sabato, 23 nov 2024 00:01
(RegioneInforma) "L'ARTE ARUNDIANA DI FRANCO ZACCAGNINO"
30 dicembre 2004
(ACR) - Un catalogo. Una carrellata di sculture, di folgorazioni improvvise che si stagliano su di uno sfondo nero. Delicatezza e poesia sono gli elementi che caratterizzano il testo, patrocinato dal Consiglio Regionale della Basilicata, e che contiene parte del vasto repertorio artistico dello scultore lucano, Franco Zaccagnino. Un'arte particolare che attrae per le sue forme, i suoi colori, per la magia che trasforma la materia-natura in inni alla creatività umana. Quella di Zaccagnino è una tecnica artistica che è espressione della materia di cui egli si serve per modellare le sue opere e che intimamente gli appartiene. Zaccagnino, nelle note che compendiano il catalogo, spiega che l'arte "Arundiana" si riferisce al termine "Arund-iana, derivante da Harundo-inis a cui ho trasformato la desinenza del genitivo da inis in iana in lingua italiana, che significa "della canna mediterranea". Ed è propriamente questa "umile" fronda di canna ad essere la protagonista, oggetto e soggetto nello stesso tempo, dell'opera dell'artista natio di Lagopesole. Una canna semplice che fa rivivere il tempo della cultura rurale e che diventa il vigoroso racconto dell'infanzia, dei ricordi, della memoria e della vita personale dell'autore. Sempre nelle note autoriali, l'artista fa riferimento al suo primo, avventuroso incontro con la canna dei campi coltivati intorno al suo paese, Lagopesole, e a quelli vicini di Sant'Ilario. "Il mio incontro con questa magnifica Arundo- ha sottolineato l'autore- è stata un'avventura, iniziata da un rapporto puramente ludico, che si è trasformato, poi, in un rapporto idilliaco vero e proprio, con un eros sempre crescente che ha modellato la mia sensibilità fino al punto di cambiarmi la vita". Le prime sculture, che popolano la sezione dal titolo "Inseguendo il volo del nibbio", si riferiscono, propriamente, ai luoghi di origine di Zaccagnino: la porta di casa sua e il portale del castello di Lagopesole. Fanno parte di questi spaccati di vita anche i vicoli di Rionero, di Avigliano, di Atella, Montemilone, Maratea, Matera e, persino, di Lussemburgo. Nella sezione successiva, "Frammenti d'infanzia", dai luoghi chiusi e ristretti della stagione invernale si passa a quelli aperti dei campi, dei prati, dei fiumi e dei boschi in primavera. Ampi spazi, questi, dove l'artista ha dato sfogo alla sua voglia di gioco, di divertimento oltre che lasciare che la sua fantasia cavalcasse a briglie sciolte del suo "cavallo fronzuto", la canna. Seguono, poi, le rappresentazioni dei lavori di un tempo e che sono strettamente intrecciati con la tradizione e la cultura contadina lucana: il calzolaio con i suoi attrezzi, il falegname, il pastore e la donna aviglianese con bambino. Molto particolari e suggestive anche le sculture che si legano al sacro e alla preghiera. In particolare, in "Preghiere di canna", risalta la scultura commissionata per S.S. Giovanni Paolo II. Un unico pezzo di canna funge da croce e racchiude il corpo del Cristo esanime che, successivamente, viene riproposto nella scultura della Crocifissione realizzata sia su pannello che a pastello. Poi ci sono gli altorilievi della Cattedrale di Potenza, di Melfi, Acerenza, Tricarico, Tursi e di Matera. Le ultime sculture danno vita alla "La canna pensante" e ad "Ascoltando il canneto". In queste sezioni emerge, ancora di più, la filosofia e l'ideologia che sottende la realizzazione delle opere di Zaccagnino. Egli stesso dice che "Avevo innalzato la canna ad un livello superiore affidandole un ruolo più nobile, quello cioè di mettersi al servizio dell'arte, per raccontare, da vera protagonista, la storia dell'uomo". Le immagini di scultura raccolte in questo testo sono state accompagnate dalle considerazioni della critica e dalla testimonianza diretta della figlia di Zaccagnino, Maria Carmela, la quale ha tratteggiato l'opera del padre facendone intuire le spinte emotive che hanno fatto da sfondo alle sue creazioni. "Le forti passioni ed emozioni- ha detto Maria Carmela- di un uomo che cerca di evadere dalle abitudini e dalle falsità del mondo e che vuole sentirsi libero di esprimersi sono tutte racchiuse nella verticalità della canna". Per concludere e dare un'interpretazione definitiva di quanto il testo testimonia, le parole dell'autore sono quanto mai illuminanti: "Il miglior modo di imitare la natura è quello di farla esprimere con se stessa". (L.L.)