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(RegioneInforma) I FIGLI DEI LUCANI DIVENTANO STRUMENTI DI VENDETTA E RICATTO
25 gennaio 2005
(ACR) - I lucani che si stanno separando utilizzano sempre più i figli come «oggetto o strumento di vendetta e ricatto». Tanto che si registra un numero sempre crescente di casi in cui si trasferiscono presso il Tribunale dei Minorenni, i conflitti coniugali pendenti presso il giudice della separazione. E' quanto emerge dall'ultima relazione sullo stato della giustizia minorile nel distretto lucano tenuta, recentemente, dal procuratore generale Vincenzo Tufano. Un dato che fa riflettere, che solleva interrogativi soprattutto sui rapporti che si instaurano tra coniugi quando un matrimonio finisce. Per il procuratore, infatti, sono «meritevoli di segnalazione» proprio i casi di genitori che hanno in corso giudizi di separazione davanti il Tribunale ordinario. «Nella maggior parte dei casi i coniugi si rivolgono al Tribunale per i Minorenni - evidenzia l'alto magistrato - richiedendo un controllo del corretto esercizio della podestà genitoriale. Oppure il genitore non affidatario lamenta il mancato rispetto del diritto di visita stabilito in suo favore dal giudice della separazione e la conseguente impossibilità a mantenere un costante rapporto di frequentazione e di affetto con la prole». Proprio in questi casi gli approfondimenti istruttori evidenziano «a carico dei genitori affidatari l'uso e l'abuso dei figli come oggetto e strumento di vendetta e di ricatto». Insomma, una situazione complessa che impone una profonda riflessione. Come precisa lo stesso magistrato secondo cui «sarebbe opportuno che tutte le competenze in materia di famiglia e di minori siano accentrate in un unico organo giudiziario specializzato» al fine di evitare non solo doppi giudizi ma anche «il contrasto delle decisioni». Se questo, però, è un aspetto, è altrettanto vero che pur apparendo complessa ed articolata la giustizia minorile non soffre di particolari crisi. Tutt'altro. I reati consumati sono nei limiti della fisiologia e spesso legati a situazioni di disagio familiare, l'accumulo di pendenze non è significativo e gli organici di magistrati e personale amministrativo sono sufficienti. «Nel complesso la delinquenza minorile nel distretto non è allarmante ed è contenuta in limiti fisiologici - scrive il procuratore Tufano nella relazione - la devianza molto spesso si alimenta in contesti familiari disgregati, in situazioni di indigenza economica, di disoccupazione giovanile e di disadattamento sociale personale. Sotto il profilo quantitativo, in nessuno degli uffici minorili si è determinato un accumulo di pendenze degno di nota. Sotto l'aspetto qualitativo, invece, la tipologia dei reati è rimasta sostanzialmente immutata. Prevalgono i delitti contro il patrimonio, contro la persona, in materia di stupefacenti e di violenza sessuale». Già, gli abusi sessuali, un settore su cui negli ultimi anni si è incentrata l'attenzione, facendo crescere la voglia di contrasto. «Continuano ad evidenziarsi casi di violenza sessuale, in particolare intrafamiliare - commenta Tufano - contenuti nei numeri ma pur sempre allarmanti per l'odiosità della condotta e per gli effetti devastanti che provocano sulla personalità del minore». A fronte di tutto questo, comunque, può definirsi rilevante «il ricorso allo strumento dell'allontanamento dalla residenza familiare del genitore o del convivente che maltratta o abusa del minore». «E' uno strumento innovativo nonché risolutivo di tante situazioni di disiagio minorile- commenta Tufano - poichè garantisce la permanenza del minore nel suo ambiente di vita e ne evita il trauma dell'allontanamento». Insomma, un quadro di luci con qualche ombra. Una di queste è legata ai servizi sociali. Tanto che su questo punto il procuratore generale è categorico: «Come negli anni scorsi il servizio di assistenza sociale è inadeguato rispetto alle esigenze operative». «Quello dipendente dal Ministero della Giustizia, professionalmente qualificato è insufficiente quantitativamente - aggiunte l'alto magistrato - i servizi dipendenti dagli enti locali sono insufficienti sia qualitativamente sia quantitativamente. Sarebbe necessario, quindi, aumentare il numero degli operatori dipendenti dal Ministero della Giustizia e migliorare la funzionalità dei servizi dipendenti dagli enti locali, sia sotto il profilo numerico sia sotto il profilo della qualità». Parole dure, dunque, che diventano ancor più pesanti quando vengono elencate le carenze. Come il fatto che in molti comuni il servizio «è privo della figura dello psicologo» o che «spesso in alcuni piccoli paesi per lunghi periodi non è in servizio alcun operatore sociale». Occorrono, quindi, soluzioni che non possono non partire proprio dall'aumento degli operatori in ciascun comune. E se i servizi sociali sono un tassello importante nella lotta al disagio minorile, è altrettanto vero che un ruolo decisivo deve essere svolto anche dalla gente. Da quelle famiglie che, ad esempio, attraverso l'affido, possono diventare un punto di riferimento importante per i bambini e ragazzi in difficoltà. Nuclei che - a tutt'oggi - sono rarissimi. «C'è la pratica difficoltà a procedere all'affidamento familiare - conclude il procuratore - a causa della totale inesistenza di famiglie disponibili ed idonee a prestare cure materiale ed affettive ad un minore in via solo transitoria». (A.I.)