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DEMOCRAZIA POST-PARLAMENTARE E RUOLO DEL CONSIGLIO REGIONALE
02 febbraio 2004
(ACR) - Nel dibattito sulle riforme istituzionali in atto, sviluppatosi soprattutto con riferimento al tema dei nuovi statuti regionali, è emersa, prepotente, la constatazione della crisi nella quale versano gli organi assembleari. In proposito occorre fare l'amara considerazione che tale situazione investe anche il Parlamento, incredibilmente scavalcato nelle sue funzioni in più occasioni, l'ultima è stata quella della individuazione del sito di Scanzano Jonico quale deposito di scorie nucleari, avvenuta con decreto legge senza che ne ricorressero i presupposti. Il problema, dunque, non è solo dei consigli regionali ed è per questo che, nel ricercarne le cause al fine di individuare alcune possibili soluzioni, occorre procedere ad un'analisi che tenga conto anche di quanto avviene a livello sovraregionale. Scopo del presente lavoro è semplicemente quello di fornire un contributo alla luce di quelle che sono le recenti acquisizioni della dottrina, del quadro normativo e delle prassi in materia. Esso si limita a riportare, in una visione d'insieme ed in maniera organica, quelli che sono i contenuti ed i suggerimenti delle analisi più significative al riguardo, da più parti sostenute in convegni, seminari e corsi di studio in tutta Italia. Lo stesso Presidente del Consiglio Regionale di Basilicata, dott. Vito De Filippo, nel suo discorso di ringraziamento all'Aula all'atto della sua elezione, nel richiamare la necessità di "saper affermare correttamente l'importanza e l'insostituibilità del ruolo delle Assemblee elettive, dei ricchi legami che esse sanno creare con la società" ha posto in evidenza il fatto che oggi si parla di "frustrazione dei Consigli Regionali", dovuta a quegli orientamenti giuspubblicistici poco attenti, nel dibattito in corso, ai grandi temi quali la scelta della forma di governo ed il rapporto esecutivo – consiglio, "che registra uno squilibrio tra due organi (Consiglio e Presidenza Giunta)". Infatti, dalla lettura della riforma del Titolo Quinto della Costituzione, dall'approfondimento degli interventi sui temi conseguenti e sugli emanandi nuovi statuti regionali si evince un spostamento dell'asse decisionale in favore del Presidente delle Giunta Regionale, non a caso ribattezzato "Governatore", a tutto danno delle prerogative del Consiglio Regionale. Senza voler approfondire, dal momento che sul punto si è già ampiamente dibattuto, si citano le principali innovazioni introdotte che hanno determinato tale situazione: · l'elezione diretta del Presidente; · la circostanza che il programma di governo è solo presentato al Consiglio ma non approvato dallo stesso; · la regola del "simul stabunt, simul cadent", secondo la quale in caso venga meno il Presidente, anche per mozione di sfiducia, si determina lo scioglimento dell'assemblea consiliare, che ovviamente condiziona pesantemente le scelte dei consiglieri regionali; · l'attribuzione al Consiglio soprattutto della funzione legislativa, con l'eliminazione di quella amministrativa in tema di piani e programmi e la riduzione di quella regolamentare (quest'ultimo punto è ancora in predicato, si veda in proposito quanto affermato dalla Corte Costituzionale con le sentenze n.313 del 13.10.2003, n.324 del 15.10.2003 e n. 2 del 13.01.2004 e salva diversa disposizione degli statuti). Lo spostamento dell'asse decisionale è un dato, e tutti sono concordi, da collegare ai cambiamenti intervenuti nella società e nel mondo. La globalizzazione, la complessità ed il continuo susseguirsi dei fenomeni che esigono rapidità di decisione (che mal si concilia con i tempi delle procedure assembleari) e la necessità di acquisire conoscenze tecniche che solo gli apparati degli esecutivi sono in grado di reperire hanno fatto sì che questi ultimi escano dalle riforme più rafforzati nelle loro funzioni, conquistandone di nuove. In questo scenario, sui cui contorni ormai la maggior parte degli studiosi concorda, resta da stabilire quale sia il ruolo delle assemblee consiliari regionali. I consigli regionali, allo stato attuale, subiscono le conseguenze di questa tendenza verso un modello che potremmo definire di "democrazia post-parlamentare", nel quale risultano appannati e stentano a trovare la forza per il rilancio. A questo punto, però, è opportuna una precisazione, al fine di sgombrare il campo da possibili equivoci o interpretazioni capziose. Prima di procedere ad analizzare il problema va detto a chiare lettere che esso dipende dal modello istituzionale che si è venuto a creare e non certo dalla classe politica che opera all'interno dei consigli regionali, il cui impegno non è minimamente messo in discussione né è oggetto del presente lavoro. Fatta questa doverosa premessa, va subito osservato che i consigli regionali hanno perduto potere rispetto agli altri attori regionali che sono, oltre al Presidente come detto, anche la Giunta e persino i dirigenti dell'esecutivo ed i vertici degli enti dipendenti