venerdì, 22 nov 2024 19:06
(RegioneInforma) LE LETTURE DEL MONASTERO DI CARBONE
20 luglio 2004
(ACR) - Dalla Vita di San Nilo di Rossano, una delle figure più importanti del monachesimo italo greco, vissuto all'incirca tra il 910 e il 1004, si ricava un'immagine della giornata in un monastero dell'Italia meridionale: essa non era scandita dai pasti e dalle ore del riposo (si dice, infatti, che San Nilo mangiava ogni due o tre giorni astenendosi dal vino e da cibi cotti per domare la carne e praticava veglie e genuflessioni), ma dalle seguenti attività: dall'alba fino alla terza ora San Nilo copiava testi sacri; dalla terza alla sesta ora stava davanti ad un'immagine del crocifisso recitando salmi; dalla sesta alla nona ora restava seduto a leggere gli scritti dei Santi Padri e dei Dottori della chiesa. Il libro era, dunque, parte fondamentale della vita di un monaco greco; esso rappresentava, infatti, uno dei mezzi per prendersi cura della propria anima e per il colloquio interiore con Dio; erano indispensabili la solitudine e la pace contemplativa per intraprendere quell'ascesa spirituale che consiste nella progressiva conversione del cuore attraverso l'allontanamento dalle cose esteriori. Benché proprio ai primi monaci greci giunti in Lucania nel X secolo vada attribuito il merito di aver trasformato foreste e lande in territorio coltivabile, tuttavia i lavori manuali restavano ai margini dell'attività dei monasteri. Le principali attività dei monaci bizantini sono, invece, testimoniate proprio nei corredi librari dei monasteri comprendenti (come si desume dalla giornata di San Nilo) da un lato, opere liturgiche, dall'altro, opere per la formazione spirituale e culturale dei monaci, essi dovevano, infatti, acquisire un bagaglio intellettuale per penetrare i testi sacri e per trasmettere determinati contenuti di dottrina e di edificazione morale. I contenuti dei nove volumi appartenuti al monastero di S. Elia di Carbone e conservati oggi nella Biblioteca Apostolica Vaticana, in tal senso, sono esemplari: per la liturgia si può segnalare il Vat. gr. 2005 che contiene un eucologio, cioè il libro liturgico della chiesa greca corrispondente al Rituale, al Pontificale e al Sacramentale della chiesa latina riuniti in uno. Per la formazione culturale dei monaci erano fondamentali i testi dei grandi padri della chiesa; nella stessa vita di San Nilo viene fornito un elenco degli autori più letti: Giovanni Crisostomo, Gregorio di Nazianzo, Basilio di Cesarea. Tra i codici conservati del nostro monastero il Vat. gr. 1982 conserva le omelie di Basilio di Cesarea e nei fogli 181- 189 un elogio funebre, il testo della Dormitio Mariae; il Vat. gr 2022, della seconda metà del X sec., contiene le Pandette di Antioco monaco di Palestina del sec. VII, l'opera costituisce un manuale di morale cristiana in cui sono sintetizzati in centotrenta omelie gli insegnamenti principali del Nuovo e del Vecchio Testamento e degli antichi padri della chiesa; il Vat. gr. 2026 tramanda, invece, una miscellanea di scritti patristici. Il Vat. gr. 2024, poi, contiene le opere ascetiche di San Basilio; proprio il contenuto di questo manoscritto dimostra i legami del monastero di Carbone con gli altri ambienti culturali coevi dell'Italia meridionale; è stato, infatti, dimostrato che esiste una recensione italica degli Ascetica di San Basilio e che tale recensione italica fu elaborata a Rossano ed è oggi testimoniata in codici sicuramente scritti Rossano (come il Vat. gr. 2050, il Vat. gr. 2011 ecc.) e, poi, appunto in questo manoscritto conservato a Carbone. Infine, il Vat. gr. 1963, del secolo XI, contiene un'omelia pseudo - crisostomica sul Vangelo dell'annunciazione. In questo stesso codice sono conservati anche due testi agiografici; proprio l'agiografia, infatti, doveva essere un'altra delle letture predilette nei monasteri. Grande importanza per il genere agiografico ha il Vat. gr 2072, del secolo XI, che contiene le Vite di SS. Saba e Macario, dovute ad Oreste patriarca di Gerusalemme, testo ricco di notizie sul monachesimo bizantino in Italia meridionale. Nell'incendio della Biblioteca Universitaria di Torino nel Gennaio del 1904, abbiamo perduto il codice che conteneva il typikon del monastero di Carbone. Nella chiesa greca non esisteva una regola unica che tutti i monasteri appartenenti ad un determinato ordine dovevano rispettare, come ad esempio in Occidente la regola benedettina, per questo motivo venivano scritti i typika, cioè delle costituzioni elaborate per i monaci di ogni singolo monastero dal monaco fondatore atte a disciplinare la vita monastica. Per l'Italia meridionale sono conservati alcuni typika (di epoca non anteriore al secolo XI) che offrono un'idea delle regole dei monasteri: povertà di vestiario e di cibo, castità, assenza di proprietà, inscindibile legame del monaco con il suo convento, obbedienza all'igumeno che è il responsabile della morale e della disciplina, a lui spettano anche la manutenzione delle lampade che devono brillare giorno e notte davanti alle reliquie e alle icone sante ed ogni lavoro finalizzato alla crescita della biblioteca del suo monastero. I typika erano