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IL CULTO DELL'ACQUA NELLA LUCANIA ANTICA

11 dicembre 2003

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(ACR) - In mostra oggetti provenienti dai principali templi della regione ubicati in prossimità di fonti Nelle sale del museo provinciale di Potenza sono in esposizione fino al 30 marzo prossimo reperti archeologici legati all'acqua considerata, fin dall'antichità, un elemento sacro in grado di purificare e guarire. I reperti, alcuni dei quali provengono da recentissime campagne di scavo effettuate in Basilicata, sono stati ritrovati in santuari indigeni dedicati a divinità femminili e che sorgevano in prossimità di sorgenti e di fonti. La mostra intitolata "Le sacre acque. Sorgenti e luoghi del rito nella Basilicata antica" è organizzata dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata in collaborazione con la Provincia di Potenza. La rassegna si apre con il tempietto in marmo di Garaguso che, assieme all'effige della dea seduta in trono, rappresenta l'unico esemplare di tempietto votivo rinvenuto sinora sia nel mondo greco che nel mondo indigeno. Proprio dal sito di Garaguso provengono numerosi oggetti scoperti nelle diverse fasi delle campagne di scavo. I due depositi votivi più noti "Altieri" e "Autera" (dai nomi dei proprietari del terreno) hanno restituito bottoni, anelli, fibule, terracotte figurate, protomi, oggetti in bronzo. Sempre in provincia di Matera, sull'altopiano di Timmari, sorgeva un santuario, databile al VI secolo a.C., dedicato con molta probabilità a divinità eleusinie. La scoperta di condutture idriche, la presenza di una sorgente e il ritrovamento in situ di vasetti miniaturistici confermerebbero l'esistenza di un culto locale delle acque. Nelle bacheche dedicate al sito di Timmari sono in mostra statuette di offerenti, protomi, busti fittili, metalli preziosi, frammenti di vasi dipinti, ex-voto. Dai santuari indigeni di San Chirico Nuovo, Armento e Chiaromonte (IV-II sec, a.C.), anch'essi ubicati vicino a delle sorgenti, provengono materiali votivi legati alla presenza di culti femminili: statuette di offerenti che recano fiaccole o portano in dono coppe votive, melograni, volatili, "tanagrine" (figure panneggiate sedute in trono), testine femminili con diverse acconciature e oggetti di ceramica per le libagioni. Ad Armento si attesta la presenza di un culto legato ad Eracle di cui restano alcune parti (clava e pelle di leone con la faretra) di una statua bronzea. Dagli antichi greci l'eroe è, infatti, considerato scopritore di fontane e di sorgenti. In Basilicata il culto femminile per eccellenza è quello di Rossano di Vaglio dedicato a Mefitis, dea osca dalle valenze salutifere. Il santuario situato in prossimità di una sorgente, ancora oggi attiva, comincia a svilupparsi intorno al IV sec. a.C. per poi raggiungere forme monumentali e scenografiche intorno al II sec. a.C.. A questa fase appartengono iscrizioni latine dedicate a censori, questori e consoli che confermano l'importanza politica oltre che religiosa rivestita da Rossano nell'ambito del processo di romanizzazione della Lucania interna. All'interno del "temenos" sono stati recuperati ex voto, statue femminili in marmo, gioielli in oro, armi in ferro. Simbolo della mostra è una lamina in bronzo con decorazione a sbalzo che raffigura la dea Anfitrite, ninfa delle acque, a cavallo di un delfino. (A.D.S.)

Redazione Consiglio Informa

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