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(RegioneInforma) LATTIERO-CASEARIA, LA CERTIFICAZIONE DI QUALITÀ IN BASILICATA

17 novembre 2004

© 2013 - alimento1.jpg

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(ACR) - Gli obiettivi dell'indagine - In Basilicata, la valorizzazione dei formaggi attraverso la certificazione di qualità, rappresenta una prospettiva concreta. L'equilibrato sviluppo di tali produzioni presuppone il coinvolgimento consapevole di tutti i segmenti delle filiere produttive, ma finora ciò non si è verificato. Infatti, specie nel caso del Caciocavallo Silano, i traguardi conseguiti sono dovuti quasi esclusivamente agli operatori del segmento di trasformazione della materia prima. Allo scopo di approfondire la conoscenza di tale segmento si è ritenuto opportuno analizzarne le principali caratteristiche, anche attraverso un'indagine di campo. Le aziende lucane iscritte nella sezione "Imprese lattiero-casearie" del Registro delle Imprese delle Camere di Commercio sono 101. Di esse solo 64 sono rappresentate da caseifici, la restante parte è costituita da raccoglitori, intermediari, gelaterie, strutture che confezionano latte in polvere, ecc.. I due terzi dei caseifici è concentrato nella provincia di Potenza e un terzo in quella di Matera. Nella provincia potentina, circa un terzo degli stabilimenti di trasformazione è ubicato tra la città di Potenza ed il suo interland, quasi un quarto nella zona del Vulture ed un altro quarto in parti uguali tra la Val D'Agri e il Marmo Platano. Nonostante una diffusione sul territorio abbastanza equilibrata, più della metà del latte lavorato quotidianamente (il 55%) è trasformato in tre soli stabilimenti, localizzati nella provincia di Potenza. La struttura del sistema di trasformazione regionale è costituita da piccoli caseifici che lavorano meno di 50 quintali di latte al giorno e da pochi opifici di medie e grandi dimensioni che lavorano circa il 70% del prodotto. L'indagine ha riguardato un gruppo di 14 caseifici ricadenti in provincia di Potenza, nelle aree della Montagna Potentina, del Vulture e della Val d'Agri. Il gruppo rappresenta oltre il 20% dei caseifici regionali ed un terzo di quelli ricadenti nella provincia di Potenza. Quattro di questi sono certificati per la produzione di Caciocavallo Silano D.O.P. e risultano essere anche le uniche realtà certificate per questa produzione in Basilicata, altri tre caseifici hanno presentato domanda al Consorzio di Tutela. L'indagine ha perseguito lo scopo di accertare le caratteristiche strutturali ed organizzative delle aziende, nonché la loro propensione ad adottare metodi di Certificazione di Qualità dei sistemi e dei prodotti. - Aspetti strutturali ed organizzativi delle aziende analizzate - L'industria lattiero-casearia della Basilicata è prevalentemente di tipo familiare. Questa connotazione emerge chiaramente dall'indagine effettuata e dai dati emersi. In particolare è stato accertato che il 50% delle imprese intervistate ha forma giuridica di Ditta Individuale. La restante metà assume varie forme giuridiche, giustificate da motivi finanziari, ma solo due di esse coinvolgono soci non familiari. Tutte le imprese lavorano in proprio e commercializzano il prodotto con proprio marchio. Solo una di esse trasforma una parte della materia prima per conto terzi, ovvero non per il proprio marchio commerciale. Anche in questa fase della filiera prevalgono nettamente il numero delle aziende di piccole e piccolissime dimensioni. Il fenomeno è correlato in maniera forte alla gestione familiare, che riguarda la quasi totalità delle imprese e alla presenza di un ancor più elevato numero di piccolissime aziende agricole produttrici di latte, disperse sul territorio. Oltre i tre quarti delle aziende intervistate presenta un numero di addetti fissi inferiore alle dieci unità, la metà ha meno di 5 addetti. L'assunzione di addetti stagionali, correlata a corsi di formazione professionale, ha riguardato una sola azienda e per un numero inferiore alle tre unità. In effetti, la domanda di lavoro delle aziende lattiero-casearie intervistate non ha una grossa variabilità nell'anno. La materia prima da trasformare, pur se va incontro ad oscillazioni quantitative durante l'anno, non giustifica, in caseifici di piccole e medie dimensioni, la