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POTENZA, LA LUCANIA E I SUOI DIALETTI
04 giugno 2003
(ACR) - L'identità lucana dal punto di vista dialettologo al centro di un incontro organizzato dall'associazione culturale "Dante Alighieri" di Potenza. Nell'aula magna dell'Università degli Studi della Basilicata si sono dati appuntamento docenti universitari, esperti, ed amanti della disciplina. Il tema è stato introdotto dalla professoressa Franca Laurita Laraia, presidente dell'associazione, ed approfondito dai relatori la professoressa Rita Librandi, preside della facoltà di lettere e filosofia, e dal professore Nicola De Blasi, ordinario di Lingua italiana alla "Federico II" di Napoli. Partendo dall'argomento principe relativo alla valorizzazione dello statuto storico, morfologico e propriamente linguistico dei dialetti, intesi come forme di linguaggio a tutti gli effetti, si è dato particolare rilievo alle nuove prospettive di ricerca prodotte con gli studi attuali nel campo glottodidattico volte a mantenere viva la memoria dei dialetti locali regionali. In particolare, la professoressa Librandi ha messo l'accento sulla vitalità e la potenzialità comunicativa rivestita dai dialetti della Basilicata che, in controtendenza con la realtà dialettologa nazionale, risulta essere una regione particolarmente incline a conservare e preservare il proprio sostrato dialettale. I dialetti regionali e quello potentino nello specifico, infatti, sembrano opporre resistenza al gioco forza dell'innovazione culturale tipica dei "nuovi"linguaggi e dell'italiano comune, superando anche i fattori di rischio imposti dai centri cittadini di media grandezza in cui si avverte maggiormente la progressiva scomparsa delle forme dialettali. Ciò, ha chiarito la Librandi, è sintomo di marcata conservazione propria dell'area potentina e della sua popolazione che ricorre all'uso del dialetto per esprimere emozioni ed affetti. Nicola De Blasi, con il suo intervento più specialistico e mirato sul dialetto potentino, si è avvalso di un testo di recente pubblicazione "Il glossario"a cura di Vincenzo Perretti, per riformulare e ristabilire i giusti equilibri del rapporto del dialetto con l'italiano, rapporti di reciproca contaminazione, rispetto e attrazione che devono favorire la fruibilità del dialetto e della sua straordinaria varietà. Gli studi più recenti hanno fatto emergere una situazione "locale", aggettivazione da leggere in termini di approfondimento e non di riduzione, di grande spessore che rigetta e confuta la definizione impropriamente attribuita alla Basilicata come regione "cenerentola" dei dialetti. Inoltre, egli ha parlato della compresenza e delle contaminazioni all'interno delle varie aree dialettali della Regione che, per sua distintiva collocazione diatopica, è presto divenuta un crogiuolo ricettivo di molte parlate dialettali delle altre regioni confinanti. Questa motivazione, ragion per cui non si può parlare della Basilicata come area isolata, chiusa ed arroccata linguisticamente e culturalmente, è supportata anche dal punto di vista storico. Il professore ha, di fatti, ricordato la presenza ed il contatto, ancor prima dell'unità d'Italia, di coloni settentrionali con le popolazioni lucane ed, altresì, la grande centralità storica assunta dall'area del Vulture all'epoca degli Angioini e dei Normanno-Svevi. In conclusione, l'incontro ha voluto tracciare le linee di una nuova valutazione sullo studio "locale" dei dialetti della Basilicata in una dimensione non solo diacronica ma anche sincronica, ovvero storico-sociale. (L.L.)