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LOTTA AI TUMORI, LA PREVENZIONE SALVA LA VITA
09 dicembre 2003
(ACR) - "Prevenire è vivere". Non è uno dei tanti slogan pubblicitari coniati in occasione delle numerose campagne a favore della salute del cittadino. Prevenire è rispetto per la vita, è salvaguardia della salute, è il dovere di eliminare le cause che provocano l'insorgere di una malattia. I concetti di prevenzione e di diagnosi precoce sono entrati a far parte delle abitudini di vita di molte persone e oggi si registra un numero minore di vittime di patologie letali, tuttavia occorre perseverare in questa direzione, mettendo in atto interventi capillari di sensibilizzazione ed educazione sanitaria, soprattutto verso quelle fasce di cittadini ancora renitenti all'idea della prevenzione. Ciò vale tanto più per il cancro, malattia terribile dalla quale oggi si può guarire, ma solo in caso di diagnosi precoce. La Basilicata si è avviata lungo il percorso della prevenzione e della lotta al cancro realizzando un programma di screening dei tumori femminili che ha interessato circa centossessantamila donne lucane e, proprio in considerazione dei risultati di questo primo monitoraggio, sta per partire (unico in Italia per l'attendibilità statistica del campione medio di popolazione preso in considerazione) un altro programma di screening operativo del cancro colon-rettale, la seconda neoplasia più comune nei paesi occidentali, dopo il carcinoma del polmone nell'uomo e il carcinoma mammario nella donna. Il programma, promosso dall'Associazione Italiana Gastroenterologi Ospedalieri (AIGO), dalla Forza Operativa Nazionale per il cancro del colon-retto (FONCRE) e dalla Società Italiana di Colon- Proctologia, è finanziato dalla Regione Basilicata – Dipartimento Sicurezza e Solidarietà Sociale per un importo di circa due milioni e mezzo di euro. Gli obiettivi dello screening, calibrato su un target di popolazione ritenuta "a rischio" esclusivamente in base al "fattore età", sono quelli di: ridurre l'indice di mortalità che accompagna alcuni tipi di tumore; effettuare una diagnosi precoce per poter intervenire tempestivamente se la malattia è presente; diminuire i tempi di attesa per gli esami diagnostici, anche allo scopo di ridurre il fenomeno della migrazione sanitaria verso altri ospedali. La decisione di avviare un programma operativo riguardante il cancro colon-rettale scaturisce dall'aumento dell'incidenza di questa patologia nelle varie regioni d'Italia: si è passati da 30 a 53 nuovi casi per anno per 100.000 abitanti; il rapporto maschio/femmina è più alto per il carcinoma del retto rispetto al carcinoma del colon; esistono fattori di rischio rappresentati dall'età, dalla familiarità, da alcune condizioni ereditarie, da una dieta fortemente ricca di grassi e molto povera di fibre, dall'abuso di alcolici e da una vita sedentaria. Attualmente 2 malati su 5 portatori di cancro colo-rettale muoiono entro 5 anni dalla diagnosi, mentre con opportuni interventi di diagnosi precoce si potrebbe ottenere un miglioramento della sopravvivenza. Il cancro del colon-retto può essere quindi definito come "malattia sociale" con caratteristiche tali da rendere giustificato un programma di screening. Coordinatore regionale dello screening è il Dott. Angelo Sigillito che sarà coadiuvato dal dirigente dell'Ufficio Pianificazione Sanitaria del Dipartimento Sicurezza e Solidarietà Sociale dott. Giuseppe Montagano, dal consulente dello stesso Dipartimento Dott. Rocco Maglietta, dal responsabile regionale dei medici di medicina generale dott. Carmine Scavone. "Negli ultimi anni si sono accumulate esperienze che dimostrano che il numero delle persone colpite dal cancro del colon-retto può essere ridotto – ha affermato il coordinatore dott. Sigillito - utilizzando varie strategie: la prevenzione primaria; la prevenzione secondaria; la diagnosi tempestiva; la sorveglianza dei soggetti a rischio elevato; l'informazione della popolazione. La prevenzione primaria si realizza introducendo consigli dietetici e incitando ad adottare uno stile di vita equilibrato;la prevenzione secondaria consiste nell'individuazione e rimozione delle lesioni pre-cancerose del colon-retto; la diagnosi precoce consente di intervenire tempestivamente; la sorveglianza dei soggetti a rischio elevato si effettua con controlli periodici; l'informazione della popolazione si attua attraverso campagne di