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(RegioneInforma) LA RISCOPERTA DELLA CANAPA INDIANA PER USO TERAPEUTICO
11 aprile 2003
(ACR) - Il comune lucano di Moliterno ha approvato una mozione a favore dell'uso terapeutico della marijuana. In Basilicata, dopo l'approvazione, a maggio del 2002, di un documento analogo da parte del Consiglio regionale, hanno fatto altrettanto i comuni di Melfi, Latronico e Tramutola. Con la mozione si chiede al Governo di introdurre una legislazione che regoli l'uso medico della canapa indiana e dei suoi derivati e di destinare ulteriori risorse economiche per la ricerca scientifica, finalizzata a garantire la qualità della vita in soggetti aventi patologie estremamente invalidanti. A livello nazionale l'"Associazione per la Cannabis Terapeutica" ha elaborato il testo di una proposta di legge contenente norme per agevolare l'utilizzo a fini terapeutici di farmaci contenenti derivati naturali e sintetici della pianta "Cannabis indica" che, sottoposta all'attenzione di deputati di diversa estrazione politica, ha raccolto molte adesioni. Nel campo degli usi terapeutici dei derivati della Cannabis, si è concentrata l'attenzione della comunità scientifica internazionale che ha già portato diversi Paesi - tra i quali gli Stati Uniti, il Canada, la Gran Bretagna, la Germania, l'Olanda e Israele - all'inserimento nel prontuario farmaceutico di cannabinoidi sintetici liberamente prescrivibili per il trattamento di diverse patologie. La bozza di legge, sottoscritta da parlamentari dei Comunisti Italiani, Democratici di Sinistra, Rifondazione Comunista, Forza Italia, Margherita, e Verdi, mira a colmare il ritardo del nostro Paese sulla materia e si compone di 7 articoli in cui si prevede: l'istituzione di un "comitato di saggi" che si occupi di raccogliere le evidenze in materia; l'individuazione di enti e aziende autorizzate alla coltivazione di Cannabis per scopo terapeutico; la semplificazione della prescrivibilità dei cannabinoidi naturali e di sintesi; la non punibilità, sulla base del principio dello "stato di necessità medica", di quanti si autoprocurano derivati della Cannabis per scopo terapeutico; l'introduzione nel mercato farmaceutico italiano dei cannabinoidi di sintesi già in commercio negli altri Paesi dell'Unione Europea. L'uso della cannabis è documentato per la prima volta in un testo di medicina cinese risalente al 2737 avanti Cristo e successivamente anche in molti testi di medicina ayurvedica indiana. Nel corso del XIX secolo la medicina occidentale la adottò ufficialmente come farmaco per la sua efficacia antiemetica, analgesica e anticonvulsiva e preparati a base di cannabis si trovavano sugli scaffali della gran parte delle farmacie, in Europa come negli USA. Fu, probabilmente, la diffusione dell'uso, a scopo ricreativo, tra la gente di colore, messicani, musicisti jazz , assieme allo spostarsi degli interessi dell'industria farmaceutica verso i derivati dell'oppio come anticonvulsivi e antidolorifici, nonché verso sostanze sintetiche quali aspirina e barbiturici, che scatenò un'ossessiva campagna di stampa contro la cannabis che portò alla progressiva messa al bando dell'uso, sino alla cancellazione, nel 1942, dalla U.S. Pharmacopeia. Oggi si registra una inversione di tendenza a seguito di studi clinici approfonditi. I cannabinoidi sono risultati più efficaci delle terapie tradizionali per combattere disturbi legati alla chemioterapia ed a seguito di tali indiscutibili evidenze il "nabilone" è stato ufficialmente registrato per tale uso in Gran Bretagna. Un altro promettente campo di impiego si è rivelato il trattamento sintomatico dei disturbi correlati all'AIDS mentre grande attenzione viene dedicata negli ultimi tempi alle proprietà neuroprotettive dei cannabinoidi. Un recente studio, cui ha collaborato anche l'italiano Grimaldi, ha dimostrato che essi sono dei potenti agenti antiossidanti, vale a dire che sono in grado di neutralizzare le sostanze ossidanti nocive che si sviluppano, a livello cerebrale, in corso di trauma cranico o ictus. La sua efficacia terapeutica è inoltre testimoniata da numerosi malati di sclerosi multipla, Morbo di Parkinson, da pazienti con patologie del midollo spinale i quali concordano nel riferire, dopo l'assunzione di derivati della cannabis, una riduzione dei sintomi correlati alla spasticità. Ad oggi però queste testimonianze sono state confermate in studi clinici di piccole dimensioni non sufficienti, quindi, a dare il necessario supporto scientifico che deriva dai "grandi numeri". Recentemente il governo londinese ha però concesso l'autorizzazione per condurre una sperimentazione su un campione di 2000 pazienti. Studi clinici controllati di significative dimensioni mancano anche per supportare ricerche effettuate su animali ed esperienze di malati di epilessia che confermerebbero le proprietà anticonvulsivanti dei derivati della cannabis mentre è noto da tempo il fatto che la cannabis è un efficace broncodilatatore ma il suo potenziale utilizzo terapeutico nei soggetti asmatici è stato sinora limitato dalla mancanza di una via di somministrazione adeguata. Infine, ricerche in corso presso la University of Nottingham potrebbero fornire interessanti informazioni sui potenziali effetti antipertensivi degli endocannabinoidi mentre un ulteriore potenziale campo di utilizzo potrebbe essere quello della terapia dei tumori, come hanno dimostrato studi sulla proliferazione del tumore della mammella, opera di un gruppo di ricercatori italiani (anche se si tratta ancora di dati ottenuti "in vitro"). Insomma, la proliferazione ed i buoni risultati ottenuti dalle ricerche e dagli studi che si stanno conducendo in questo campo, rendono concreta la speranza che questo millennio possa produrre una inversione di rotta nel campo, estremamente promettente, dell'utilizzo terapeutico dei derivati della cannabis superando i pregiudizi che spesso nascono dall'ignoranza. (M.T.N.