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(RegioneInforma) SILENZIO E FUOCO DI VITO VIGLIOGLIA

07 settembre 2004

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(ACR) - È stata presentata a Rionero in Vulture, nell'ambito del Progetto Letterario che l'assessorato alla Cultura del Comune di Rionero sta portando avanti, la prima pubblicazione del giovane poeta rionerese, Vito Viglioglia, che porta il titolo "Del silenzio e del fuoco". Studente di filosofia a Napoli e leader del gruppo napoletano dei "Babele", Vito Viglioglia si mostra spirito eclettico avvezzo alla pittura, alla musica, alla letteratura e all'arte in genere, la delicata sensibilità di questo giovane autore lo porta ad essere interprete fedele di sentimenti veri e spontanei, genuino esegeta di sé stesso, del suo tempo e della sua generazione. Del resto, l'ingenuità che contraddistingue il vero poeta e che diventa conditio sine qua non necessaria alla poesia, fa del giovane autore lucano un giovane incline al sentire poetico. Poiché, se è vero che «tutti possono scrivere poesie», come ritiene Antonello Tolve, critico d'arte dell'Università di Salerno, è vero pure che «non tutti possono essere poeti». Occorre un estro particolare in grado di produrre "bellezza, fatta di parole non di colori, edifici, pietre o suoni". Che poi si tratti di parole di vita o di morte, di allegria o di tristezza, di gioia o di dolore, di amore o di odio, di speranza o di disillusione, poco importa. Ciò che conta è che siano parole in grado di produrre "un godimento per l'animo". E il "godimento" Vito Viglioglia sembra produrlo con i suoi versi, fedeli "portavoce" della sua essenza, del suo territorio interiore in cui sembra prendere riparo, costretto dalle nefandezze della vita. Per quanto riguarda l'interesse del poeta rionerese per la musica, la cosa sembra in qualche modo rinverdire l'antico legame da sempre esistente tra musica e poesia. D'altro canto, come disse anche Eugenio Montale sulla comune parentela tra poesia e musica in occasione del conferimento del Premio Nobel nel 1975, «probabilmente la poesia è nata dalla necessità di aggiungere un suono vocale al ritmo martellante delle musiche primitive». E non è anche vero che la poesia si compone, oltre che di pensiero e di emozioni, anche di musicalità? Se, come sostiene Parini, poeta del XVIII secolo, «la poesia non è necessaria come il pane, né utile come l'asino», serve anche dire che nel nostro tempo, nella società materialistica che ci costringe come un involucro, in cui tutto sembra rispondere alla sterile logica dettata dal "dio denaro", la poesia si pone semplicemente come necessità di emanciparsi da uno stato di solitudine interiore. Potrebbe semplicemente rispondere all'esigenza di comunicare, o solamente di comunicarsi un'emozione, uno stato d'animo, un niente. Ed è quindi in questo contesto che la poesia assume un ruolo centrale e fondamentale, lì dove nasce semplicemente come necessità, non solo di evadere, ma anche di rimanere, senza tuttavia riferirsi ad alcun oggetto raffigurato come tale, ma all'insegna della pura spiritualità. Probabilmente è in questa ottica che si pone anche la poesia del giovane Viglioglia, ossia quella di porre l'individuo in condizione di riappropriarsi della propria dimensione spirituale, spesso dimenticata, pur senza tralasciare i legami con il mondo fatto di materia, anzi, oserei dire, rendendolo prepotentemente presente nelle sue sfaccettature. Vale la pena citare per intero la composizione di Viglioglia "Visione". Questo il testo completo : Oltre l'abisso/ verrà la luce/ a cui tendo.// Sarà senza sbalzi/ di vuoto/ e nulla supremo.// Vestirà d'acciaio/ la propria carne/ su un altare di sangue caldo/ e lucido.// Sarà di grazia/ come una donna amata d'estate.// Avrà colori del grano/ e profumi dell'aria azzurra.// Coprirà d'eterno sentire/ il mio/ corpo. E nel tentativo di comunicare il suo "minuscolo lampo di genio", l'artista manipola a suo piacimento l'uso convenzionale delle parole. Processo attendibile solo quando si parla di "Poesia onesta". Per dirla con le parole di Umberto Saba, "la Poesia onesta è quella che non dice una sola parola che non corrisponda perfettamente alla sua visione". In ogni poesia onesta alberga qualcosa di intimo e di spirituale, un ché di indefinito che sfugge alla razionalità dello stesso autore. Ed è proprio questo "quid" che fa di un testo formalmente poetico una poesia. (K.S.)

Redazione Consiglio Informa

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