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(RegioneInforma) UNO SPECCHIO DELLE RELAZIONI CULTURALI DEL MONASTERO LUCANO
08 novembre 2004
(ACR) - Per avere un'idea delle relazioni culturali che il monastero lucano di Carbone avesse con i più importanti centri scrittori dell'ellenismo italiota può risultare particolarmente illuminate il Vat. gr. 2022. Si tratta di un manoscritto composito, della fine del X secolo, conservato certamente nella biblioteca del monastero di Carbone che presenta allo stato attuale 258 fogli pergamenacei: i fogli da 1 a 205 e poi da 236 a 258 sono vergati intorno al 953/ 954, con una minuscola alquanto rozza ed irregolare, dalla mano di un copista che si firma come "Marco il peccatore". Sul foglio 205 è stata scritta una formula che è molto simile alla formula dossologica trinitaria che si trova in molti manoscritti liturgici che sono stati certamente vergati a Rossano, quali ad esempio i codici Vaticani greci 1992, 2021, 2050; questa analogia rende molto probabile che il Vat. gr. 2022 sia stato vergato a Rossano o che un copista provenite da Rossano abbia operato nel cenobio di Carbone. La città di Rossano, che nella "Vita" di S. Nilo è definita come "grandissima e nota a tutti", fu forse il centro culturale più importante dell'Italia bizantina; vi fu un'intensa attività scrittoria di cui possiamo avere notizie certe a partire dalla seconda metà del X secolo e che rimase fiorente fino alla prima metà del XII secolo. Gli inizi di tale attività scrittoria sono legati alla figura di S. Nilo di Rossano, poi subentrò Bartolomeo di Simeri che agli inizi del XII secolo fondò il monastero di S. Maria Odigitria, detto del Patir. In questo stesso monastero creò un centro scrittorio mirante a soddisfare i bisogni connessi alla vita monastica; esso fu una delle scuole calligrafiche più importanti dell'Italia bizantina. I codici vergati a Rossano tra la fine del X secolo e l'inizio del XII presentano uno stilema grafico omogeneo anche se vario ed articolato: dalla minuscola così detta niliana del X secolo, si passa poi, attraverso gli influssi di stilemi grafici provenienti da Costantinopoli, alla nascita del vero e proprio stile rossanese, calligrafizzazione adoperata tra la fine del secolo XI e l'inizio del XII secolo. Già la prima di queste due stilizzazioni, la cosiddetta minuscola niliana, è rintracciabile in un codice appartenuto al monastero di S. Elia: il Vat. gr. 1982 della seconda metà del X secolo. Questo libro contiene le omelie di S. Basilio ed è stato vergato, nella seconda parte, proprio dalla mano di S. Nilo di Rossano; è di dimensioni ridotte con 224 fogli in pergamena di pessima qualità e nel primo di questi, sul margine destro, si trova la firma di Marcello. L'impaginazione è fitta con i margini superiori e inferiori molti stretti; la scrittura è alquanto tozza e soffocata, ora più inclinata, ora più diritta sul rigo nel tentativo forse di rispettare una maggiore calligraficità, mentre i tratti delle lettere sono, sempre, piuttosto spessi. L'ornamentazione è severa, cioè effettuata con lo stesso inchiostro del testo. Tale codice è, secondo Cappelli, l'unica testimonianza dell'attività calligrafica del Santo durante la sua permanenza nel Mercurion e dimostra, assieme al Vat. gr. 2022, la stretta relazione tra Carbone e Rossano: tra i due centri vi era circolazione di libri e, forse, di monaci copisti. Tale rapporto raggiunse l'apice tra la fine del secolo XI e l'inizio del XII secolo: grazie a diversi diplomi sappiamo, infatti, che all'inizio del XII secolo fu abate a Carbone Nilo II di Rossano che, secondo Batiffol, era un discepolo di S. Bartolomeo di Simeri fondatore del monastero e dello scriptorium del monastero patiriense di Rossano. Nilo II sarebbe, dunque, stato inviato in Lucania proprio per mettere ordine nella vita del monastero e per riorganizzarvi una vita culturale e, nello specifico, un'attività nello scriptorium. In base a questa ricostruzione il monastero di Carbone risulta essere una vera e propria colonia del Patir, almeno per i primi decenni del XII secolo, periodo che, in effetti coincide anche sotto il profilo più strettamente economico-politico, con l'epoca d'oro del monastero lucano; alla morte dell'egumeno Nilo II nel 1132, infatti, erano alle dipendenze del cenobio di S. Elia una quarantina di monasteri e chiese con tutte le proprietà loro annesse, tra queste figurano la chiesa di S. Simeone di Bari e quella di S. Bartolomeo di Taranto. La vita della colonia lucana fu più lunga di quella del monastero di Rossano che, con la morte di Bartolomeo nel 1130, perse totalmente importanza; per l'epoca immediatamente successiva i maggiori centri scrittori dell'Italia bizantina furono ad Otranto e nel monastero di S. Salvatore di Messina. Proprio intorno a questo monastero e in tutta la zona calabrese e siciliana dello stretto, si diffuse la stilizzazione grafica che va sotto il nome di "stile di Reggio". Questo stile, nato sulla matrice di quello di Rossano, ha il suo periodo di sviluppo e piena fioritura nel XII secolo ed è caratterizzato dall'alternanza modulare: i nuclei delle lettere sono di altezza uniforme ma, nella larghezza, si alternano lettere molto larghe quali il pi, lambda, omega ecc. e lettere molto strette quali epsilon, teta, sigma; l'asse della scrittura è diritto e la pagina è scandita da lettere maiuscole in ectesis molto peculiari in quanto decisamente esili ed allungate. Anche questo stile si ritrova tra le pergamene conservate a Carbone ed è proprio nel Vat. gr. 2022 che i fogli da 206 a 235 sono vergati nello stile di Reggio. Qualunque sia stata la ragione della confluenza di tali fogli nel Vat. gr. 2022, per capire le relazioni culturali del monastero lucano è, in ogni caso, davvero interessante che un libro adoperato e conservato nella biblioteca di Carbone è stato vergato, forse, a Rossano alla fine del X secolo e, nello stesso tempo, presenta al suo interno numerosi fascicoli vergati nel XII secolo in una calligrafizzazione tipica dell'area dello stretto di Messina. (R. C.)