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(RegioneInforma) "QUANTA SIGRÈT NZIRR…"
15 febbraio 2005
(ACR) - Gli scritti di Biagio Barone Forlano, poeta e letterato tra i più apprezzati della poesia dialettale lucana, non sono una pura e semplice raccolta di versi ed espressioni poetiche. Tra rime, endecasillabi, quartine e strutture tipiche del sonetto classico, l'autore riesce a sintetizzare il proprio sentire quotidiano. Nei versi incalzanti delle poesie si avvertono il fluire costante e irrefrenabile della vita del borgo paesano, le voci degli abitanti, i modi di dire e di esprimersi della comunità contadina. In primo piano, nella poetica di Barone Forlano, si ritrovano gli antichi detti e le usanze, i vecchi costumi e le tradizioni di un tempo, che riportano alla nostra memoria un mondo ormai quasi in via di estinzione. C'è, poi, l'idioma locale, quella forma di linguaggio arcaico che ancora sopravvive a Rapolla, grazie alla presenza di una cultura estremamente conservativa delle tradizioni. Il piccolo centro dell'area del Vulture, ad un tiro di schioppo da Melfi, trova nella sua lingua originaria la propria dimensione umana, civile e culturale. L'identità dei personaggi, i protagonisti ai quali Barone Forlano permette di esprimersi è, innanzitutto, un'identità linguistica, espressione immediata di una cultura. In questi componimenti, dunque, oltre al processo di recupero e valorizzazione delle espressioni popolari, delle inflessioni dialettali più frequenti nella parlata dei rapollesi c'è, da parte dell'autore, la volontà di accostare l'antico con il moderno. Come ha evidenziato Mario Martone, presentando l'opera, "È frequente l'uso della pregnante espressione popolare, forse già dissolta per molti nelle nebbie del tempo, ripresa con autorevolezza a significare, compiutamente nella pienezza della sua recuperata accezione; c'è il termine nuovo, moderno, dialettizzato, pronto ad esprimere, con incisività e precisione, un'azione, un sentimento, una scena". Il tono del poeta è sempre sarcastico, beffardo o da canzonatura bonaria, tanto che nella prima poesia "Uerra, war, guerre, guerra", oltre all'alternarsi di termini attuali e dialettali, c'è una vera e propria parodia a due personaggi "storici" e "popolari": ai "duie zimaracchie, Saddam e Bush". Come nel più classico degli sfottò e mescolanza dei generi, il linguaggio si carica di significanti e significati. Il verso diventa testimone, allo stesso tempo, riflesso del pensiero (filosoficamente si tratta del vivere/ sopravvivere giorno dopo giorno) e del sentire profondo del poeta. Una lingua che dà voce ad un'intera comunità e che si concretizza in azioni e caratteri precisi, estremamente realistici ed attuali. E, poi, ancora una parlata in grado di stilizzare, nell'immaginario collettivo, persone e situazioni di Rapolla ma che, tuttavia, potrebbero appartenere a qualunque altra società. Nelle sue poesie, Barone Forlano, trasmette con particolare forza espressiva la sua visione culturale e linguistica tratteggiando, con toni a volte particolarmente umoristici e sgargianti, gli individui del suo paese natio. Ogni attività della vita comune diviene lo spunto per fare poesia e per far "parlare", uno per uno oppure coralmente, i personaggi caratteristici della sua cittadina. Nelle varie poesie, volta per volta, ci si imbatte nella parlantina dell'adulatrice, dello sboccato, del preveggente, degli eredi, del presuntuoso, del conservatore, dell'irresponsabile, degli intriganti, della malalingua, del consumatore, delle comari, dell'emigrante, dell'anoressico oppure in quella del mal-pensante, dell'anarchico, del barbiere… Una moltitudine di individui, gruppi sociali e vere e proprie "macchiette" da opera tragi-comica sono i custodi, senza tempo e senza "peli sulla lingua", di una società storica che si evolve in armonia con il mutare storico-linguistico e dei modi di fare. Per questo, il testo edito con il patrocinio del Comune di Rapolla, assume una grande valenza, sia in termini morali, storici nonché di costume. Valori e dimensioni che non si sminuiscono, anzi acquistano maggiore enfasi, con una poesia dal verso e dal linguaggio impreciso, volutamente distorto e sgrammaticato. Ciò viene ribadito, ancora una volta da Martone, il quale, afferma che "la scelta del verso come espressione del pensiero è anche immediata estrinsecazione di un sentire profondo, di un bisogno dell'intimo che, in poesia, si esprime perché di poesia si alimenta e vive". Indirettamente, il testo di Biagio Barone Forlano vuole insistere sul potere comunicativo di una lingua che non dipende dal mezzo utilizzato, dalla "modernità" o dalla precisione linguistica ma, dal sentimento e dai contenuti che essa vuole esprimere. (L.L)