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(RegioneInforma) "UN TRENO, UN' EPOCA: STORIA DELL' "8017"

08 ottobre 2004

© 2013 - treno_4.jpg

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(ACR) - "Un treno, un'epoca: storia dell'8017", autore Mario Restaino, ricostruisce il tragico incidente ferroviario avvenuto a Balvano nella notte tra il 2 e il 3 marzo del 1944. I documenti che Restaino ha potuto consultare non ricostruiscono con precisione l'accaduto, non sono precisi circa il numero delle vittime, circa la dinamica e la possibile causa dell'incidente. Infatti, scrive l'autore, "il lettore non troverà la soluzione del caso in questo libro poiché per arrivare a tale risultato bisognerebbe poter consultare documenti (come le relazioni tecniche) che non sono riuscito a reperire". Nel raccontare questo incidente si accenna alla realtà del periodo per quanto riguarda i viaggi in Lucania. "Potenza", scrive, "poteva essere raggiunta solo per ferrovia, e sulla tratta Metaponto-Sicignano vi era solo una coppia di treni notturni super affollati ed era impossibile trovare qualsiasi posto perché il treno era sempre pieno di contrabbandieri che esercitavano il mercato nero proprio nei nostri paesi". Il treno rimasto coinvolto nel tragico incidente era pienissimo fino all'inverosimile, era preso d'assalto da una gran folla di viaggiatori che attendevano per lungo tempo nelle diverse stazioni, specialmente fra Metaponto e Battipaglia, era un treno bisettimanale Bari-Napoli via Potenza, ed era insufficiente rispetto alle esigenze della numerosa popolazione delle regioni attraversate. "Il treno 8017 era partito da Balvano verso la mezzanotte fra il 2 e il 3 marzo", scrive Restaino, "ogni volta che un treno parte, l'ufficio del capostazione avverte la stazione successiva con un segnale "Partito" e quando il treno arriverà alla stazione successiva, sarà inviato da questa a quella precedente il segnale di "Giunto", ma quella notte Balvano non ricevette mai da Bellamuro il segnale di "Giunto". Non si seppe niente fin verso le cinque del mattino, quando il personale della stazione non fu avvertito da un sopravvissuto: Michele Paolo frenatore dell'ultimo vagone dell'8017". "Questa versione", continua l'autore, " contrasta con quanto mi ha riferito il deviatore Mario Motta". Facile intuire che le notizie circa l'incidente, ancora oggi, sono incerte, imprecise. "Gli elementi certi, continua l'autore, sono che il treno era composto di due locomotive e 47 vagoni, era lungo circa 500 metri, ed era entrato nella galleria "delle armi" quasi tutto tranne gli ultimi due, tre vagoni". Esiste però una ricostruzione diversa, secondo la quale la notizia giunse in paese verso le sei e che, quando le autorità arrivarono alla stazione, la tragedia si era ormai consumata già da diverse ore, e ci si preparava a portare il treno nella stazione di Balvano. Questo perché la galleria "delle armi" era ancora piena di fumo ed era impossibile fare qualsiasi cosa. Sulla causa di morte dei passeggeri nessun dubbio: asfissia provocata dalla cattiva qualità del carbone utilizzata dalle due locomotive trovate "ancora in pressione". Tre furono i superstiti interrogati subito dai carabinieri, Domenico Miele, Carlo Sannino e Antonio Gaudiano. Miele raccontò che si salvò grazie alla sciarpa bianca che aveva al collo, dagli atti ufficiali risulta che Miele si trovava in un carro scoperto a metà del treno, improvvisamente si sentì venir meno finche perdette i sensi a causa del fumo e quando si riebbe si trovava nella casa dell'ex fascio di Balvano. Sannino, invece, si trovava aggrappato al tender della prima macchina, dopo essere svenuto si riebbe e, in preda ad allucinazioni, si avviò verso l'uscita della galleria dalla parte di Bellamuro. Il terzo superstite, Gaudiano, che si trovava