più tardi, in un viaggio a ritroso, Jorge, architetto, urbanista, storico e autore di libri, politico, giornalista, ideatore e conduttore di programmi televisivi e radiofonici, è tornato lo scorso dicembre.
Una personalità eclettica, un intellettuale influente e carismatico in Paraguay, la cui autorevolezza - tiene a far sapere l’addetta dell’ambasciata del Paraguay che accompagna Jorge in questo viaggio e gli fa da traduttrice - è riconosciuta in tutto il Paese. Attualmente consulente del sindaco della capitale Asunción, e columnist di “ABC”, uno dei quotidiani a maggiore diffusione (che sul suo sito internet ha dedicato ampio spazio alla premiazione di Rubiani), le sue opinioni in diversi campi, dalla politica al sociale, sono tenute in grande considerazione. Frutto di una storia personale di indipendenza dal potere, con la scelta, maturata fin da giovanissimo, di non venire a patti con la dittatura di Alfredo Stroessner che, tra il 1954 e il 1989, ha governato il paese reprimendo duramente ogni tipo di opposizione. Una decisione che dopo la laurea in architettura nel ‘73, lo porta a intraprendere tante strade diverse: “per lavorare come architetto bisognava avere legami con il regime e io non volevo avere alcuna relazione con loro - ricorda oggi - così ho fatto di tutto: ho scritto libri, ho lavorato al Comune, mi sono impegnato in politica”.
Ecco perché nel suo curriculum accanto alla progettazione di fabbriche, ospedali, centri culturali e ricreativi e alla redazione di piani urbanistici di varie città, c’è tanto altro: assistente professionale di pianificazione urbana per il Comune di Coronel Oviedo (Paraguay), consulente del ministero del Tesoro per lo sviluppo dei Piani urbanistici, numerosi incarichi pubblici presso il Comune di Asunción, l’ Ajumpa (Associazione delle Giunte Municipali del Paraguay), il Parlamento, il Fondec (Fondo Nazionale per la Cultura e le Arti), il Governo del Dipartimento Centrale. Ci sono gli insegnamenti presso l’Università Nacional, l’Università Católica, l’Istituto Superiore del Turismo, l’Università de las Americas, l’Università Comunera ad Asunción. E ci sono numerosi libri sulla storia del Paraguay, di cui è considerato uno dei massimi esperti, ma anche sull’emigrazione italiana, allestimenti di mostre, diversi programmi televisivi e radiofonici.
Un ingegno multiforme in discipline diverse che, afferma, ha sviluppato proprio grazie ai suoi studi: “La facoltà di Architettura mi ha permesso l’apertura a un mondo con il quale mi sono sentito da subito in connessione. L’architettura ti porta ad apprezzare la musica e l’arte in generale. Anche la passione per la scrittura e la storia, derivano da lì”. E sono gli studi che rafforzano il suo legame con l’Italia, dove tanti dei suoi professori si sono formati. Se, infatti, in Basilicata si recherà solo in occasione del premio conferitogli dalla Regione, più volte, fin dagli anni ‘70, l’architetto Jorge Rubiani visiterà le città d’arte più importanti della penisola, trovandovi ispirazione nella sua attività di urbanista e progettista, mentre lo storico e lo scrittore si interesseranno alla storia della comunità italiana in Paraguay e al suo ruolo nella formazione del Paese. Nel 2002 scrive infatti “Gli Italiani nel Paraguay”, edito per la prima volta dall’Ambasciata italiana in Paraguay, ripubblicato dall’Università degli Studi di Perugia e presentato in edizione italiana a Roma dall’Ambasciata del Paraguay in Italia, durante la settimana Paraguaiana 2011, in occasione del bicentenario dell’Indipendenza del Paraguay e in coincidenza con il centocinquantenario dell’Unità d’Italia.
Il libro è una ricerca storica e genealogica sul ruolo che la comunità italiana ha avuto nella formazione del paese fin dalle sue origini, da quel Sebastiano Caboto che fu il primo navigatore del fiume Paraguay nel 1524, passando per le missioni Gesuitiche tra i primi del ‘600 e la seconda metà del settecento, con i primi sacerdoti italiani che portarono la loro influenza nella pittura, nell’architettura e nella musica, fino alla guerra contro la Triplice Alleanza di Argentina, Brasile ed Uruguay (1864 – 1870), quando tanti italiani o loro discendenti non solo diedero la vita per il Paraguay, arruolandosi volontariamente ma, soprattutto, al termine del conflitto fornirono un apporto decisivo alla ricostruzione del paese, sul punto di scomparire dopo il sanguinoso conflitto. In quel momento, l’arrivo di immigrati dalla Sicilia, dal Piemonte, dalla Calabria, dalla Campania e da altre regioni del Sud Italia, compresa la Basilicata fu fondamentale per la rinascita di un paese la cui popolazione era stata decimata dalla guerra.
Sebbene numericamente inferiore alle comunità di emigranti italiani in Brasile o Argentina, e anche assai più lontani, rispetto a quelli, dalle grandi vie di comunicazione e quindi dalle loro origini, ci racconta Jorge, i nostri connazionali si sono distinti da subito per una grande laboriosità e capacità di integrazione: arrivati in suolo straniero la gran parte si spogliò quasi della propria nazionalità, adottando da subito anche la lingua locale, il guaranì (che suo padre infatti parlava a casa con i figli, riservando l’italiano ai discorsi con i propri genitori).
