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IL TEATRO COME STRUMENTO DI RECUPERO E DI INSERIMENTO LAVORATIVO
31 luglio 2003
“Carmine Crocco, storia di un brigante del sud” una ballata popolare messa in scena ad Albano e nella foresta Grancia
(ACR) - Il nome della compagnia e' "Stabile Assai" e i componenti sono detenuti e detenute reclusi nel carcere romano di Rebibbia. Il lavoro che mettono in scena e'uno spettacolo a forma di ballata teatrale che racconta le vicenda di Carmine Crocco, il famigerato e noto brigante che, con la sua banda, imperversava nelle contrade del Vulture nel secolo scorso. Scritto e diretto dal regista Riccardo Vannuccini, anche autore dei testi, con le musiche originali di Antonio Turco, lo spettacolo si e' realizzato grazie, soprattutto, alla grande partecipazione e passione dei protagonisti, quaranta persone, fra attori e musici, tutti "briganti e brigantesse" davvero. Rappresentato a Roma ( Valle Giulia e Castel S. Angelo), a Benevento, all'Università di Sassari, a Lagopesole, nella vera terra dei briganti, la ballata popolare e' approdata prima ad Albano e poi nella giusta cornice del Parco della Grancia, l'habitat naturale del "teatro dei briganti". La costruzione di questo lavoro e' stata lenta, dichiara Antonio Turco, responsabile dell'area educativa di Rebibbia, che assieme ad Anna Bartoli e al già citato Vannuccini, lavorano con ARTESTUDIO in carcere, realizzando spettacoli con i detenuti fin dal 1994, con Eschilo e Shakespeare. Un inizio lento, quindi e che prende le mosse dalla ricerca del primo carcere italiano dopo l'unità d'Italia. "Scoprimmo – ci racconta Antonio Turco – che a Melfi, alla fine del 1860, una vecchia caserma si era trasformata in un "reclusorio" il primo vero carcere gestito, su base nazionale, dal personale incaricato dal Regno Sabaudo. I "briganti" di Michele Caruso, luogotenente di Crocco e, poi, "pentito" alle dipendenze del generale Pallavicini, furono i primi ospiti". Da questa scoperta, dallo studio dei documenti e dell'opera autobiografica di Carmine Crocco nasce lo spettacolo che non poteva non annoverare tra i protagonisti le donne dei briganti, "le brigantesse". Nella realtà storica e nella realtà della pièce teatrale sul brigantaggio, c'erano anche loro, le brigantesse che sono state evocate dalle donne detenute nel carcere femminile di Roma. "Un numero esiguo – sostiene Eugenia Fiorillo, educatrice della Casa Circondariale femminile di Roma – di donne ha partecipato allo spettacolo, a conferma che le donne sono state fuori dalla Storia, fuori dall'Arte, dalla politica e sono fuori …anche dalle galere" Ci riferisce della grande emozione provata da queste donne che hanno conosciuto, solo, l'Italia dei penitenziari e che, forse, per la prima volta dormono in una stanza di albergo e ci dice ancora "Chiedetevi se l'emozione che scaturisce da una esperienza positiva può, da sola, cambiare il corso personale dell'esistenza" Forse non basta solo il teatro, ci vogliono altri ed opportuni interventi, prosegue la Fiorillo, che poi conclude: "Quante e quali esperienze positive servono per cambiare?" (L.T.)