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(RegioneInforma) SI VALORIZZANO I DIALETTI GALLOITALICI DELLA BASILICATA

18 ottobre 2004

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(ACR) - Esiste una realtà in terra lucana che per molto tempo è stata completamente ignorata dagli stessi abitanti. Si tratta di una realtà che ha a che fare con l'uso della lingua e, per la precisione, con la presenza di un gran numero di dialetti galloitalici in alcuni paesi della Basilicata. Ciò di cui stiamo parlando è stato oltremodo avvalorato dalle ricerche di insigni uomini di studio quali Varvaro, Radtke, Bigalke, Pfister, Maria Teresa Greco, Mons. Mennonna, Orrico, Ferretti e Trapanese. I loro studi hanno ripetutamente individuato una matrice comune che mette in relazione gli idiomi di paesi come Trecchina, Potenza, Picerno, Pignola, Tito, Vaglio di Basilicata, e in misura minore Nemoli, Rivello, Ruoti, Pietragalla, Avigliano, Cancellara e Trivigno, con quelli parlati in paesi del nord Italia, principalmente nella zona dell'entroterra Ligure e del Piemonte padano. Lingue "lontane" eppure "vicine" perché accomunate dalla stessa origine provenzale. Quando nel 1925 Gherard Rohlfs si recò in visita nel Mezzogiorno d'Italia notò subito un'anomalia nei dialetti lucani. Ciò che lo incuriosì particolarmente fu che in un'area così ben definita, come quella del Potentino, i dialetti avevano poco in comune con gli altri dialetti meridionali. Egli si rese subito conto dell'esistenza di affinità con altri idiomi settentrionali, cosa per altro già nota ad altri studiosi che, tuttavia, non osarono mai paragonarli con quelli galloitalici. Lo studioso Rohlfs invece, in occasione della stesura del suo Atlante dei dialetti d'Italia e della Svizzera italiana (AIS), svolse numerosissime indagini nel sud d'Italia. Le sue ricerche non fecero altro che confermare la comune origine di alcuni popoli settentrionali con altri meridionali. La sua tesi fu anche avvalorata dalla ricostruzione storica degli spostamenti di queste popolazioni che, si ritiene, tra il dodicesimo e il quattordicesimo secolo vede la Basilicata come "terra d'approdo" di un gran numero di coloni provenienti dal Monferrato e dall'entroterra ligure. Questi, interagendo con il territorio lucano e i suoi abitanti ne influenzarono usi e costumi. Ovviamente il loro influsso non risparmiò neanche i dialetti locali. Nonostante evidenti affinità, tuttavia ancora oggi non esistono fonti documentabili che attestino con certezza l'origine di questo fenomeno. Ciò che invece si sa per certo è che, proprio di recente è stato siglato dall'Apt di Basilicata e dalle amministrazioni delle comunità galloitaliche di Potenza, Picerno, Pignola e Tito un protocollo d'intesa. L'accordo si pone come obiettivo la valorizzazione e la tutela dei dialetti galloitalici lucani con le loro peculiarità linguistiche e come degni rappresentanti di tutto un patrimonio di tradizioni e cultura. Una massiccia parte del territorio lucano presenta un patrimonio linguistico e culturale che non può essere ignorato. Tutt'altro, necessita di essere valorizzato e preservato il più possibile da tutto ciò che può minacciarne l'esistenza. Ciò non poteva sfuggire all'Apt di Basilicata, né tanto meno alle organizzazioni turistiche e culturali locali. In un periodo storico come il nostro, in cui tutto è soggetto al gran fenomeno della globalizzazione, riscoprire e valorizzare un patrimonio unico come quello culturale diventa il solo modo di riaffermare la propria identità, il solo modo di rivendicare la propria esistenza. Da qui l'importanza di queste ricerche "che si pongono come obiettivo principale quello di portare alla luce un patrimonio dialettale che risulta dal passato, e che continua sempre ad incidere in modo vitale sul presente". Non siamo noi oggi il frutto di quello che eravamo ieri? Ebbene questo filo invisibile, anello di congiunzione tra passato e presente ha da sempre caratterizzato la storia di tutti i popoli. Per dirla con le parole dello studioso Edgar Radtke, docente di Filologia Romanza all'Università di Haidelberg (Germania) : «la percezione della realtà del passato nel presente condiziona il consolidarsi del passato e del presente sotto un'unica forma; questo processo non è un riflesso di un passato trascorso e superato, ma è legato alla vita sociale di oggi.» E l'autorevole commento del Radtke non ribadisce, forse, questo flusso ininterrotto che sembra non spezzarsi mai tra un passato mai troppo lontano e un inafferrabile presente? (K.S.)

Redazione Consiglio Informa

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