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(RegioneInforma) "DIARIO D'OLTREMARE", FRAMMENTI DI UNA VITA

17 novembre 2004

© 2013 - mare_1.jpg

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(ACR) - Quello che Antonio Tarsia trascrisse sul suo quaderno a quadretti dal 1941 al 1942 non sono solo tracce della vita quotidiana di un uomo sul fronte della seconda guerra mondiale. Ciò che l'autore, volontario della Croce Rossa Italiana, annotò ritagliandosi piccoli spazi di tempo in accampamenti pericolosi e bui, oggi è diventato "Diario d'oltremare", un libro, una raccolta di ricordi e di memorie che fotografano un preciso momento storico. Una testimonianza diretta della seconda guerra mondiale, vista, sentita e vissuta attraverso gli occhi e le azioni di uno dei suoi tanti protagonisti. Perché a fare la guerra non furono solo i soldati degli eserciti. Furono anche i tanti volontari della Croce Rossa che hanno prestato la loro importante "missione". E Tarsia ne è un esempio. "L'autore spiega e analizza cosa è stata la guerra – ha commentato Clementina Pecorelli, commissario regionale Croce Rossa Italiana - attraverso le esperienze umane della Croce Rossa". E fu guerra anche quella. Tarsia evidenzia, giorno dopo giorno nelle pagine del diario tutto quello che succede intorno a sé. Lo scenario che descrive è devastante, c'è paura e impotenza. Ma anche preoccupazione. Tarsia, che ha fede nel duce e crede nella missione civilizzatrice del fascismo, avverte l'inadeguatezza dell'intervento italiano in guerra. Il volontario della Croce Rossa parla di un esercito italiano impreparato. Ne emerge, così, un quadro che va dall'illogicità dell'intervento italiano nel conflitto, alla mancanza di vettovagliamento, alla carenza di militari alle difficoltà logistiche sui campi di battaglia. "Diario d'oltremare" è testimonianza, ricordo e memoria. Non solo diario, non solo libro. Presentato a Potenza, ha ricevuto il patrocinio della Croce Rossa Italiana e del Consiglio Regionale della Basilicata. "Non un semplice patrocinio ma – ha spiegato Vito De Filippo presidente del Consiglio nel corso della presentazione – qualcosa che va oltre. Iniziative di questo tipo hanno l'obiettivo di tutelare la memoria. Una maniera questa – ha precisato De Filippo – per conservare l'identità di un popolo e di una terra". Andando al di là del racconto di guerra il diario-libro offre ulteriori riflessioni. Attraverso la storia di Antonio Tarsia, infatti, si legge la storia di una intera regione, la storia di una regione che per anni ha legato il suo nome al fenomeno dell'emigrazione. Quando Tarsia nasce a Senise piccolo paese nel sud della Basilicata, è la vigilia della grande guerra del 15-18. Sul finire del 1941, mentre è in corso la seconda guerra mondiale, viene arruolato nel 79° ospedale del campo mobile di Montenegro. Lì rimane fino a metà luglio del 1942. Si ferma a questo periodo la trascrizione di fatti, nomi e pensieri sul suo diario. Tarsia, fatto prigioniero dai tedeschi e deportato, interrompe la stesura del diario. Quando viene liberato, torna in Italia. Ed è in questo preciso punto che la storia personale di Tarsia si intreccia con quella di tanti altri lucani emigranti. L'autore non fa in tempo nemmeno a disfare le valige che è pronto a ripartire. Questa volta la sua meta è l'Argentina, terra dei sogni e delle opportunità per lui come per molti altri lucani che in quel periodo riempirono le navi verso il nuovo continente. E così, il diario diventa una valvola di sfogo, uno strumento di affrancamento per chi ha dovuto emigrare e non tornare più nella sua terra natale. Lo interpreta così il "Diario d'oltremare" il professor Lucio Attorre docente dell'Università degli Studi della Basilicata. "Il libro è una sorta di registro a più voci e a più temi nel quale trova anche riscatto la situazione di partenza di un uomo che emigra e che realizza la sua vita lontano. Eppure - dice Attorre – Tarsia è alfabetizzato, ha cultura, avrebbe potuto rimanere in Italia, ma è convinto che altrove troverà dignità e affermazione". Un scelta che denota grande forza d'animo, grande spirito di sacrificio, volontà, ma, soprattutto voglia di mettersi in discussione. Tarsia lo fa portando con sé i suoi saldi valori. Gli stessi che emergono già dalle pagine del libro: l'attaccamento alla famiglia, alla moglie, a quei principi che "in Basilicata vengono alimentati – sottolinea De Filippo - in maniera naturale e che fanno parte del bagaglio personale e culturale della popolazione lucana". Anche al di là dei confini territoriali lucani. "In Argentina – ha spiegato Rocco Curcio presidente della Commissione lucani nel mondo – ci sono molti lucani. Oggi, le condizioni di vita della popolazione che vive lì – continua Curcio - sono di grande indigenza. Si assiste anche ad una emigrazione di ritorno: dall'Argentina in Italia e addirittura in Basilicata. A noi il compito di mettere in campo tutti gli strumenti necessari per farli sentire lucani, indipendentemente dal luogo in cui decidono di vivere". Lo scorso 27 settembre, all'età di novanta anni, Tarsia è morto proprio lì, in Argentina, a Villa Adelina, dove ha vissuto per anni e dove per anni alla sua attività lavorativa ha affiancato le attività di volontariato. Tra tutte, quelle di sostegno e aiuto alle famiglie che da Senise si sono trasferite, nel corso degli anni, in Argentina in cerca di fortuna proprio come fece lui nel 1952. Oggi a meno di due mesi dalla sua morte, sua figlia Maria Vittoria in occasione della presentazione di "Diario D'Oltremare" a Potenza, lo ringrazia per avergli trasmesso grandi valori quelli dell' umilità e dell'amore. "Senza amore – scrive Maria Vittoria nell'introduzione al libro del padre - non ci sarà mai pace". (A. R.)

Redazione Consiglio Informa

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