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(RegioneInforma) IL MONASTERO DI SANTA MARIA DELLA SCALA DI VENOSA

24 gennaio 2005

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(ACR) - Le tradizioni religiose lucane ci vengono testimoniate dalla copiosa documentazione riguardante i conventi e i monasteri – femminili e maschili – che giace, per la maggior parte inedita, negli archivi diocesani dei nostri paesi e che è consultabile anche grazie alla pazienza e alla disponibilità dei prelati, che ne custodiscono i segreti. Uno degli archivi più interessanti è quello di Venosa, nel quale abbiamo avuto modo di frugare alla ricerca delle nostre radici e delle nostre tradizioni. «Tiene la città (di Venosa) doi monasteri di donne monache, che son specchio e corona di santità: uno è sotto la regola di S. Benedetto et così è chiamata la lor chiesa. Sono da l'abito nero, tiene da trenta monache velate; questo monastero è posto in mezzo della strada maestra della man destra della città. L'altro monastero è sotto la regola di S. Bernardo benché sia l'istessa regola di S. Beneditto; il loro abito è bianco, la lor chiesa è sotto il titolo di S. Maria della Scala. Di questo titolo vi è un'altra chiesa ch'è fuora della città devotissima, co' molti miracoli et del continuo ne fa; et lontana dalla testa della città da centocinquanta passi e delle dette donne monache velate, è posto il lor monasterio in mezzo della strada maestra della man sinistra della città» La platea del monastero delle Cistercensi di Santa Maria della Scala di Venosa, inedita per l'appunto, si trova nell'Archivio Diocesano della Cattedrale di Sant'Andrea, è stata redatta e curata dal canonico Don Teodoro Di Ciesco che, nel 1904 ha trovato i documenti e li ha riuniti. Le Cistercensi a Venosa – come si evince dalle parti leggibili della platea – risalgono all'XI secolo; il convento fu fondato da «Agnese Venosina, dotata di molti beni di fortuna, e sotto la direzione di S. Guglielmo da Vercelli, fondatore de' Frati di Monte Vergine, e tanto stimato per le sue virtù da Ruggero II conte di Sicilia» sulle rovine del tempio di Venere poco fuori le mura della città. Un documento del 1308 dell'Archivio Vaticano, allegato in copia del Seicento, attesta che nel monastero era sepolta la Beata Agnese fondatrice. Ancora nella medesima fonte troviamo che nel 1505, a un quinquantennio dal terribile terremoto del 1456 e subito dopo la peste del 1501, che aveva dimezzato la popolazione del paese, il vescovo Rinaldo Cancellariis di Troia manda le monache del Goleto, ormai ridotte a tre o quattro, nel monastero venosino: «ricevè la promissione delle doti che essa Università prometteva per il vitto delle Moniche e che pagava ogni anno e fatto questo poco tempo dopo, essa Università procurò la licenza di Superiori si hebbero dal Monistero di S. Maria della Scala della Città di Venosa della Regola di S. Bernardo quattro Moniche». Intorno al 1525 le monache si trasferirono nelle mura della città: «l'antico convento, abbandonato dalle Monache per le guerre e le inondazioni di milizie Francesi e Spagnuole, che desolarono Venosa, a lungo andare cadde». «La norma che prevedeva la soppressione dei conventi femminili extra-moenia, dettata dalla constatazione delle violenze cui erano stati oggetto nel lungo periodo delle guerre d'Italia e della minore vigilanza cui erano sottoposti, concluse un secolare processo di inurbamento delle istituzioni ecclesiastiche femminili accentuandone il carattere cittadino». A predisporre le riforme nei monasteri femminili, specie nei primi anni dell'insediamento spagnolo nel Regno di Napoli, e quindi già prima di Trento, considerata la scarsa capacità di controllo e di organizzazione del territorio da parte delle istituzioni politiche, furono le élites locali attraverso gli organismi municipali. A Napoli nel 1532 era stato nominato viceré don Pedro de Toledo, il quale si batté molto per il riordinamento e la disciplina nei monasteri, specialmente quelli femminili, prodigandosi per la «honestà et dignità de li monasterij». «L'inosservanza delle norme sulla clausura – infatti – poteva mettere in gioco la stessa onorabilità delle famiglie di origine delle monache e costituire di conseguenza un fattore destabilizzante dei rapporti di potere locale». «Allorquando il Vescovo Pietro Rodolfo da Tossignano mise piede in Venosa, vedendo i Conventi di S. Benedetto e di S. Maria della Scala senza clausura e le monache senza regola; e per porre un argine a tanto male, come delegato della Santa Sede, prescriveva loro la regola, destinando loro un luogo atto per l'osservanza monastica». (C.G.)

Redazione Consiglio Informa

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