e strumentali. Il fenomeno investe tutte le regioni ed è indipendente dal tipo di coalizione al governo. E' un dato incontrovertibile che la maggior parte delle leggi approvate sono disegni di legge, cioè proposte della Giunta. Quest'ultima condiziona spesso anche i tempi per l'esame e l'approvazione delle proposte. Il Consiglio Regionale vede una restrizione della sua sfera di intervento e della sua capacità di proporre soluzioni a causa di molteplici fattori, primo fra tutti la dipendenza dall'esecutivo per le informazioni, troppo spesso in possesso solo di quest'ultimo. In questo il Consiglio sconta una sua lontananza istituzionale dagli apparati gestionali che concretamente "amministrano" le politiche pubbliche. Le modifiche che vengono apportate alle proposte della Giunta sovente sono minime. In questo contesto si rischia di veder sfumare anche il rapporto con gli elettori, i quali sono tentati di prendere diretti contatti con la Giunta. Per comprendere in pieno la perdita di rilevanza è sufficiente leggere il bilancio del consiglio per constatare che ormai le spese per l'ordinaria amministrazione prevalgono su quelle per le strutture direttamente a servizio della funzione istituzionale dell'organo. Ma se delle cause si è già detto resta da stabilire quali sono i rimedi a questa situazione? Innanzitutto, con il nuovo statuto regionale si dovrebbe procedere ad un riequilibrio ed ad una ridefinizione dei poteri del Consiglio, rinnovandone le funzioni ed agendo anche sul sistema elettorale. Nello specifico, inoltre, la prima considerazione da farsi è che non vi è dubbio che se la funzione fondamentale attribuita ai consigli regionali è quella legislativa è proprio su questa che devono appuntarsi i maggiori sforzi perché diventi la leva del rilancio dell'organo. La riforma del Titolo Quinto della Costituzione, ampliando la sfera delle competenze legislative delle regioni, ha aperto nuovi scenari operativi che non solo consentiranno di procedere al riassetto normativo nelle materie trasferite ma anche saranno l'occasione per il riordino della legislazione regionale in vigore, talvolta frammentaria e comunque non organica. La finalità in proposito è quella di dare una maggiore stabilità alle leggi regionali approvate, per consentire agli operatori ed agli interpreti dei sicuri riferimenti nel tempo. E' indubbio che il primo passo in questa direzione si effettua attraverso il miglioramento della qualità della produzione normativa. Tale miglioramento può avvenire perseguendo due obiettivi. Il primo è il recupero, all'interno del Consiglio, della centralità dell'area legislativa (Commissioni, Ufficio Legislativo, Segreteria Consiglio ed Ufficio controllo e valutazione delle politiche regionali). L'altro obiettivo da prendere in considerazione è quello della qualificazione dei collaboratori fiduciari dei Gruppi Consiliari, dei componenti dell'Ufficio di Presidenza, dei Presidenti di Commissione e dei singoli consiglieri, i quali svolgono un ruolo di supporto fondamentale per l'azione politica dei rappresentanti del popolo all'interno dell'istituzione consiliare. Non a caso in Basilicata la Legge Regionale 2 febbraio 1998, n. 8, "Nuova disciplina delle strutture di assistenza agli organi di direzione politica ed ai gruppi consiliari della Regione Basilicata" ne ha esaltato le funzioni di supporto ed assistenza agli organi di direzione politica, garantendone l'autonomia dalle strutture amministrative. I collaboratori fiduciari dei politici, scelti tra persone altamente qualificate (quelli del Congresso americano hanno curriculum formidabili), al loro esordio in Consiglio all'inizio della legislatura, devono essere resi pienamente consapevoli dei meccanismi assembleari al fine di poter svolgere il loro ruolo, che è quello di assistere il consigliere nella sua azione di interprete delle istanze politiche del corpo elettorale. Un esempio di attività nella quale la funzione dei collaboratori si esplica in tutta la sua interezza è quella cosiddetta "ispettiva" (interpellanze, interrogazioni, mozioni). In questa ottica non appare assurda l'idea che siano gli stessi dirigenti e funzionari del Consiglio a fornire a detti collaboratori, nella fase iniziale della legislatura, il supporto formativo necessario all'apprendimento delle tecniche legislative e delle procedure assembleari. E' quello che accade negli Stati Uniti di America, dove i cosiddetti "assistenti dei legislatori" ricevono il supporto formativo dal General Accounting Office del Congresso. Sia il supporto istituzionale che quello fiduciario, nello svolgimento dei compiti assegnati, devono servirsi degli strumenti messi a disposizione dalla tecnica legislativa. Il primo di questi strumenti è la cosiddetta Analisi Tecnico-Normativa (ATN). Per usare le parole della Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 marzo 2000, l'ATN "verifica l'incidenza della normativa proposta sull'ordinamento giuridico vigente, dà conto della sua conformità alla Costituzione e alla disciplina comunitaria, nonché dei profili attinenti