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(RegioneInforma) AUMENTANO LE AZIENDE AGRICOLE NEL MATERANO
15 luglio 2004
(ACR) - La Basilicata risulta ancora essere una regione a vocazione agricola. Se è vero che il settore, in numeri assoluti, è in calo, è anche vero che l'agricoltura resta una componente ancora molto importante per l'economia regionale. Negli ultimi anni l'agricoltura lucana è stata in grado di determinare veri e propri picchi nel prodotto interno lordo della Basilicata : il comparto concorre, infatti, per circa il 7% alla formazione del Pil. Più del doppio rispetto alle cifre nazionali. Ciò nonostante, i problemi non mancano. A cominciare dalla fuga dai campi degli addetti al settore, alla conseguente riduzione della superficie agricola utilizzata (Sau), così come confermato dall'elaborazione Eurispes sui dati dell'ultimo censimento Istat realizzato nel 2000: su un totale di 81.922 aziende censite, si è verificata una diminuzione di 1.433 unità (-1,7%) rispetto al 1990, con una distribuzione sul territorio pari al 3,2%. La distribuzione delle aziende e delle relative superfici agricole utilizzate mostra come nel settore agricolo la Sau ricopra una parte esigua della superficie totale aziendale. Non a caso, sempre secondo il censimento Istat, dei 719.000 ettari di superficie totale delle aziende lucane, 135.000 sono coperti da colture boschive, 46.000 non sono utilizzati per la produzione agricola perché improduttivi o per scelta. I restanti 538.000 ettari sono, invece, destinati alla coltivazione agricola. Il dato che più di tutti preoccupa è la flessione, registrata tra il 1990 e il 2000, della superficie agricola utilizzata, con una variazione percentuale pari a -16,6%, circa 64.000 ettari in meno. Diversi anche gli andamenti tra le due province. Ad un aumento del numero delle aziende nel Materano, corrispondente ad un incremento percentuale pari a 6,2% -circa 1.600 unità - ha corrisposto un decremento di circa 3.000 aziende in provincia di Potenza, (-5,3%). Nonostante questi dati non del tutto allettanti, le associazioni di categoria non sembrano allarmarsi, ma considerano questo come un normale fenomeno «fisiologico» del settore primario che non appartiene alla sola Lucania e che, tra l'altro, risulta comune al resto d'Europa. La diminuzione di addetti e della superficie coltivata è il frutto di una selezione del comparto, all'interno del quale trovano sempre meno spazio quelle aziende che non riescono ad adeguarsi, dal punto di vista tecnologico e produttivo, alle esigenze del mercato. Pertanto, non risulta essere un dato negativo in assoluto. L'emorragia di forza lavoro e la chiusura di imprese è il prezzo da pagare all'innalzamento della qualità dei prodotti. È vero che la diminuzione delle aziende c'è stata, ma il numero non corrisponde alla realtà produttiva lucana. L'Istat considera azienda agricola anche un privato cittadino che coltiva il proprio orticello. Di qui le oltre 81mila aziende censite. La verità è che in Basilicata ci sono non più di 24mila aziende agricole, molte delle quali sono alle prese con un processo di ampliamento. L'unico vero dato inopinabile è che il settore rappresenta una realtà economica per la Basilicata. Tra le regioni Obiettivo 1, la Basilicata ha investito più di tutte nell'ambiente (25,3%) e nei servizi (9,3%), mentre nella formazione risulta essere terza, dopo la Sicilia e la Sardegna, con l' 1,3%. Questo è quanto risulta dall'elaborazione Inea sui dati relativi alla ripartizione delle risorse Feoga, nell'ambito del periodo di programmazione 2000-2006. Certamente la formazione nel settore agricolo risulta cosa ardua da realizzare, se non altro a causa dell'esiguità delle risorse a disposizione. Le risorse Feoga destinate alla formazione in Basilicata, nel periodo di programmazione 2000-20006, corrispondono a 4milioni di euro. Punti di forza dell'agricoltura lucana, del resto in sintonia con la tendenza nazionale, sono il graduale incremento, tra i conduttori delle aziende, di giovani ad alto tasso di scolarizzazione - i laureati sono 2.141, i diplomati 11.553 – e il progressivo incamminarsi verso la qualità, fatta di innovazione tecnologica, rispetto della tradizione, agricoltura biologica o integrata. Non vi è dubbio infatti che anche l'agricoltura, sia pure con lentezza e gradualità, venga interessata da processi di ricambio professionale a favore di categorie più qualificate. Ciò nonostante, indagini condotte dall'Istat sul livello di istruzione per settore di attività dimostrano come, sebbene si riscontri un generale aumento di scolarizzazione della popolazione lucana, il settore agricolo sia ancora caratterizzato da un forte deficit in questo ambito, soprattutto se posto al confronto con altri settori economici. Le nuove sfide del mercato impongono comunque l'esigenza di una riqualificazione professionale, con la definizione di un ruolo di imprenditore agricolo, ma anche di addetto, che derivi da uno specifico percorso formativo, finalizzato sia alla qualificazione sia all'aggiornamento, che permetta di governare i processi di cambiamento e di introdurre innovazioni dal punto di vista della produzione, delle strategie di mercato e dell'organizzazione del lavoro, senza mai perdere di vista l'integrazione con l'ambiente rurale e con le tipicità del territorio. (K.S.)