domanda di manodopera stagionale. Quanto rilevato in ordine alla dimensione delle aziende trova conferma nel fatto che il 90% circa delle strutture intervistate, presenta un fatturato inferiore ai 2,5 milioni di euro; solo due aziende hanno un volume di produzione compreso fra 2,5 e 12,5 milioni di euro. In particolare, delle aziende oggetto di intervista, il 21,4% è caratterizzato da un fatturato inferiore ai 250.000 euro, il 64,3% che presenta un fatturato compreso fra 250.000 euro e 2,5 milioni di euro, è caratterizzato, nella stragrande maggioranza dei casi (circa il 90%), da valori molto vicini ai 500.000 euro. - Approvvigionamento della materia prima - L'approvvigionamento aziendale costituisce un elemento importante; l'area in cui le aziende operano, il loro raggio di azione e le modalità di approvvigionamento, sono correlate alla dimensione aziendale, ma nello stesso tempo dipendono anche dalla capacità imprenditoriale. Le aziende, infatti, ritirano il latte soprattutto in ambito provinciale. Provvedono al ritiro o direttamente con propri mezzi di trasporto, o comprando il latte da raccoglitori che fanno il giro nelle aziende zootecniche. La metà delle aziende intervistate provvede autonomamente a ritirare tutto il latte per il proprio fabbisogno, un altro quarto ritira direttamente meno del 50% della materia prima. Una sola azienda, la più grande, usufruisce di mediatori per il ritiro del latte, nell'ordine del 25-50%. Delle altre, un quarto circa si rifornisce totalmente dai concessionari, un altro terzo usufruisce di questi per soddisfare esigenze del 25-75%. Come già affermato, l'area di provenienza della materia prima è regionale per circa il 90% delle aziende, quasi il 60% in provincia, il 30% fuori provincia. I due caseifici più grandi sono gli unici a ritirare una percentuale di materia prima, nell'ordine del 25-50%, da fuori regione. Le regioni di provenienza sono quelle del Caciocavallo Silano D.O.P.. Queste stesse aziende, sono quelle che hanno propri mediatori per il ritiro del latte. - La commercializzazione dei prodotti - Sempre a causa delle ridotte dimensioni aziendali, la maggior parte dell'offerta non è conosciuta fuori dalle aree di produzione. Infatti, oltre l'80% dei caseifici mette sul mercato una parte dei propri prodotti direttamente nel canale commerciale. La metà dei caseifici appena menzionati, con lo stesso sistema, mette sul mercato l'intera produzione aziendale. Solo due aziende si avvalgono di società di commercializzazione, una per mettere sul mercato quasi l'intera produzione, l'altra per collocare circa il 10%. L'area di vendita del prodotto, non fa che ricalcare per grosse linee, quanto già visto per l'area di approvvigionamento della materia prima. Infatti, i due terzi delle aziende vende in regione almeno il 50% del prodotto. Circa la metà delle aziende, quelle di dimensioni più ridotte, non ha un mercato extra regionale nemmeno per una parte del prodotto, anzi molte di queste hanno un punto vendita aziendale per commercializzare l'intera produzione. Del restante 50%, solo un'azienda vende su mercati extra regionali, commercializzando quasi l'intera produzione, le altre si rivolgono soprattutto al mercato regionale e si affacciano su quelli extra regionali solo per una piccola parte. Alcune di esse sono presenti anche su mercati extra regionali solo perché si trovano nelle aree di confine della regione (Puglia e Campania soprattutto). - Marchi Collettivi e scelte aziendali - Sono ancora notevoli le differenze che sussistono fra le aziende di piccole dimensioni a conduzione strettamente familiare e quelle medio-grandi. Le piccole aziende, come visto nel precedente paragrafo, caratterizzate da un mercato quasi esclusivamente locale, non hanno interesse a lavorare prodotti tutelati da Marchi Collettivi. Il loro punto di forza è rappresentato dal contatto diretto che hanno quotidianamente con l'acquirente del loro prodotto, non avvertono perciò, la necessità di garantire la qualità con un marchio. Le aziende attualmente interessate, sia alla produzione che alla vendita, dei prodotti con Marchi Collettivi sono meno di un terzo . Questo dato è assolutamente in linea con quanto emerso nei paragrafi precedenti in merito alle aree e alle modalità di approvvigionamento e di vendita. Infatti, le aziende più