redatti su ispirazione di quelli dei monasteri più grandi e famosi (adattandosi alla situazione locale), oltre che sulla base dei precetti che si trovavano nelle opere di Teodoro Studita, l'igumeno del celebre cenobio di Studion a Costantinopoli, e di Basilio di Cesarea. Non abbiamo più il typikon del monastero di Carbone, ma tra i sui libri possiamo ancora sfogliare il Vat. gr. 2024 che conserva, tra l'altro, anche le Regole di San Basilio, cioè raccolte di istruzioni sulla vita religiosa in forma di risposte a quesiti, disposte senza un ordine logico e dimostrate con passi del Nuovo Testamento. Il Vat. gr. 2029, scritto nel 1090 da Luca monaco e prete a S. Elia di Carbone, conserva, invece, la Piccola Catechesi di Teodoro Studita. Nei manoscritti provenienti da Carbone conservati in altre biblioteche si trovano contenuti non dissimili: un Tetravangelo è trasmesso in un codice della Biblioteca Ambrosiana di Milano (Ambr. gr. B 93 sup.); la maggior parte dei codici dell'Abbazia di Grottaferrata conserva, poi, importanti Menei, libri liturgici del rito greco in dodici o sei volumi contenenti in ogni volume l'Ufficio completo dei santi del mese ed anche una breve narrazione delle vite dei santi. Dalla formazione culturale dei monaci italo-greci non erano esclusi gli autori profani, nel monastero di S. Elia essi erano, però, poco rappresentati; non ci è pervenuto nessun codice profano ma dai due antichi cataloghi del monastero si deduce che erano presenti un liber unus legis, una grammatica ed un vocabolario greco e ciò è in perfetta consonanza con la produzione libraria greca di contenuto profano nell'Italia meridionale tra i secoli IX e XI che consiste in molto materiale grammaticale, trattati di retorica, raccolte scoliastiche e lessici. Tutti i manoscritti di cui si è parlato finora furono certamente letti e conservati nei secoli a Carbone, non esiste, invece, alcuna certezza che tutti questi siano stati vergati nel monastero di S. Elia, anche se è certo che il monastero ebbe un suo scriptorium. I codici più antichi, cioè quelli del X secolo sono stati probabilmente importati dalle aree limitrofe; non abbiamo, infatti, notizie della presenza di uno scriptorium subito dopo la fondazione del monastero, che si colloca alla fine, appunto, del X secolo ad opera di un santo e miracoloso Luca, soprannominato Karbuni, di cui si dice che prese l'abito da San Saba di Collegano e che secondo alcuni, sarebbe da identificare con Luca di Armento monaco siculo discepolo di San Saba. Costui dedicò il monastero a Theotokos e al santo martire cristiano Anastasio; solo successivamente il monastero venne denominato dei SS. Elia ed Anastasio (la dedica al profeta Elia appare per la prima volta in un atto datato nel Marzo del 1121). Dopo una fase di grandi tensioni, il monastero ebbe tra la fine del sec. XI e il XII sec. il periodo di maggior splendore. La rinascita coincise con una fase di grande potenza economica, territoriale e religiosa: alla fine del XI secolo, infatti, la famiglia dei Chiaromonte, originaria di una località francese di nome Clermont e che deteneva grandi feudi nella Basilicata meridionale, tramite donazioni (testimoniate in alcuni documenti ancora oggi conservati) fece dell'abbazia una concorrente delle fondazioni benedettine e nella metà del XII secolo il monastero carbonense fu posto a capo della confederazione dei monasteri greci della Lucania e della Calabria settentrionale, assumendo così la fisionomia di archimandritato. Il crollo della sua potenza cominciò in epoca angioina, cioè in una fase di generale decadenza del monachesimo bizantino in tutta l'Italia meridionale ma, in seguito, nonostante le usurpazioni dei possedimenti terrieri da parte dei signori locali, il monastero preservò il suo patrimonio culturale; nel 1809 fu soppresso definitivamente dal governo napoleonico. Il periodo di grande splendore, in epoca normanna, trova, comunque, conferme anche sul piano della produzione libraria: è, infatti, in questo periodo che si può parlare certamente di uno scriptorium, d'altronde in tutta l'Italia meridionale l'età normanna produsse una crescita culturale di quella grecità che era, invece, paradossalmente sconfitta sul piano storico – politico, come si desume dai numerosi scriptoria attivi in tutto il meridione (tra i tanti per la Calabria quello di S. Maria del Patir a Rossano, per la Sicilia S. Salvatore di Messina) ai quali sono riconducibili circa seicento manoscritti greci conservati, vergati tra la fine del secolo XI e il XII sec. Oggi se si vuole pensare ad un' "Italia bizantina" viene forse, istintivamente, in mente Ravenna, eppure in questa città dopo la caduta dell'esarcato nel 751 si ebbe la definitiva scomparsa dell'elemento greco-orientale che continuò, invece, a vivere nel meridione. Il monastero di S. Elia ha contribuito a tenere in vita una tradizione di cultura greca: La gloria di San Basilio il grande già da tempo celebrata dalla bocca di tutte le genti, esaltasi principalmente in Italia sede di pietà e maestra di verità . . . quivi distrutti i monumenti dei Pitagorici e degli antichi filosofi, risplendé la disciplina di San Basilio. (R.C.)