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IMPEGNO DELL'ALSIA PER IL CONSORZIO DELLE PRODUZIONI LUCANE
01 marzo 2004
(ACR) - Il più famoso era quello che si produceva nel Regno delle Due Sicilie, ma già nel 1350 se ne parlava in un documento fiscale abruzzese in cui veniva trattata la compravendita di una partita di prodotti caseari. E' il caciocavallo podolico, uno dei prodotti per eccellenza della gastronomia lucana. Un alimento dalla lavorazione artigianale, la cui tradizione, ancora oggi, risulta particolarmente misteriosa, così come il suo nome. Per un certo periodo, infatti, si è creduto che fosse realizzato con latte di cavalla e di asina. Poi, che il suo nome derivasse dalle gabelle imposte sui formaggi dalla famiglia dei Borboni e da uno stampo fiscale a forma di cavallo, infine, che le sue forme pendessero a due a due «a cavallo» di un bastone. Oggi, invece, si propende a ritenere che il suo nome derivi dal turco «quasqawal» con cui si indica una tipologia di formaggio molto simile. Indipendentemente dal nome, certo è che il caciocavallo podolico è un formaggio particolarmente prelibato (tanto da rientrare nei presidio alimentari dell'associazione gastronomica Slow Food) che nasce da una lavorazione in cui pazienza ed attenzione si mescolano sapientemente. La forma bianca e rotondeggiante, la pasta morbida, il sapore dolce, il profumo intenso e la stagionatura attenta - che va da un minimo di tre mesi ad un massimo di tre anni - lo hanno trasformato in un alimento dalle notevoli potenzialità. E non solo alimentari. Il caciocavallo podolico, infatti, potrebbe diventare un vero e proprio volano per l'economia della regione. Grazie ad una concreta «strategia d'intervento» messa su dalla Regione Basilicata e dall'Alsia (Agenzia per lo sviluppo e l'innovazione in agricoltura). Due le direttrici su cui si è concretizzata l'iniziativa: da un lato, far venire fuori dall'illegalità la produzione di latte di vacche di razza podolica (antica razza di origine ucraina introdotte in Italia con le invasioni barbariche) con cui si produce il caciocavallo, dall'altro, creare un Consorzio di tutela dello stesso prodotto per valorizzarlo e commercializzarlo. Un'idea articolata, dunque, entrata nel vivo oltre un anno fa quando il Dipartimento regionale all' agricoltura - primo assessorato in Italia - ha introdotto anche per l'allevamento di razza podolica le quote latte (con la destinazione del trenta per cento di tutte le quote all'allevamento di podolica). Intervenendo su una prassi consolidata che faceva sì che la produzione di latte avvenisse in maniera quasi illegale in quanto agli allevatori per le vacche di razza podolica ritenute nutrici veniva dato un premio esclusivamente per la produzione della carne. Da quel primo passo si è arrivati, poi, alla redazione di un regolamento a cui hanno aderito 24 allevatori della regione che ha ufficializzato la rinuncia delle quote per la carne a favore di quelle per il latte. La produzione di latte di vacche di razza podolica - di cui in tutto il Mezzogiorno d'Italia si possono contare oggi 70mila capi dei quali 25mila nella sola Basilicata - è divenuta, quindi, regolare. Con gli allevatori lucani che - dopo tanto tempo - sono stati legittimati a produrlo. Il tutto con buona soddisfazione da parte del Governo regionale, e dell'assessore alla'Agricoltura, Donato Salvatore. Una volta prodotto, comunque, il caciocavallo, come altri elementi tipici, deve essere valorizzato e commercializzato. Di qui, l'idea - ora divenuta realtà - di creare un Consorzio di tutela che potesse mettere insieme le produzioni di caciocavallo podolico della regione, a cominciare da quelle di Abriola e Calvello, dove c'è la maggior parte della lavorazione lucana. Al Consorzio, la cui nascita ufficiale è avvenuta recentemente con la firma delle parti davanti al notaio, hanno aderito 11 allevatori, due comuni e le associazioni Anspo e Anfstoc. «Il nostro obiettivo deve essere quello di valorizzare e tutelare questo prodotto - evidenzia Gerardo Delfino, amministratore unico dell'Alsia, l'agenzia che curerà la parte tecnica del progetto - e per farlo abbiamo deciso di chiamare a raccolta gli allevatori ed i comuni interessati e dare vita ad un Consorzio di tutela. Inoltre, per consentire il maggiore risalto possibile, daremo a questa produzione anche un marchio». Una vera e propria certificazione che per molti rappresenta solo il primo passo per arrivare al marchio di denominazione di origine controllata, considerato il vero traguardo sia per il Consorzio sia per la gente dei piccoli comuni dell'hinterland potentino. Ne sono consapevoli anche i sindaci di Abriola e di Calvello che - da tempo- si battano perché il caciocavallo podolico ottenga tutti i riconoscimenti che merita. «Il problema, però, è che bisogna standardizzarlo - precisa il sindaco di Calvello, Rocco Coronato - poiché, oggi, ci sono qualità diverse di caciocavallo. Fatto questo, comunque, il nostro obiettivo sarà quello di ottenere il marchio Doc». A.I.