sensibilizzazione sulla gravità della malattia. Da tutto ciò si evince l'importanza di appropriati screening per ridurre l'incidenza del cancro colon-rettale". Nell'organizzazione di questo nuovo monitoraggio c'è una novità rilevante rispetto al precedente screening regionale: il coinvolgimento dei medici di base che costituiranno il giusto trait-d'union tra il cittadino e la struttura ospedaliera. "Si tratta di una scelta dettata dall'esigenza di rendere molto più incisiva l'opera di sensibilizzazione verso la prevenzione – ha precisato il dott. Sigillito – attraverso una figura importante, il medico di base, in grado di realizzare una più diretta opera di informazione sui rischi della malattia e di accompagnare il cittadino nella conoscenza più precisa delle modalità di alcuni esami diagnostici che sono ritenuti a volte "invasivi" per quanto riguarda questo tipo di tumore, ma che invece, per l'accortezza e le modalità con cui vengono eseguiti, sono meno fastidiosi di quanto si possa pensare". La popolazione "bersaglio" da controllare nell'arco dei due anni di durata del progetto è di 136.042 cittadini di cui 65.615 maschi e 70.427 femmine, nella fascia di età compresa tra i 50 e i 70 anni. Lo screening si articola su due livelli: il primo livello riguarda la ricerca di sangue occulto nelle feci, segnale di una probabile presenza della patologia; il secondo livello consiste nell'esame endoscopico oppure, ove non fosse possibile completarlo, nel clisma opaco a doppio contrasto. Questa la procedura: tramite lettera redatta a cura del responsabile regionale dello screening, i cittadini vengono invitati a presentarsi presso il proprio medico curante che nel frattempo, attraverso adeguati incontri di formazione, sarà stato reso partecipe della missione affidatagli. Il medico si preoccupa di consegnare il Kit per il test e le istruzioni per la sua corretta esecuzione. Contestualmente egli compila una scheda informatica, opportunamente preparata tipo cartella anamnestica sulla quale saranno annotati i dati clinici riguardanti la concomitanza di altre patologie, ma soprattutto altri fattori di rischio per il cancro colon-rettale. Ai pazienti che dovessero presentare fattori di rischio aumentati (popolazione definita ad alto rischio) sarà proposto di sottoporsi direttamente ad esame endoscopico del grosso intestino. Questa popolazione a rischio elevato, i cui estremi saranno comunicati dal medico curante alla centrale operativa, sarà sottoposta al programma clinico-strumentale di sorveglianza. I cittadini che avranno ricevuto il Kit per la ricerca del sangue occulto si impegneranno a riconsegnare il campione allo stesso medico curante. Questi, in caso di negatività rinvierà ad un nuovo esame per l'anno successivo; in caso di positività rinvierà al secondo livello dello screening già programmato presso uno dei Centri di Endoscopia degli ospedali di riferimento. Per il secondo livello saranno a disposizione i servizi di Anatomia Patologica dell'Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza, dell'Ospedale di Matera e del Centro di Riferimento Oncologico di Rionero per la lettura degli esami istologici delle biopsie e/o polipectomie endoscopiche effettuate. Ai cittadini che dovessero risultare affetti da carcinoma verrà tempestivamente comunicato dal Responsabile regionale del programma di screening o dai Responsabili di Ospedali il percorso terapeutico completo, ivi inclusa chirurgia, chemioterapia e/o radioterapia. Il target primario, individuato dai responsabili del progetto quali destinatari delle attività di comunicazione e informazione, è costituito principalmente dai Medici di base, ma saranno svolte campagne di pubblicizzazione rivolte ai cittadini utenti delle ASL residenti in Basilicata. Un progetto importante, dunque, un progetto a favore della vita, un progetto che dimostra la sensibilità della Regione verso la salvaguardia della salute del cittadino, uno sforzo ulteriore per consolidare e rafforzare l'abitudine alla prevenzione, per far comprendere che non bisogna sottovalutare i rischi a cui tutti siamo esposti. Prevenire il cancro è fondamentale per ciascuno di noi. Prevenire vuol dire a volte fermarsi in tempo, un passo prima di entrare nel tunnel oscuro di questa grave malattia. Prevenire vuol dire cambiare percorso, evitare un sentiero, quello della malattia, lungo e pieno di prove da affrontare: la solitudine, la paura, l'angoscia, il dolore. (C.S.)