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UN PROGETTO PER RISCOPRIRE LA TORRE DI SATRIANO
28 aprile 2004
(ACR) - Un fazzoletto di terra che, nei secoli, è rimasto sempre un punto di riferimento per la gente. Mura antichissime che - dopo millenni - parlano di magia e mistero. In pochi ettari di terreno tra Tito e Satriano storia e leggenda, enigmi ed interrogativi, si intersecano. E' la vicenda della Torre di Satriano e del mito della dea Mefithis che, in quel sito, veniva venerata. Un luogo suggestivo e ricco di mistero che nel passato ha rappresentato un importantissimo punto di riferimento per le popolazioni indigene e romane. La storia del sito ed i suoi «segreti», ben custoditi in quello scrigno di ruderi e polvere da millenni, infatti, sono stati svelati da una complessa indagine archeologica portata avanti da Soprintendenza ai Beni Archeologici di Basilicata, Università ed Enti locali. Un progetto di scavi che ha permesso di scrivere un pezzo importante della storia dell'area, portando alla luce i rituali, gli aspetti mitologici, le scelte religiose di quello che una volta era un importante punto di riferimento per le popolazioni dell' epoca indigena e romana. Gli scavi effettuati dal 2000 ad oggi, infatti, hanno fatto emergere il ruolo avuto dall'insediamento della Torre di Satriano tra il quarto secolo avanti Cristo ed il primo secolo dopo Cristo. Hanno portato alla luce un santuario dedicato ad una dea, probabilmente Mefithis, e tutto il materiale utilizzato per i vari cerimoniali e per i ringraziamenti per i favori ottenuti dagli dei (come nel caso delle statuette fittili ritrovate durante gli scavi e ritenute oggetto di ringraziamento). Dagli scavi, tra l'altro, gli archeologi sono arrivati ad ipotizzare, in quel sito, la celebrazione di riti con sacrifici di animali, ed in particolare cani (animali che nel mondo antico venivano considerati impuri tanto che il loro sacrificio era destinato a risolvere momenti critici legati ad eventi traumatici come potevano essere i parti). Ma l'importanza del santuario sarebbe emersa anche da dati che dimostrerebbero l'utilizzo del santuario non solo dalle popolazioni indigene ma anche dai Romani che la utilizzavano come luogo di culto dei Lari (divinità in coppia che tutelavano la casa e la compagna). Un elemento, dal punto di vista storico, di notevole importanza. Come conferma l'archeologo Massimo Osanna, direttore della Scuola di specializzazione in archeologia di Matera. «La frequentazione del santuario anche in epoca romana è il dato più importante emerso dagli scavi - precisa l'archeologo - Abbiamo trovato dati che attestano questa frequentazione almeno sino al I secolo dopo Cristo. Successivamente, infatti, l'insediamento di Satriano finisce e dal II secolo avanti Cristo ad assumere importanza è l'insediamento di Potenza». Se il capoluogo diventa punto di riferimento, la vita intorno alla torre di Satriano in ogni caso va avanti. Con una serie di ville produttive che sfruttavano il territorio circostante.E' un momento di stasi. Perché l'area rinasce con l'epoca longobarda quando il sito ritorna agli antichi splendori toccando il massimo dello sviluppo sia con i Normanni sia con gli Svevi. E va avanti sino al Quindicesimo secolo quando, probabilmente per un sisma l'area viene distrutta. L'unica traccia di quel passato glorioso che resta sono i ruderi. Quelle mura di cinta di epoca medievale che ancora oggi dominano la zona. E proprio da loro potrebbero arrivare nuove ed interessanti scoperte. In primavera inoltrata, infatti, partirà una nuova campagna di scavi, frutto sempre della collaborazione tra Soprintendenza, Comunità Montana del Melandro, Università di Basilicata e Scuola di specializzazione in archeologia, finalizzata a portare alla luce tutte le mura di cinta del sito. Nello stesso periodo, poi, anche il Comune di Tito, darà il via ad un progetto di valorizzazione dell'area finalizzato a rendere visitabile il sito. «Abbiamo ottenuto un finanziamento di 371 euro da Regione e Comunità Montana per realizzare un progetto di valorizzazione dell'area - commenta Nicola Fermo, sindaco del paese potentino - l'appalto è concluso ed a breve daremo il via ai lavori che saranno divisi in due lotti. Il primo riguarderà la messa in sicurezza del santuario, con la cartellonistica, la sentieristica e la recinzione del sito archeologico, il secondo, invece, consentirà la messa in sicurezza della torre e la creazione di un percorso per consentire ai turisti di raggiungerla. In ogni caso il nostro obiettivo finale è far sì che la zona possa diventare un sito visitabile. D'altra parte, gli scavi realizzati hanno confermato l'importanza che nel passato aveva la torre». Un valore che una volta ultimati tutti i progetti potrebbe diventare ancora più concreto trasformando lo «scrigno» dei tesori della Madre dei lucani, la dea Mefithis, in un contenitore aperto a tutti. (A.I.)