Oggi si può dire che oltre il novanta per cento delle imprese paraguaiane appartengono a discendenti di italiani che costituiscono la parte fondamentale dell’élite dirigenziale del paese e sono “protagonisti assoluti della società in tanti campi. Non esiste ambito, in Paraguay, che non abbia avuto influenza italiana. Soprattutto coloro che arrivarono con la grande migrazione all’inizio del secolo scorso e che fuggivano da un vecchio continente devastato da due guerre mondiali, si distinsero in campo scientifico, industriale, politico, culturale e anche filantropico. A loro si deve infatti la fondazione di istituzioni per l’assistenza dei più disagiati, come la Società italiana di Mutuo soccorso o opere di assistenza come ‘Casa Cuna’”.
Una storia di integrazione e soddisfazioni cui ognuno ha dato il proprio contributo, compresi nonno Pasquale Rubiano da Potenza, catapultato in un paese tanto diverso dal suo e messosi subito a fare il muratore, il mestiere della sua famiglia di origine, e nonna Rachele Vitacca Porcellini, di Calvello, che lo raggiunge sette anni più tardi col primo dei loro figli, Giovanni, cui seguiranno gli altri quattro: Filomena, José, Luis e Victorio. Pare che nonna Rachele non volesse proprio lasciare la sua famiglia e la sua terra, ma quelli sono anni di sacrifici, e lei, come tanti altri, subirà la condizione di migrante, peraltro morendo assai giovane, nel 1914.
E’ lei a parlare spesso ai figli delle sue origini e a tramandare le tradizioni, come quella della pasta fatta in casa. Un gesto che serviva a sentirsi un po’ in Basilicata : “la domenica era una festa indimenticabile, cui partecipavano spesso i parenti emigrati e gli amici discendenti di italiani”, ricorda oggi la sorella maggiore di Jorge, Isabel. E’ lei che più di tutti, assieme alle figlie, alimenta oggi il legame con la Basilicata e i parenti di Rachele ancora a Calvello. “Si facevano le tagliatelle, gli gnocchi, i ravioli”. Papà José (“un discendente degno dei figli di Basilicata, un uomo sensibile, lavoratore, amante dell’arte, della musica e un buon cittadino”, scrive Isabel) impastava, insegnava ai figli qualche parola in italiano e raccontava aneddoti. Per il resto, al di fuori delle feste domenicali, José, così chiamato in onore del nonno Giuseppe, parlerà italiano solo con i genitori; a casa con moglie e figli da subito la lingua adottata è il guaranì. La consapevolezza delle radici, afferma oggi Jorge, la deve forse ancor di più a sua madre Rufina, paraguaiana, che raccontava spesso della vita dura degli inizi che i Rubiani avevano condotto nel piccolo e remoto villaggio di San Estanislao di Kostka, lontano da tutti i centri maggiori del Paraguay
Jorge, il più piccolo, conserverà quei ricordi insieme a un’idea vaga della Basilicata come di una terra poverissima e lontana. Ricordi che gli saranno venuti in mente mentre il paesaggio lucano scorreva
dinnanzi ai suoi occhi dal finestrino dell’auto che l’ha portato per la prima volta qui: “Conoscere tanti parenti, vedere questi luoghi. Non posso smettere di immaginare che i nonni vengono da queste terre, è qui che sono nati e hanno trascorso tanti anni. E’ come rivivere qualcosa che non ho mai vissuto”, confessa poco prima di leggere il suo discorso. Presenti alla premiazione i parenti arrivati da Calvello, che da qualche anno ospitano la sorella e le nipoti di Jorge. Le figlie di Isabel, infatti, giunte in Italia con un elenco telefonico alla mano e poche notizie, hanno con ostinazione cercato i legami familiari, seguendo il filo di un cognome e un puntino sulla carta geografica. Come tanti giovani discendenti dei primi emigrati dalla penisola che - notava Rubiani in un’intervista alla rivista “Mondo Basilicata” di qualche anno fa, in un reportage dedicato alla comunità dei lucani proprio in Paraguay - nutrono più dei loro padri una volontà di ritorno alle origini. Sono desiderosi di ritrovare un senso di appartenenza all’Italia, di riaffermare un legame con essa attraverso la storia dei loro nonni, sono curiosi della cultura italiana e vivono con fierezza la loro condizione di discendenti di italiani. Per loro è segno di grande distinzione portare un cognome italiano. Perchè la parola Italia ancora fa illuminare di ammirazione gli occhi dell’interlocutore. Un sentimento che accomuna tanti figli e nipoti di emigrati, per i quali la nostra patria continua a essere motivo di orgoglio. (R. S.)
Fonti
“Gli Italiani nel Paraguay”, Jorge Rubiani, ed. Università di Perugia
“Jorge Rubiani, esperto di storia del Sud America”, Michele Brucoli, in “Mondo Basilicata”, rivista del Consiglio regionale
http://consiglio.basilicata.it/consiglioinforma/files/docs/16/57/84/DOCUMENT_FILE_165784.pdf
http://www.abc.com.py/edicion-impresa/artes-espectaculos/jorge-rubiani-fue-distinguido-como-lucano-insigne-1310207.html