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(RegioneInforma) LA BASILICATA NON E' TERRA DI MAFIA

25 gennaio 2005

© 2013 - cortile_interno_carcere.jpg

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(ACR) - La Basilicata non è terra di mafia. Il territorio lucano non è contrassegnato da quei fenomeni delinquenziali di tipo mafioso, propri delle regioni contermini, ma da piccole bande locali composte da figure minori che cercano di crescere. E' questo il dato che emerge dall'analisi sulla giustizia penale nel distretto lucano fatta dal procuratore generale della Corte d'Appello, Vincenzo Tufano. Dalle parole dell'alto magistrato, infatti, viene fuori come in Basilicata la situazione sia nel complesso «non allarmante», anche perché se in passato alcune zone sono state attenzionate da clan criminali anche extraregionali, dopo la massiccia opera di contrasto esercitata negli ultimi anni, oggi «ad operare sono esclusivamente piccole bande locali». Scrive, infatti, il procuratore nella sua relazione: «con riguardo al fenomeno associativo la criminalità nel distretto rimane tutt'ora contrassegnata da piccole bande locali nelle quali si raccoglie buona parte del crimine ordinario operante su porzioni limitate di territorio; da analoghi sodalizi extraregionali che riescono a penetrare ed ad operare nelle aree di confine; e da quel che resta ma che si ricostituisce e si rigenera di quelle macrostrutture criminali organizzate secondo logiche mafiose e con un rigido controllo del territorio efficacemente contrastate con indagini e processi nell'ultimo decennio». Una condizione non allarmante, dunque, che conferma non solo come il tessuto sociale sia sostanzialmente sano, ma anche come i colpi inferti dalle forze dell'ordine siano stati mortali. Come nel caso della provincia di Matera, dove ai clan disarticolati non sono seguite nuove organizzazioni di particolare rilievo ma solamente «i primi germi», composti da figure minori, di gruppi collegati più o meno ai sodalizi più importanti dediti al traffico di stupefacenti ed alle armi. Meno tranquillo, invece, è il quadro presente sul territorio potentino dove i gruppi, composti da capi e gregari «che coltivano rapporti con organizzazioni calabresi e pugliesi, sono il risultato dell'evoluzione di bande degli anni '90» passate per decimazioni intestine, indagini e lotte per la supremazia. Se la geografia dei sodalizi criminali, comunque, è in continua evoluzione non altrettanto è accaduto per la tipologia dei reati più frequenti, rimasta invariata rispetto al passato. In particolare, ad essere maggiormente frequenti sono stati i reati contro la persona, la detenzione di stupefacenti e l'usura. «Tra i delitti che hanno suscitato maggiore allarme sociale – aggiunge il procuratore – si segnalano 248 reati tra omicidi volontari consumati e tentati, rapine ed estorsioni». Un numero complessivo rimasto più o meno immutato, con la sola flessione degli omicidi volontari. Dato, quest'ultimo decisamente confortante anche perché «di molto inferiore alle medie regionali». A calare, inoltre, le estorsioni (47 rispetto alle 67 di media dell'ultimo quadriennio) ed i contrabbandi di tabacchi. Di contro sono cresciuti i reati contro la pubblica amministrazione (690) anche se si tratta nella maggior parte dei casi di «ipotesi di minore allarme sociale come l'abuso d'ufficio». Incremento costante dei reati legati alle sostanze stupefacenti, in prevalenza marijuana ed hashish. «In quattro anni tali delitti sono aumentati del 64,30 per cento» commenta il procuratore Tufano. Raddoppiati rispetto all'anno prima gli episodi di lesioni personali volontarie, mentre nella media è rimasto il numero dei furti, i cui autori rimangono quasi sempre ignoti (con una percentuale di impunità dell'88, 93 per cento). Crescono anche gli infortuni sul lavoro (17 rispetto ai 9 del 2003 ed ai 3 del 2002) e gli incendi dolosi o colposi, il cui numero è stato il più alto dell'ultimo quadriennio. «E' un flagello ineliminabile - evidenzia Tufano - che in oltre il 50 per cento dei casi è di origine dolosa ed in ordine al quale, anche nei precedenti periodi, il 90 per cento degli autori è rimasto ignoto». Complesso è, invece, il quadro delle violazioni in materia edilizia ed urbanistica. Leggermente diminuite nei circondari di Lagonegro e di Melfi, sono notevolmente aumentate in quelli di Potenza e di Matera. «E' bastato far intravedere con largo anticipo la probabilità di un condono - precisa il procuratore -ed è stato un crescendo con un aumento, negli ultimi due anni, del 31,26 per cento». Aumentano alcuni reati, quindi, ma si dilantano anche i tempi per la definizione dei procedimenti. Tanto che in primo grado, rispetto all'anno precedente, vi è stato una crescita delle pendenze del 5,93 per cento. Un dato che è sintomo di una vera e propria crisi, alla cui soluzione hanno contribuito poco i giudici di pace. « In quattro anni le pendenze di primo grado sono aumentate del 65,62 per cento - sottolinea Tufano - Ormai non è più negabile che si tratta di una crisi grave, stabile, sinora irrisolta alla quale non ha giovato l'attribuzione di competenze penali ai giudici di pace, uffici che non solo hanno assorbito pochi facili giudizi ma hanno chiuso nella fase dibattimentale il periodo in esame con un saldo passivo». Se il bilancio della fase di primo grado, in ogni caso, è decisamente negativo, lo stesso non può dirsi degli altri settori. Dalle procure agli uffici gip, alle Corti d'Appello. «Il bilancio distrettuale è positivo - evidenza la relazione del procuratore - Vero è che le procure hanno fatto registrare un aumento della pendenza del 6,77 per cento, ma è vero pure che tali uffici hanno dato prova di efficienza fronteggiando un enorme aumento delle sopravvenienze». Stesse valutazioni anche per gli uffici gip e gup che sono riusciti «ad abbattere le pendenze del 31,95 per cento, nonostante un aumento delle sopravvenienze», mentre a chiudere in attivo sono state le Corti d'Appello. (A.I.)

Redazione Consiglio Informa

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