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(ACR) LA VITA QUOTIDIANA IN BASILICATA NELL'ETA' ARCAICA E DELLA COLONIZZAZIONE GRECA
03 giugno 2004
(ACR) - Il terzo capitolo dal titolo: " La dimora umana e la dimora Divina", ci parla della costruzione delle case. Per la costruzione delle loro case, i coloni greci usavano le stesse tecniche della loro madre patria, utilizzando, naturalmente, materiali del luogo. Le case dei primi colonizzatori greci erano abbastanza semplici, avevano la pianta quadrangolare con un cortile circondato per tre lati da colonne. La tecnica muraria era semplice: fondata su una base di pietra si erigevano muri in mattoni crudi ed il tetto originariamente doveva essere in legno e paglia. Nelle abitazioni la pulizia del corpo avveniva con il "podaniptèr ed il lutèrion", rispettivamente un bacino basso sostenuto da un treppiedi utilizzato per lavare piedi e gambe; l'altro un bacile più grande sostenuto da una specie di colonna con base incavata per raccogliere l'acqua che poteva cadere e serviva per lavarsi le mani e il viso. I greci curavano l'igiene in modo particolare, infatti, tutti i bambini imparavano a nuotare nel mare o nei fiumi. In età arcaica, la popolazione era abituata a lavarsi sotto le fontane e, in piena epoca classica, si cominciò a utilizzare la stanza da bagno e, in generale, il bagno caldo. Per quanto riguarda le case e l'arredamento, nelle abitazioni degli strati sociali più agiati sappiamo che le pareti erano imbiancate per lo più a calce, mentre nelle case più umili i mobili erano pochi e privi di valori e le altre erano più o meno arredate riccamente secondo le condizioni economiche della famiglia. La parte più importante dell'arredamento era costituita dalla "kline" il letto di legno che veniva adibito a vari usi, cioè per dormire e per riposare, come divano e per consumare i pasti, non usavano le lenzuola ma vi erano i cuscini. Accanto alla kline, spesso piuttosto alta, tant'è che era necessario uno sgabellino per potervisi distendere, appare un altro letto più basso e anche una cassa per conservare i panni. Le prime abitazioni dei coloni in Basilicata dovevano essere modeste, ma con l'affermarsi di una maggiore agiatezza appaiono anche abitazioni lussuose. Infine, la tavola, detta "trapeza", che serviva per i pasti era leggera e mobile, rettangolare, bassa con tre gambe. Il quarto capitolo riguarda le attività produttive del periodo. Dobbiamo innanzi tutto dire che, leggendo questo libro, scopriamo come la colonizzazione greca verso l'Occidente e, quindi, in Basilicata avvenne per un semplice motivo: la terra. Abbiamo notizie che le colture del territorio erano cereali, come l'orzo, la cui spiga era rappresentata sulle monete di Metaponto. Accanto all'orzo anche l'orticoltura era molto sviluppata e, inoltre, numerosi erano anche gli alberi da frutta, specialmente i fichi di cui i greci erano ghiotti ai quali si affiancavano anche le coltivazioni di castagne, melograni, pere, mandorle, prugne, altre ovviamente la vite e l'ulivo. Insieme alle grandi estensioni di terra, in Basilicata i sia pur modesti coloni possedevano anche un piccolo boschetto per il fabbisogno della legna. Oltre alla Sila, il territorio boscoso della Basilicata era certamente quello interno e questo ci fa supporre un sicuro e certo disboscamento della regione già in epoca remota. Accanto al bosco vi erano anche l'allevamento e la pastorizia come attività produttive, così come era praticata la caccia, in quanto la Basilicata era assai ricca di selvaggina. Il quinto capitolo tratta del "quotidiano, le vesti, il lusso e i divertimenti". In Basilicata, come nel resto della Magna Grecia, l'abbigliamento era assai simile a quello della madre patria e, soprattutto, non era cucito. L'abito femminile infatti, era fatto con un rettangolo di stoffa chiamato peplos largo da 2,5 a 3 metri che circondava il corpo e veniva fermato sulle spalle per mezzo di bottoni. Il peplo era trattenuto in vita da una cintura e aveva un ampio mantello, chiamato himàtion, costituito da un pezzo di stoffa rettangolare che poteva appoggiarsi alle spalle. L'abito maschile era composto dal "chiton"e dall' "himation" costituito da un tessuto leggero con due rettangoli di stoffa che si fermava alle spalle, e spesso anche il "chiton poderes", che arrivava fino ai piedi ed era indossato in ispecial modo dai musicisti e dai poeti. Per quanto riguarda le nozze erano celebrate sempre con un cerimoniale complesso. Si iniziava a raccogliere doni per la dea Kore, seguiva il taglio dei capelli e la profumazione del corpo, venivano fatti sacrifici agli dei sia prima che dopo le nozze da parte della sposa o da entrambi gli sposi. Dopo il quinto secolo vennero istituite delle scuole dove si insegnava a leggere e scrivere, a conteggiare e a fare musica. A Metaponto e a Crotone fu istituita una specie di Università dove venivano insegnate filosofia e matematica.Tra le attività economiche di cui si ha notizia vi era la produzione cerealicola, l'allevamento di cinghiale e maiali, vi era la lavorazione di latte e lana derivante da pecore mucche. Trovato, infatti, uno scrematoio, oggetto utile per lavorare il latte. Per la produzione della lana venivano utilizzati i "pesi da telaio". In generale, si sa che i coloni consumavano pasti poco abbondanti. Il cibo era semplice ed era costituito da pane, latte, fagioli, olive, uova, fichi, mele, castagne, fave, lenticchie, formaggio e pesci; oltre all'acqua bevevano latte e vino solitamente allungato con l'acqua. Non trascurata la musica, molti gli strumenti utilizzati, vada, tra gli altri l'arpa e il flauto, e molti erano coloro i quali si dedicavano a questa nobile arte. Particolarmente apprezzate le opere drammatiche greche. Le rappresentazioni avvenivano nei teatri presenti in Basilicata, dove si praticava anche l'arte dello sport già molto diffusa in Grecia. Il capitolo sesto tratta dell'artigianato. L'artigianato era molto sviluppato: la lavorazione della lana, l'estrazione da una conchiglia della porpora, il colorante principale degli abiti, ma le attività artigianali che raggiunsero un livello notevole furono certamente quelle concernenti la produzione della ceramica e quella metallurgica, anche perché la produzione della ceramica in Basilicata era incoraggiata dalla facile reperibilità della materia prima. Notevole sviluppo conobbe, soprattutto, la ceramica figurata nella seconda metà del quinto secolo. La tecnica, a figure nere, era la forma decorativa più diffusa fra gli inizi e la metà del quinto secolo a.c.. Poco dopo il 500 a.C. prese il sopravvento la tecnica a figure rosse. Si fabbricavano recipienti di ogni tipo e dimensione, dai più lussuosi destinati ad abbellire le case ai più semplici adatti a conservare i prodotti della terra e, inoltre, con l'argilla si realizzavano coppe per bere, pentole, lampade e urne funerarie. Gli esemplari più preziosi erano prodotti ad Atene ed erano venduti come vasellame di lusso; nacquero e si svilupparono forme nuove, come le anfore, le bottiglie. Prodotte anche statue di tutte le dimensioni che venivano vendute nei vari mercati. (A.C.) 3-continua