nell'ultimo carro scoperto racconta: "ricordo che ad un tratto il treno ritornò indietro poi andò avanti e nuovamente indietro e si arrestò". Dopo circa un'ora non resistendo agli effetti del gas che gli procurarono dolori di testa e perdita di forze scese dal treno e si portò fuori dell'imbocco della galleria dalla parte di Balvano, e buttandosi per terra fu vinto dal sonno. Si svegliò, conclude il rapporto, al rumore del treno che retrocedeva verso Balvano. Non è possibile sapere con precisione il bilancio dell'incidente. Su alcuni documenti si legge 425, su altri 521, la cifra più probabile è quella scolpita su una lapide del cimitero di Balvano: 509. La galleria in questione, detta galleria "delle armi", nella quale il treno si fermò, è la più lunga delle 37 che si attraversano sulla tratta Battipaglia-Potenza: 1966,5 metri. L'autore si pone una domanda: "come fu possibile che due macchine tanto potenti, la locomotiva 476 e la locomotiva 480, locomotive di montagna con una velocità massima di 50 chilometri orari la prima e di 60 chilometri la Seconda, ma con una capacità di trazione molto alta, non riuscirono a superare la galleria "delle armi" la notte fra il 2 e il 3 marzo? Basta da sola a spiegare quella tragedia la scarsa efficacia del carbone?". Oggi è possibile rivederle quelle due macchine in due Musei ferrovieri italiani, a Portici, nel Museo di Pietrarsa è conservata la 480.016. Se si vuole rivedere una 476 bisogna andare al Museo ferroviario di Campo Marzio a Trieste. "Quando il treno fu portato alla stazione di Balvano", racconta un testimone, che partecipò alle operazioni di soccorso, Vincenzo Pacello, "nella stazione di Balvano una parte dell' 8017 fu sistemata sulla linea cosiddetta "piccola velocità"e i cadaveri furono allineati sui marciapiedi della stazione, gli uomini divisi dalle donne, erano 523 o 533 non lo ricordo più". La rimozione dei cadaveri finì nella tarda mattinata e nei giorni successivi si lavorò per scavare le fosse nel cimitero. Le vittime furono seppellite in quattro fosse comuni, furono sepolte 402 persone, 324 uomini e 78 donne, anche se non si riesce a stabilire con esattezza il numero delle vittime della sciagura.. Dai documenti e dai registri del comune di Balvano consultati ne risultano 434, bisogna poi considerare le vittime non identificate, sicuramente i morti furono più di 500. Quando si va a Balvano da una curva la prima cosa che appare è il cimitero, alla sinistra del paese. Tra le Cappelle del Camposanto, quella costruita per le vittime dell'incidente ferroviario spicca sulle altre, su una targa a destra della porta c'è scritto: "In memoria della sciagura ferroviaria accaduta nella notte dal 3 al 4 marzo 1944 sotto la galleria delle armi ove furono presi da gas carbonici e persero la vita 509 persone di cui 408 uomini e 101 donne…..". La Cappella dedicata ai morti dell'8017 è meta di un continuo pellegrinaggio. Infatti, i fiori freschi non mancano mai. E ciò, cinquant'anni dopo la sciagura, è un fatto straordinario, vengono da ogni luogo, specialmente a novembre e a marzo. L'incidente avvenuto a Balvano è il più grande della storia ferroviaria italiana ma, nonostante tutto, non modificò le condizioni nelle quali, in quel periodo, si svolgevano i trasporti ferroviari, soprattutto nella nostra Regione. "Ciò che manca in questo libro", conclude l'autore, "sono le relazioni tecniche delle Ferrovie dello Stato, che ho cercato di avere senza però riuscirci. Tutte le informazioni che ho riportato in questo libro derivano da ricerche effettuate al comune di Balvano, dove vi è un registro dei nomi delle vittime seppellite ed alcune testimonianze, altre ricerche sono state fatte all'Archivio di stato e alla Biblioteca Nazionale". (A.C.)

Redazione Consiglio Informa

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