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(RegioneInforma) "LE FORME DEL TEMPO"
11 febbraio 2005
(ACR) - "Le forme del tempo" è il titolo scelto per una mostra dedicata agli artigiani che lavorano in Basilicata e producono quei manufatti, vere opere d'arte che rappresenteranno un domani i prodotti visibili del nostro tempo, la nostra storia delle cose e delle idee. La seconda edizione di Palazzo Arte, appuntamento biennale voluto dall'Amministrazione comunale di Palazzo S. Gervasio, ha avuto per tema: "L'artigianato artistico". I motivi che hanno spinto a scegliere questo tema, sono stati sicuramente il voler costruire una delle poche occasioni in Basilicata, forse l'unica, in cui vengono coinvolti artigiani provenienti dall'intera Regione, l'orgoglio di un piccolo Comune che vuole diventare il riferimento per l'artigianato artistico in Basilicata e che vuole porsi l'obiettivo di svolgere un ruolo primario nella riscoperta, nella promozione e nella diffusione di una cultura non lontana dal poter rappresentare un interessante momento imprenditoriale per il Mezzogiorno d'Italia. La presenza di molti giovani, tra gli artigiani ospiti della rassegna, è stata una gradita sorpresa. Dalla lettura del libro emerge che la Basilicata ha una straordinaria tradizione artigiana nella quale è confluito un intero patrimonio di cultura generato dai tanti popoli che in questa regione hanno vissuto. Infatti, l'abbondanza di materie prime come il legname, la sabbia, le pietre, l'acqua, hanno favorito non poco la produzione costante di manufatti di ogni genere. Dopo due secoli di insistenza sulle qualità dell'opera d'arte si registra una rinnovata attenzione verso il prodotto artigianale che, da quel momento, verrà sempre più assimilato a un artigianato "artistico". Purtroppo, i maestri artigiani, a lungo confinati nell'indifferenza, appartengono a una generazione che va ormai scomparendo, con i suoi segreti legati al fare e al sapere. E' un lavoro, questo, che si propone di ripercorrere le tappe della nascita dell'artigianato in Basilicata. Le prime notizie sull'artigianato antico in Basilicata risalgono all'Età del Ferro (XI-VIII secolo a.C.). Due sono le principali attività produttive testimoniate dai rinvenimenti archeologici, la prima si riferisce alle produzioni ceramiche, la seconda si riferisce alle produzioni metallurgiche, relative soprattutto al bronzo. La documentazione comprende esemplari delle due principali classi di produzione, quella locale, Enotria, che esprime prodotti di grande raffinatezza come quelli del Vallo di Lucania, esportati fin in Etruria, e la ceramica "iapigia", prodotta nella Puglia centro-meridionale, diffusa nel materano e nel melfese. Per quanto concerne i manufatti in metallo, si producevano comuni utensili da lavoro (asce, scalpelli, rasoi) e armi in ferro e bronzo, con la tecnica della fusione e della martellatura a caldo. Le sepolture maschili presentano, infatti, armi riccamente decorate, come le spade e i pugnali da Tursi. Da quelle femminili provengono, invece, ricche parures con fibule di varia foggia, collane, catenine, bracciali a spirale, orecchini, cinture, acconciature per capelli in tubuli spiraliformi, diademi, applicazioni bronzee sui vestiti e, infine, lo "xilofono", forse un primitivo strumento musicale. Per quanto riguarda l'artigianato antico, un radicale mutamento nella società e nella cultura e, di conseguenza, nella produzione artigianale si ha, da un lato, in seguito all'installazione di colonie greche sulle coste dell'Italia meridionale, nel nostro caso su quella ionica, con la fondazione di Siris e poi di Metaponto, nel VII secolo a.C. e dall'altro, con l'intensificarsi del rapporto commerciale con il mondo etrusco ed etrusco-campano. E' da Metaponto che provengono le testimonianze maggiori. E' lì, infatti, che si realizza uno straordinario programma di edilizia monumentale, segno questo, di notevole prosperità economica, di grande sviluppo architettonico. Alle carpenterie e alla produzione di terrecotte di rivestimento dei templi segue la realizzazione di "anathemata", con le grandi sculture in pietra, (prima fra tutte il "kouros" da Metaponto, conservato presso il Museo Provinciale di Potenza, al quale si attribuisce un probabile uso funerario), e la coroplastica, con statue di grandi dimensioni, (la "kore" da Metaponto). Tra le produzioni ceramiche spicca quella a "figure nere", con le figure dipinte prima della cottura con vernice nera sulla superficie del vaso; importante anche le ceramiche geometriche realizzate al tornio. Fondamentale è stato il rinvenimento anche dei luoghi di produzione, sia a Policoro, nell'area centrale della città, sia a Metaponto, ai margini dell'area sacra urbana. Laddove sono stati identificati i quartieri del "Ceramico" è stato possibile, quindi, ricostruire le antiche fornaci, a pianta circolare con un anello di argilla nella parte inferiore e copertura in tegole con foro-sfiatatoio centrale, con al loro interno piani di cottura forati per l'inserimento