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(AGR) L'OLIVICOLTURA FAVORISCE IL RILANCIO DI BARILE

13 maggio 2004

© 2013 - olive.jpg

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(ACR) - Non solo vino. Il futuro di Barile non passa esclusivamente per l'Aglianico del Vulture, il vino doc ormai emblema della Basilicata per il suo gusto intenso e particolare. Le prospettive future del comune di radici albanese passano non solo per la viticoltura, ma per l'agricoltura più in generale. O più precisamente per l'olivicoltura. Un settore già importante per l'economia del paese, ma che ora, potrebbe subire un ulteriore ed importante incremento. Grazie ad un programma di «autotutela» sui prodotti tipici che dovrebbe diventare operativo a breve. Un progetto importante, con al centro ulivi ed olio, che nelle intenzioni degli amministratori comunali e dei produttori della zona potrebbe diventare una seria occasione di sviluppo ed occupazione. Il programma che è stato realizzato in collaborazione con l'agenzia Alsia ed un gruppo di imprenditori agricoli della zona, dovrebbe concretizzarsi nella definizione e nella qualificazione di una filiera dell'olio. Con conseguente tracciabilità del prodotto e riconoscimento comunitario della Deco. Un'idea ambiziosa, dunque, che potrebbe rappresentare la svolta definitiva per il comune che, già ora, può vantare l'otto per cento di tutta la produzione di olio extravergine del Vulture. Tra i suoi «gioielli», infatti, Barile annovera centinaia e centinaia di ettari di uliveti. Terreni che grazie ad un microclima adatto, ad un giusto livello di umidità, ed ad un terreno particolarmente vocato risultano di ottima qualità. Soprattutto per la coltivazione dell'ogliarola del Vulture (l'unica varietà di olive che si lavora in tutto il Vulture), l'oliva che dà vita ad un olio extravergine dal gusto intensamente fruttato, tendenzialmente dolce, con un amaro leggero ed un piccante persistente. Un olio di qualità, che sino a qualche tempo fa, gli imprenditori agricoli di Barile producevano e trasformavano ognuno per proprio conto o in piccoli gruppi consorziati. Ora, però, con il progetto di filiera le cose dovrebbero modificarsi radicalmente. Tanto che gli imprenditori dovrebbero mettersi insieme e produrre un unico olio. «L'area di Barile ha avuto sempre un grande interesse per il mondo agricolo, per le produzioni tipiche - commenta il sindaco Giuseppe Mecca - non a caso siamo considerati la città del vino Aglianico. Ora, però, alla produzione vitivinicola, già nota a livello nazionale, abbiamo deciso di affiancare e valorizzare quella dell'olio. D'altra parte, in questo modo pensiamo non solo di aiutare la crescita della zona, ma anche di portare occupazione. Inoltre, è decisamente importante diffondere sui mercati extra-regionali i nostri prodotti tipici e per farlo, il primo passo, è convincere i produttori a mettersi insieme». A lavorare insieme, con obiettivi e prospettive comuni. E proprio in questo senso si sono mossi gli imprenditori agricoli della zona. Una decina di loro, infatti, si sono messi insieme ed hanno dato vita ad un Consorzio di tutela e valorizzazione dell'olio di Barile. «Il nostro paese è una zona particolarmente vocata per le diverse produzioni - commenta Nicola Volonnino, rappresentante del Consorzio di produttori - per questo è importante caratterizzare il territorio anche attraverso i suoi prodotti tipici, puntare ad un discorso enogastronomico Tra queste produzioni vi è quella dell'olio. Una merce di qualità che intendiamo qualificare da un lato e veicolare al di fuori del territorio regionale» . D'altra parte, i numeri per passare dalle idee ai fatti ci sono tutti. A cominciare dai 2800 ettari di terreno coltivati ad uliveti (pari al 10 per cento del territorio del Vulture) per passare ai 2.000.000 di litri di olio prodotti ogni anno, ad un numero di imprenditori del settore che cresce con il passare del tempo. Quello che mancava, sino ad ora, era la certificazione. Il riconoscimento, però, potrebbe arrivare già con la prossima produzione, quella prevista tra ottobre e novembre, anche perché il disciplinare di coltivazione fissato dell'Alsia sarà operativo a breve e porterà ad una serie di indicazioni che vanno dalla coltivazione secondo i metodi dell'agricoltura integrata (con particolari metodi di difesa fito-sanitaria e la necessità nella coltivazione di adeguarsi alle esigenze della pianta), alla spremitura a freddo alla tracciabilità dei singoli elementi. Un passaggio, quest'ultimo che rappresenta una vera e propria «garanzia» in più per i consumatori che, in questo modo, potranno leggere sulle etichette non solo le diverse caratteristiche del prodotto (che saranno riscontrate dalle analisi dei tecnici dell'Università degli Studi di Basilicata), ma anche i vari passaggi della trasformazione. Insomma, un programma articolato ed interessante in attesa di ottenere il riconoscimento comunitario più importante, quello della Deco. (A.I.)

Redazione Consiglio Informa

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