grandi, proiettate verso le produzioni di qualità, sono le stesse ad approvvigionarsi o con concessionari o con propri mediatori, hanno un area di provenienza del latte non strettamente provinciale o regionale e oltre ad un proprio canale commerciale, si servono di rappresentanti per collocare il prodotto su mercati extra regionali. Le aziende di medie dimensioni, approdano con entusiasmo alle produzioni di qualità, conoscono i Marchi Collettivi e hanno un crescente interesse verso produzioni di questo tipo. La conferma è data dall'oltre 70% di aziende che reputano utili i Marchi Collettivi, ritenuti in grado di aumentare la competitività sul mercato. Tale orientamento segnala la crescita del livello imprenditoriale in questo settore ed evidenzia che la certificazione di qualità rientra ormai nelle prospettive commerciali anche delle aziende medio-piccole. - I Sistemi di Qualità e di Controllo - La maggior parte delle aziende interpellate, circa i tre quarti, ha mostrato di tener presente il problema della certificazione. Circa la metà delle aziende del campione è gestita con Sistemi di Qualità ed è certificata secondo le norme ISO. Un altro quarto circa ha mostrato interesse per l'adozione di un Sistema di Qualità ed intende provvedere entro un anno. Una spinta notevole alla diffusione dei sistemi di certificazione proviene dai mercati extra-regionali e dalla grande distribuzione organizzata in genere. Sono queste le realtà commerciali a cui fanno riferimento le aziende più grandi e a cui tendono quelle medie per crearsi canali più ampi su cui collocare il prodotto. Infatti, il 50% delle aziende intervistate, sono state oggetto di visite aziendali da parte dei clienti e hanno ricevuto specifiche richieste dagli stessi in merito alle certificazioni ISO. La certificazione di sistema trova spazio, più di quella di prodotto, anche nelle aziende di piccole dimensioni. Infatti, una buona parte delle aziende più piccole, a gestione strettamente familiare, è certificata ISO 9000. Tutte le aziende, fatta eccezione per una, dispongono della raccolta di normative sull'igiene e sulla sanità degli alimenti. - Considerazioni conclusive - L'indagine ha evidenziato che, in Basilicata, mentre da parte degli operatori nasce un certo entusiasmo verso le produzioni di qualità e la relativa certificazione, dall'altra bisogna tener conto che per quasi tutte le produzioni lucane, le quantità offerte sono limitate e quindi non in grado di accedere ai circuiti commerciali legati della grande distribuzione organizzata. Per quanto riguarda i prodotti tutelati da marchi collettivi registrati in regione, oltre al Caciocavallo Silano D.O.P., vi sono due I.G.P. relative al fagiolo di Sarconi e al peperone di Senise. Come si è avuto modo di rilevare, ad iniziativa degli operatori del settore caseario la valorizzazione del caciocavallo mediante la certificazione sta sortendo risultati molto interessanti. Per gli altri due marchi finora non è iniziata la certificazione del prodotto, non si sono ampliati in maniera significativa i circuiti commerciali, né sembra che il riconoscimento abbia avuto una qualche influenza rilevante sui prezzi spuntati dai produttori. Il processo di sviluppo dei prodotti certificati in Basilicata deve riuscire a superare il problema della mancanza della massa critica, affinché l'offerta possa accedere a circuiti commerciali extraregionali. Le dimensioni quantitative e le carenze organizzative non consentono infatti di poter porre in essere organiche azioni di marketing e di poter soddisfare la domanda che può scaturire dall'inserimento in sistemi distribuiti più ampi. Un modo efficace per poter affrontare tale problema potrebbe essere quello di dar vita ad una base organizzativa capace di curare l'offerta di un "pacchetto di prodotti lucani di qualità" e garantire attraverso la certificazione delle filiere, l'origine dei prodotti, le tecniche di lavorazione, le aree di provenienza ecc.. Di fronte al fenomeno della frammentazione dell'offerta, solo un paniere di prodotti, con carica simbolica legata al contesto territoriale ed ambientale, può riuscire a trovare una collocazione in circuiti commerciali che vadano anche fuori dall'ambito regionale. Costantino Di Carlo

Redazione Consiglio Informa

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