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AMBIZIOSO PROGETTO PER IL FUTURO DELLE TERRE DELL'ALTA VAL D'AGRI
16 marzo 2004
(ACR) - Il colore rosso rubino, il gusto fruttato, l'aroma intenso nato da una lunga e laboriosa selezione. Si presenta così quello che è destinato a diventare uno dei simboli più importanti della gastronomia della Val d'Agri. Si presenta con quel suo colore vivace, acuito dal verde scuro delle bottiglie, il secondo vino doc della Basilicata: il rosso «Terre dell'Alta Val d'Agri». Un prodotto di valore che potrebbe diventare uno dei «passaporti» per lo sviluppo economico del Potentino. Di quel lembo di terra che è la Val d'Agri, distesa verde dove lo sguardo incontra le più varie e spettacolari bellezze della natura e già ai tempi di Orazio si celebrava il vino lagarino. D'altra parte, gli imprenditori vinicoli della valle, come viene chiamata quell'area, a questa opportunità ci stavano lavorando da tempo, sfidando difficoltà, problemi, qualche ostruzionismo e soprattutto lunghaggini burocratiche. La loro testardaggine, però, è stata premiata, grazie anche alla collaborazione dei tecnici dell'Alsia (Agenzia per lo sviluppo e l'innovazione in agricoltura) ed all'impegno, in prima persona, dell'assessore regionale all'Agricoltura, Donato Salvatore. Precisamente il 15 settembre dello scorso anno quando sulla Gazzetta Ufficiale numero 214 è stato pubblicato il decreto firmato dal presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi con cui si concedeva il marchio di denominazione di origine controllata. La certificazione, però, è stato solo il primo passo. Perchè - a distanza di cinque mesi - non solo è già stato costituito il Consorzio di tutela del vino coltivato in un triangolo di terreno che va da Viggiano, Grumento Nova e Moliterno; ma sono state tracciate le linee guida per creare un prodotto di altissimo livello. Tre le tipologie di vino che danno vita alla produzione certificata: il rosso, il rosso riserva ed il rosato. Il primo è frutto dell'incontro tra uve di cabernet e merlot, il secondo è ottenuto dall'unione degli stessi uvaggi ma viene invecchiato parzialmente in barrique di legno, il terzo, invece, proviene dall'unione tra merlot, cabernet ed alcuni uvaggi malvasia di Basilicata. Insomma, un bouquet pregiatissimo per un vino dal sapore deciso, vivace, forte ma non di eccessiva gradazione. In grado di competere bene con gli altri rossi italiani. «Il nostro obiettivo è creare un prodotto di qualità e di coinvolgere in questo progetto il maggior numero di viticoltori, in modo da creare anche sviluppo ed occupazione» commenta Giovanni De Blasiis, presidente del Consorzio di tutela che sta lavorando per far rientrare il progetto nei fondi Por. «Per noi questa doc è una grande conquista, anche perché già la vendemmia dello scorso anno rientra nella produzione certificata» gli fa eco l'enologo Francesco Pisani che con il fratello ed il padre è uno dei maggiori produttori dell'area. D'altra parte, a conferma di tutto questo ci sono i numeri. Non quelli delle previsioni, ma quelli concreti già realizzati come le 50mila bottiglie che saranno commercializzate alla fine del 2004 (le prime bottiglie saranno sui mercati italiani a dicembre di quest'anno). Questo, però, è solo l'inizio. I progetti per il futuro del vino «Terre dell'Alta Val d'Agri» sono molto più ambiziosi e la gente di quella zona sembra accorgersene ogni giorno che passa. Tanto che i 10 ettari di vigneti iscritti alla Doc potrebbero quadruplicarsi nel giro di qualche anno. Sono state diverse, infatti, le richieste presentate al Dipartimento Agricoltura della Regione per chiedere l'espianto con diritto di reimpianto degli ettari di vigneti coltivati. Un meccanismo che da un lato permetterà agli agricoltori della zona di levare i vigneti esistenti, per lo più già sfruttati, e di rimpiantarne altri con le varietà adatte alla produzione del vino doc, e dall'altro di recuperare aree e vigneti abbandonati. «Certo, tutto questo ha comportato dei ritardi nella produzione - aggiungono gli imprenditori coinvolti nel progetto - ma il risultato sarà una produzione di qualità, di alto valore». Un vino che potrebbe essere una nuova carta da spendere sui mercati italiani ed internazionali. E proprio a questo è finalizzato un progetto regionale voluto dal Dipartimento agricoltura della Regione e coordinato dall'Alsia con le Università di Basilicata e di Udine che diventerà operativo tra breve. Obiettivo: valorizzare e caratterizzare gli uvaggi di alcune aree della regione tra cui quelle della Val d'Agri. «Intendiamo recuperare i vecchi vitigni autoctoni - commenta Gerardo Delfini, amministratore unico dell'Alsia - il nostro obiettivo finale è far sì che il vino doc "Terre dell'Alta Val d'Agri" venga prodotto non più con varietà nazionali di uva, ma con vitigni autoctoni della zona». Magari come quelli che, secoli fa, diedero vita al vino cantato da Orazio.A.I.