dei vasi, che erano separati fra loro da piccoli distanziatori in argilla. Una delle produzioni più peculiari del mondo indigeno è quella delle ceramiche geometriche realizzate al tornio. Si ipotizza che la produzione delle ceramiche sia stata demandata alle donne, insieme con altre attività come l'artigianato tessile, testimoniato da pesi da telaio in argilla, che permettono di ricostruire un telaio di tipo verticale. Infatti, in due tombe femminili di Alianello, risalenti al VII secolo, sono state trovate delle tessere circolari e triangolari in argilla specifiche dei piccoli telai a mano usati per realizzare fasce e cinture decorate da motivi geometrici e figurati. Altra attività, collegata al lavoro femminile, è stata la realizzazione di contenitori in vimini. Nei successivi periodi, tardo-classico ed ellenistico, avviene un fenomeno fondamentale nell'artigianato, vale a dire la standardizzazione delle produzioni e la fine dell'auto produzione. Scompare così la ceramica geometrica e nascono quelle seriali, la cosiddetta ceramica argentata realizzata per le classi meno abbienti. La standardizzazione delle produzioni porta, verso la fine del V secolo, alla nascita di vere e proprie botteghe con un artista e i suoi lavoranti che producono vasi facilmente riconoscibili. Ultimo importante fenomeno per le produzioni artigianali del periodo ellenistico sono le oreficerie, incentrate, soprattutto, sulla produzione tarantina con consistenti esportazioni in tutta l'Italia meridionale. Anche qui, come nel caso della ceramica argentata, per rispondere alla domanda delle classi più "basse" si assiste al fenomeno di produzioni di imitazione in altro materiale, come le terrecotte dorate. Con la conquista della Magna Grecia da parte di Roma, la produzione orafa subisce un netto tracollo; solo due ripostigli di Policoro attestano le oreficerie ancora nel I secolo a. C., con molti gioielli di sicura produzione orientale. Per quanto riguarda la produzione artigianale oggi in Basilicata il settore della ceramica è uno di quelli che dimostra una maggiore dinamica trasformativa, caratterizzata dalla tendenza a riprendere le forme e le tecniche tradizionali, con l'obiettivo di rispondere a nuove esigenze di mercato rispetto a quelle prevalenti nel passato. Stesse considerazioni valgono per la lavorazione del ferro battuto, che ha in Basilicata ampia diffusione grazie ad artigiani come Carmine Claps di Avigliano o Gennaro Rondinella di Episcopia e ancora Donato Sanza e Felice Mangariello di Stigliano. Più legate a una forma del passato e a una richiesta strettamente locale sono le attività di intreccio e della lavorazione del legno, espressioni tipiche della cultura agropastorale lucana, che producono canestri e contenitori vari per far asciugare la pasta fatta in casa o per realizzare, con la tecnica dell'intaglio, oggetti e strumenti di uso quotidiano, come bastoni, cucchiai e forchettoni. Accanto agli intagliatori, nell'ambito della lavorazione del legno, va considerata anche l'attività di costruttori di botti, quale Canio Genovese di Avigliano. In continua diminuzione è la lavorazione del rame, che ha in Rivello il centro di maggiore produzione, mentre quasi scomparsa, con qualche eccezione è l'artigianato della pelle e del cuoio nel quale si distinse per tutto l'800 il paese di Montemurro. Altra produzione, un tempo rinomata e oggi in fase di graduale esaurimento, è quella dei coltelli, tra cui famosi erano quelli di Avigliano. Così come ormai rari sono i costruttori di "cinti" votivi e del tutto scomparsi i fabbricanti di arpa a Viggiano e i liutai a Montalbano Ionico. Attualmente la produzione di strumenti musicali è limitata, nell'area del Pollino, a zampogne, ciaramelle e "surduline". Diffusa è poi la produzione domestica di tessuti, ricami e merletti destinati a usi personali e familiari. A San Paolo e Latronico è ancora florida la lavorazione della pietra di fiume per fabbricare mortai e realizzare camini e portali. Infine, è consistente la ripresa della lavorazione di oro e argento che, grazie alla tradizione degli argentieri materani e degli orafi aviglianesi, oggi offre interessanti produzioni di artigiani attenti alle forme peculiari dell'oreficeria e dell'argenteria lucana. Per quanto riguarda gli strumenti artigianali della tradizione musicale lucana alcuni, ad esempio l'organetto, sono prodotti industriali che sono importati, altri vengono prodotti localmente, i quali sono condizionati, però, dalle risorse ambientali quali i legni, le pelli, le canne, i metalli. In Basilicata gli strumenti più utilizzati, con forme e particolarità tipiche di alcune zone della regione, sono la "zampogna", (quella di piccole dimensioni denominata "surdulina", la zampogna "a paro" e quella del cosiddetto modello campano-lucano-calabrese), il "tamburo" a frizione detto "cupa-cupa" il "tamburello" e alcuni modelli di "zufolo". Si è voluto, in effetti, con questo libro, tracciare un quadro, sebbene sintetico, sullo stato dell'artigianato in Basilicata. (A.C.)