al rispetto delle competenze delle regioni e delle autonomie locali e ai precedenti interventi di delegificazione". L'analisi tiene conto della giurisprudenza esistente e di eventuali progetti di legge già in corso di esame. Accanto a questa analisi, che viene definita di "drafting sostanziale" , si attua anche un "drafting formale", che attiene al modo in cui un testo normativo viene scritto. Infatti, nello scrivere una disposizione non si può prescindere dal come la norma verrà interpretata. Più una legge è chiara è più si pongono limiti all'attività discrezionale dell'interprete. Per quanto riguarda le regioni, un apposito gruppo di lavoro nazionale, coordinato dall'Osservatorio legislativo interregionale, su impulso della Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle Province autonome, ha elaborato, sin dal 1991, un documento contenente le "Regole e suggerimenti per la redazione dei testi normativi". L'Osservatorio Legislativo Interregionale ha approvato, nelle sedute del 6.12.2001 e del 7.2.2002 il "manuale di drafting", raccomandandone l'adozione da parte dei Consigli e delle Giunte regionali. Ogni proposta di legge andrebbe accompagnata da una scheda contenente l'ATN. Si veda, ad esempio quella allegata alla citata direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri. L'altro strumento del quale ci si deve servire per la redazione di una proposta normativa è la cosiddetta "Analisi dell'Impatto della Regolamentazione" (AIR). Essa è un insieme di attività che vengono poste in essere nel corso della progettazione di atti di regolazione, normativi e non. E', in buona sostanza, un percorso logico e strutturato di valutazione ex ante teso a verificare l'opportunità di una regolamentazione, cioè a valutarne, in termini di vantaggi e svantaggi, di benefici e costi, gli effetti sulle attività dei cittadini e delle imprese e sull'organizzazione ed il funzionamento delle pubbliche amministrazioni. Attraverso l'AIR vengono acquisite le informazioni necessarie alle politiche pubbliche, consentendo una compiuta istruttoria legislativa. La stessa è, dunque, uno strumento che non mira a giustificare una scelta normativa effettuata a priori ma ha l'obiettivo di consentire, attraverso alcuni passaggi sequenziali, l'individuazione, tra quelle logicamente possibili, dell'opzione più ragionevole. Per fare questo si utilizzano criteri di comparazione, analizzando, verificando e sottoponendo a domande l'opzione preferita, con la disponibilità a rivedere le scelte ed a cambiarle alla luce della evidenza empirica. L'AIR è stata introdotta, sia pure in via sperimentale dall'art. 5 della Legge 1 marzo 1998, n. 56. Le direttive del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 marzo 2000 (citata) e del 21 settembre 2001 ne costituiscono la disciplina di dettaglio. La Presidenza del Consiglio dei ministri ha curato la redazione di una "Guida alla sperimentazione dell'analisi di impatto della regolamentazione", pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 7 marzo 2001, n. 55 – S.O. 46. Per concludere il discorso sulla necessità di ripensare il ruolo dei Consigli regionali si deve affrontare l'ulteriore tema, anch'esso centrale rispetto al dibattito in atto, del rilancio della funzione di controllo. E' diffusa l'opinione secondo la quale i Consigli regionali potranno svolgere un ruolo più forte e definito, all'interno dei nuovi sistemi di governo regionale, attraverso il rinnovamento degli strumenti di cui è dotato per "chiedere conto", ai vari soggetti coinvolti nell'applicazione delle leggi, dell'attuazione delle politiche promosse e dei risultati conseguiti. Infatti, sarà in ragione della loro capacità di dialogare con gli apparati amministrativi, di acquisire le informazioni e di interpretarle che i consigli regionali avranno peso ed influenza nel rapporto dialettico con l'esecutivo. Se si vuole dare corpo alla funzione di controllo delle assemblee occorre dotarle di strutture idonee a sviluppare e soddisfare queste esigenze. Occorre, in sostanza, che ciascun consiglio regionale si attrezzi per ricevere ed elaborare le informazioni complesse per comprendere cosa è davvero avvenuto a seguito dell'approvazione di un determinato provvedimento di legge o di un qualsiasi altro atto di indirizzo politico. Attraverso quest'attività si potrà comprendere se le scelte fatte, le opzioni di cui prima si parlava, si sono dimostrate realmente utili allo scopo per le quali erano state poste in essere o, al contrario, hanno dimostrato malfunzionamenti o inefficienze. Tutto questo, che è definito "valutazione ex post", consentirà di apportare gli eventuali correttivi nella norma o negli apparati amministrativi, se hanno evidenziato disfunzioni o necessità di rivisitazione, giungendo informati al confronto istituzionale con gli organi dell'esecutivo. Su tale fronte il Consiglio Regionale della Basilicata è uno dei pochi che si è già dotato di una struttura ad hoc, l'Ufficio per il controllo e la valutazione delle politiche regionali. (Dott.ssa Vesna Alagia - Avv. Andrea Mercurio)