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(RegioneInforma) LO ZINGARO LUCANO

09 febbraio 2005

© 2013 - mucca.jpg

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(ACR) - La Basilicata è una terra dalle mille sfaccettature, sia storiche che sociali. Il lucano è un ellenico, è un poeta, è un brigante, è un agricoltore; ma è stato anche un pastore. Uomo dai mille lavori, disposto al sacrificio e a viaggiare pur di offrire una vita migliore a sé ed ai propri cari. La pastorizia è sudore, rischio, ma anche solitudine di notti trascorse tra poche genti e molte pecore, notti in cui si tramandano racconti e canti di cui abbiamo perso traccia. La pastorizia ha avuto in sè un movimento culturale e sociale di forza pari a quello agricolo, muovendo un ingente forza lavoro silenziosa e dall'anima zingara. Parliamo della transumanza ovvero dello spostamento di moltitudini di persone al seguito delle greggi, che, per evidenti ragioni climatiche, trascorrevano l'estate sulle montagne della Basilicata e l'inverno nelle lontane pianure del Tavoliere delle Puglie. La Basilicata per le sue colline e montagne era la meta del pascolo estivo ( detto "statonica" ) da parte dei grandi greggi che provenivano dall'Abruzzo, dal Molise, dalla Campania e dalla Puglia. Da tempi remoti le vie della transumanza in Basilicata erano così divenute una Torre di Babele di genti e culture. La Basilicata, partecipando alla transumanza a doppio titolo, sia come terra di passaggio obbligato delle greggi lungo il tratturo principale di Melfi-Castellaneta, (via grande come un autostrada che coinvolgeva le zone di Potenza, Bari, Matera e Taranto), e sia come sede di aziende agricole coinvolte nel trasferimento delle greggi dalle proprie zone a quelle del Tavoliere delle Puglie, ha vissuto così intensamente il fenomeno da rimanerne segnata nei propri caratteri geografici, economici, politici, sociali, culturali e religiosi. Ne è riprova il fatto che si imponeva una propria data per l'inizio della transumanza; infatti mentre nelle altre regioni limitofe la transumanza iniziava l'8 maggio, in ricorrenza della festa di San Michele Arcangelo, protettore dei pastori , in Basilicata si iniziava la transumanza al principiare della primavera, all'incirca il 25 marzo ( come testimoniano i vari contratti di affitto dei pascoli ). La transumanza dava vita a tutto un mondo che aveva sì come protagonisti principali milioni di pecore e le migliaia di persone addette al loro governo, con i relativi cavalli adibiti al trasporto delle masserizie e cani necessari al controllo delle mandrie, ma ad essi si aggiungeva anche un variegato mondo composto da artigiani quali funari e vasai, ramai e coltellinai, e da varie figure quali bassettieri e baroni, padroni e padroncini, religiosi e laici, giudici ed avvocati, regnanti e cortigiani. Il pastore era si una figura solitaria, ma dalle innate capacità commerciali ed organizzative. Il pastore aveva un proprio idioma volto creato per dare maggiore enfasi del possesso dei beni a loro strettamente legati. Le mandrie venivano "fidate" nelle masserie dove esisteva "u jazze" , l'agghiaccio e la casa dove doveva abitare il pastore si chiamava "u casone", il casolare. Ancora oggi in alcuni paesi e tra i vecchi si usa la parola iazz per descrivere un abitazione sporca e disordinata o a indicare una moltitudine di cose sparse alla rinfusa. Tali ripari si possono ancora riconoscere anche se in cattivo stato e quasi mimetizzati nel panorama nelle zone di Melfi che costeggiano il tratto della strada che va da Potenza a Melfi oppure nella zona della Murgia di Matera. Nei pascoli dove non esistevano masserie con abitazioni e jazzi i pastori provvedevano a costruire ripari stabili provvisori; detti ripari erano costruiti con canne o rami di alberi e ricoperti di paglia. Gli stazzi costruiti dai pastori e chiamati "jazzi vernili" non erano altro che dei recinti fatti con tavole e pali di legno , preparati nei boschi vicini dagli stessi pastori con gli attrezzi a disposizione che portavano con loro. Presso lo stazzo veniva costruito "u paggliare" , il pagliaio, dove essi abitavano e che era fatto di tavole e pali con il tetto coperto con frasche intrecciate: era abitazione, ambiente di lavoro, magazzino e luogo dove veniva cagliato il latte. Conteneva la "lettere" una specie di letto rudimentale in legno con saccone di foglie, le caldaie, i caccavi di rame per cagliare, gli scanni di legno per sedere, le posate tutte prodotte dai pastori. Per le sue caratteristiche morfologiche in Basilicata era prassi usare come ricoveri le grotte, moduli naturali morfologicamente idonei al ricovero e alla difesa dei greggi e dei pastori. Spesso si parla di un "culto delle grotte" visto che la grotta assumeva anche una valenza religiosa divenendo centro della devozione popolare e luogo di diffusione culturale creando legami profondi tra il mondo dei pastori e delle genti che dimorano nei dintorni. Nell' immaginario contadino il pastore rappresentava una figura circondata da un alone di magia, che poteva rivolgersi ai santi per proteggersi dagli attacchi dei lupi e dei briganti. E' difficile immaginare oggi come potesse essere l'inizio della transumanza; immaginiamo uno spettacolo che doveva essere epico, frastornante e grandioso. All'albeggiare del giorno stabilito partivano tutti insieme pastori, gregge, cani e cavalcature cariche di donne , bambini e masserizie: quasi un esercito guidato da uomini e composto da una massa di persone guidata dagli ordini dei pastori, i quali come mezzo d'incitamento per il gregge, ma anche per difendersi, usavano bastoni lavorati detti "vetti" o "mazzoccole". (R.B.)

Redazione Consiglio Informa

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