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(RegioneInforma) LA MUSICA BIZANTINA E I CODICI DI CARBONE
13 settembre 2004
(ACR) - Fonti storiche raccontano che San Nilo da giovane ebbe una grande passione per il canto, fu protopsáltes (primo cantore): era ammirato per la soavità della sua voce che risuonava quando cantava le divine salmodie nella Cattedrale di Rossano. È noto, in effetti, il vastissimo spazio occupato nella vita monastica dalla melurgia che ebbe grande sviluppo proprio grazie ai monaci: essi trascrivevano non solo i testi, ma anche il loro corredo di neumi, segni grafici della notazione musicale medioevale simboleggianti una certa flessione della linea melodica o un certo modo di esecuzione. In alcuni manoscritti si possono notare correzioni o varianti riferite al canto, ciò fa pensare che i calligrafi erano buoni conoscitori dell'innografia e della melurgia, in quanto capaci di correggere non solo il testo, ma anche gli incisi musicali. I testi corredati dall'opportuna notazione neumatica erano quelli necessari per il regolare svolgimento di ogni ufficiatura e che, per questo, ogni cenobio, doveva possedere; tra questi si possono annoverare il Meneo, una raccolta, in ordine cronologico, dei vari idiomeli e prosomii per la celebrazione delle varie festività dell'anno (detto anche Sticherario) e il Trinodio, un libro che contiene le tre odi che costituivano il "Canone" nel periodo della quaresima e gli idiomeli e i prosomii della quaresima. Proprio questi due tipi di testi sono oggi tramandati in codici con notazioni musicali appartenuti alla biblioteca del monastero di S. Elia di Carbone; questi sono conservati, per lo più, nella Biblioteca dell'Abbazia di Grottaferrata. Nella maggior parte dei casi si tratta di idiomeli, termine che indica delle composizioni ritmiche poetiche-musicali in onore della festività, che generalmente sviluppano un concetto del mistero e della vita del santo che celebrano. Il nome (idiomelo) è dovuto alla forma, infatti idio – melo significa canto proprio, cioè poesia con metro, ritmo e melodia propria, individuale. Diversi i prosomii, cioè poesia con metro, ritmo e melodia eguali a un tipo prefissato, che sono composizioni in onore del santo del giorno. L'attuale presenza della maggior parte dei Menei del monastero di Carbone a Grottaferrata è dovuta probabilmente ad un originario progetto di Menniti: secondo alcuni egli aveva predisposto che i codici letterari di Carbone andassero al Collegio Romano S. Basilio, mentre quelli liturgici fossero portati a Grottaferrata. Tra i manoscritti con notazione musicale si contano cinque menei e due codici contenenti il trinodio; la loro appartenenza alla biblioteca del monastero di S. Elia è provata dalla presenza dalla firma "Io Marcello" su almeno uno dei fogli di ciascuno di questi codici: D. a. XIII idiomeli dal 3 Ottobre al 12 Novembre; D. a. XIV idiomeli del mese di Dicembre; D. a. XV idiomeli del mese di Gennaio con i nomi degli autori; D. a. XVI idiomeli del mese di Febbraio con i nomi degli autori; D. a. XVII idiomeli del mese di Marzo e Aprile e vari idiomeli della quaresima; D. b. X, copiato nel 1138, frammento di Trinodion con idiomeli dal martedì al Sabato della settimana santa; D. b. V Triodion, il volume è stato scritto dallo stesso copista del D. b. X. È stato, poi, dimostrato che alcune parti di due manoscritti oggi conservati nella biblioteca Vallicelliana (Vallicelliani E 55 nei fogli 17- 97 e ff. 99-127 e R 32 ff. 2-7 e ff. 11-12) sono da collegare ai codici Cryptenses D. a. XIII – XVII, assieme a questi facevano, infatti, parte di un unico grande Meneo (opera di un unico copista del secolo XI) che conteneva gli uffici da Ottobre ad Aprile (nei codici oggi a Grottaferrata) e frammenti di Maggio e Luglio (nei manoscritti della biblioteca Vallicelliana); il Meneo era, appunto, interamente corredato da notazioni musicali. Certamente questi fecero parte della dotazione dei libri liturgici del monastero carbonense, meno certa è però la loro origine: sono stati vergati da una stessa mano del secolo XI che, secondo alcuni studi, è da ricondurre all'area tarantina o al Salento. Tali codici sono importantissimi dal punto di vista testuale perché riportano alcuni inni nelle redazioni più antiche o che raramente si ritrovano in altri manoscritti; tramandano, insomma, un repertorio di poesia liturgica abbastanza singolare per l'ampiezza e la qualità del testo. Essi sono, poi, di grande valore per la comprensione di alcuni aspetti della musica bizantina. Alla grafia del testo, abbastanza calligrafica ed arrotondata, si associano nell'interlinea lineette oblique parallele ed altri elementi di forma tondeggiante che servivano, appunto, per scandire il ritmo. Nella musica bizantina, infatti, non esiste alcun tipo di pentagramma o rigo, ma alcuni segni, posti secondo determinate regole, danno i vari intervalli di seconda, terza, quarta ecc. La semiografia musicale bizantina non è quella classica, ma proviene dagli antichi segni prosodici e per la notazione neumatica si distinguono tre tappe; si parla, infatti, di notazione paleo- bizantina per i secoli XI – XII; notazione medio- bizantina per i secoli XIII- XIV e bizantina tarda per secoli XIV – XIX. In tutti i codici appartenuti al monastero di S. Elia e conservati oggi a Grottaferrata si trova la notazione paleobizantina a volte con forme spiccatamente arcaiche; all'interno della notazione paleobizantina si distinguono due tipi: quella Coislin, così chiamata perché attestata nel manoscritto Parigino Coislin 220 e quella Chartres. I codici di Carbone forniscono l'unica prova esistente che anche per gli Sticheraia era adoperata la notazione arcaica Coislin, fino allo studio di questi codici, infatti, questo tipo di notazione era attestata soltanto in libri di canto bizantino di altro genere. Solo grazie ai codici di Carbone si è capito che tale notazione neumatica era adoperata anche negli Sticheraria e, poiché in questi la medesima notazione appare dalle sue forme più arcaiche fino a quelle più mature, grazie ad essi è possibile seguire l'evoluzione di tale notazione dai suoi primordi. In tal senso essi offrono un contributo considerevole nella comprensione della musica e del canto che tanta importanza aveva nella chiesa greca: tutti i padri della chiesa attribuivano grande valore all'arte melurgica nel culto liturgico; San Basilio, in particolare, la valutava come potente mezzo divulgativo delle sane dottrine e dei dogmi della chiesa: "Le dottrine apprese attraverso la musica vengono maggiormente fissate nell'anima. Una dottrina appresa a forza non può rimanere scolpita nella mente, quella invece che penetra con la dolcezza e la grazia della melodia resta indelebile" (S. Basilio, Omelia sul Salmo I).(R. C.)