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(RegioneInforma) DOCUMENTARIO D'AUTORE INEDITO SULLA BASILICATA
07 gennaio 2005
(ACR) - La Basilicata degli anni Sessanta, povera e agricola, raccontata dalle immagini di Joris Ivens, grande documentarista nato a Nimega in Olanda (1898-1989). Dopo anni di silenzio, nei giorni scorsi, i lucani hanno potuto vedere uno spezzone del cortometraggio "L'Italia non è un paese povero", realizzato dal regista olandese nel 1959 con la collaborazione di Valentino Orsini e dei fratelli Taviani. Il film è rimasto sepolto nei magazzini dell'Istituto di Cinematografia di Roma fino a che il giornalista Rocco Brancati non l'ha scovato, presentandolo alla rassegna cinematografica "Cinema c'è" che si è tenuta a Melfi. Fu Enrico Mattei, allora presidente dell'Eni, a designare Ivens per la realizzazione di un documentario sull'estrazione e la raffinazione degli idrocarburi in Italia. Dopo innumerevoli discussioni e trattative Ivens decise di girare "L'Italia non è un paese povero", ma la Rai si rifiutò di trasmetterlo integralmente, poiché il film offriva uno spaccato dell'Italia particolarmente crudo. Il lavoro finito piacque molto a Mattei, ma quando scoppiò un scandalo con la Rai (un alto dirigente di allora, Leone Piccioni, arrivò a sostenere che le immagini di Ferrandina erano false, ricostruite), la posizione politica del presidente dell'Eni si era indebolita. Era l'epoca del governo Tambroni. La censura si ostinò contro il film sino a farlo passare sugli schermi come "Frammenti di un film di Joris Ivens" (visto censura n. 32507 del 4/8/60). Subì ben cinque tagli. Tra questi c'è anche un'immagine dei Sassi di Matera in cui una donna, che parla in dialetto, invita i visitatori ad entrare, mostra l'interno della sua grotta e illustra le misere condizioni di vita della sua famiglia. La donna racconta di aver avuto quindici figli, di cui dieci morti. I superstiti sono tutti lì presenti. Senza visto di censura la versione integrale del film non poteva uscire dall'Italia: fu così che fu proiettato in Europa e partecipò all'Oscar una versione rimaneggiata nel montaggio, nel commento e nella musica. La Cineteca Nazionale di Roma nel 1997 ha acquisito due copie della versione integrale. Una di queste è stata proiettata nella Sala Consiliare di Melfi. In particolare, i dieci minuti del documentario che riguardano la Basilicata. "I due alberi" è il titolo della parte del cortometraggio girata tra Grottole e Ferrandina per testimoniare il passaggio dalla società contadina (alberi di ulivo) a quella preindustriale ("albero di Natale" del metano nella Val Basento). Nel film si vede a Grottole un enorme ulivo, dal quale traggono misero sostentamento ben sette famiglie. Un tenero amore unisce due giovani di queste famiglie, ma la realizzazione dei loro sogni sembra ben lontana. Tuttavia, le ricerche che si vanno compiendo a Ferrandina stanno per dare esito positivo. Anche il giovane innamorato, Enrico, può trovare lavoro con le squadre dell'azienda di Stato. Quando si sprigiona la fiamma che annuncia il metano e viene posto l'"albero di Natale", complesso di valvole che serve al controllo del pozzo, un'area di maggiore tranquillità si profila anche per queste terre. Per i giovani del posto brucia la fiamma della speranza. La squadra di ricerche lascia l'impianto funzionante e riparte alla volta della Sicilia. Il cortometraggio rientra nella categoria del tecnofilm, documentario tecnico che informa sulle attività del lavoro, illustra i procedimenti industriali, studia al dettaglio le attività produttive, orienta professionalmente apprendisti, lavoratori, operai specializzati. Il film di Joris Ivens "L'Italia non è un paese povero" riesce a coniugare la documentazione con lo spettacolo e talvolta con la poesia visiva. Si accosta in questo ad altri cortometraggi di informazione e prestigio: i critofilm di Carlo Raggianti, promossi negli anni Settanta dalla Olivetti; le produzioni della Edison e dell'Enel in cui eccelse Ermanno Olmi; e soprattutto l'Eni, che si valse di cineasti come Bernardo Bertolucci, autore di "La via del petrolio" e Joris Ivens con il suo "L'Italia non è un paese povero". Questo film fu testimonianza e documento della nostra industria petrolifera e divenne spettacolare per la vivacità delle riprese e del montaggio su materia di viva attualità e strettamente legata alla vita di ogni giorno. Il linguaggio del cortometraggio è conciso, spigliato, agile. Ivens inquadra con grande cura formale e monta con una disinvoltura fantasiosa, nervosa, sbrigliata. Si vedono tubi, pali, fili, pompe. Più che avere sempre una visione d'assieme lo spettatore è chiamato a compiere un grande lavoro di immaginazione. La mano sapiente e creativa di Ivens si legge in tutto il film: ''Esistono registi che fanno film per vivere, e altri che vivono per fare film. Esistono poi "cineasti" che vivono i loro film, che si insediano direttamente nei loro film, che diventano cinema essi stessi: uno di questi, forse più grande, è Joris Ivens ... Ivens è stato il testimone compartecipe di pressoché tutti gli eventi "rivoluzionari" verificatisi sul pianeta Terra: dai contrasti sociali in Olanda e in Belgio all'Urss del primo piano quinquennale, dalla guerra di Spagna al New Deal rooseveltiano, dalla Cina della "lunga marcia" alla fine del colonialismo (Indonesia, Africa, Cuba), dalle ultime guerre imperialiste (Vietnam, Laos) alla nuova Cina della Rivoluzione culturale. In ognuna di queste occasioni la presenza di Ivens si è configurata in un'esperienza di vita, in un'esperienza di cinema. Ecco il mondo secondo Ivens, i suoi straordinari incontri, la sua commozione e la sua indignazione; ecco le tracce di questo moderno Marco Polo rivoluzionario ..." (dalla retrocopertina di "Joris Ivens – Io Cinema, autobiografia di un cineasta; ed. Longanesi 1979). (R.A.)