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(RegioneInforma) "IL MISTERIOSO INTERMEDIARIO"
15 febbraio 2005
(ACR) - Il libro, dal titolo il misterioso intermediario, scritto da Giovanni Fasanella e Giuseppe Rocca, riprende il caso di Aldo Moro, concentrando, però, l'attenzione su un misterioso intermediario, Igor' Markevic, un direttore d'orchestra di origine russa. Il libro ha una struttura reiterante ponendo, infatti, le stesse domande ed ha come tema la biografia del misterioso Maestro, Igor' Markevic. "Perché proprio lì in Via Caetani? Perché le Brigate rosse abbandonarono la Renault con il corpo di Aldo Moro in pieno centro di Roma, nel punto più presidiato di una città in stadio di assedio?" Domande alle quali ancora oggi non si è in grado di dare una risposta. La mattina del 9 maggio 1978 radio e televisione annunciavano " Moro è stato trovato Giusto a metà strada fra le direzioni del Pci e della Dc, con quel cadavere le Brigate rosse avevano voluto inserire un cuneo simbolico tra i due partiti." "Quella interpretazione divenne ben presto la verità ufficiale una verità tanto convincente", si legge nel libro, "da resistere per oltre venti anni". L'obiettivo dei brigatisti era proprio quello di spezzare il dialogo tra Democrazia Cristiana ed il Partito Comunisti italiani. Oggi si sa, infatti, che gran parte della vicenda Moro si svolse proprio attorno a quella via. L'autopsia e i risultati delle perizie scientifiche stabilirono che il presidente democristiano era stato ucciso praticamente sul posto, e che la sua ultima prigione era a non più di cinquanta metri. Il Sismi, quando Moro era ancora vivo, ne cercava la prigione proprio nei dintorni di Palazzo Caetani. Ed era arrivato lì seguendo un nome, quello, insospettabile e famoso, del direttore d'orchestra Igor Markevic. Ma il servizio segreto non si era spinto oltre, e per 20 anni, di quelle indagini non si è saputo più nulla. E' nel 1999 che il nome del Maestro di origine russa fu collegato pubblicamente per la prima volta al caso Moro e si disse addirittura che fosse lui il "Grande vecchio" delle Brigate rosse, l'inquisitore che aveva interrogato l'ostaggio dentro la prigione del popolo. Ma, l'ipotesi si rivelò ben presto poco credibile. Infatti, il Senatore Pellegrino, allora presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle stragi e sul terrorismo, nel libro-intervista "Segreto di Stato", pubblicato l'anno dopo, attribuì al direttore d'orchestra un ruolo diverso: quello del "misterioso intermediario", entrato in scena nella fase più critica del sequestro, "quando- viene riportato nel testo- le rivelazioni di Moro fatte ai suoi carcerieri trasformarono improvvisamente il caso in un esplosivo affare internazionale". Nessuno aveva pensato alla possibilità che, sottoposto a interrogatorio, Moro potesse parlare; era inconcepibile che un leader della sua statura, più volte ministro e presidente del Consiglio e per di più tra i fondatori di "Gladio", la rete clandestina in funzione anticomunista, si mettesse a rilevare i segreti di Stato a dei terroristi che agivano per il Kgb. E invece, Moro parlò, e non rilevò solo il malgoverno della Dc, ma anche molti retroscena della strategia della tensione. Infatti, l'ostaggio non aveva parlato solo della corruzione italiana ma anche dei piani militari della Nato e, soprattutto, del più sensibile dei segreti atlantici: l'esistenza della rete Stay-behind e della sua filiazione italiana, Gladio. "Un segreto che- secondo quanto ci informa il libro- andava difeso a ogni costo". Secondo Pellegrino, "il misterioso intermediario era riuscito a disinnescare gli effetti delle rivelazioni e a portare Moro ad un passo dalla salvezza. Ma il colpo di coda di qualcuno aveva capovolto l'esistenza di una trattativa laboriosa, nella quale erano stati coinvolti i servizi segreti di mezzo mondo". Ipotesi, questa, che ha ricevuto autorevoli avalli. Francesco Cossiga, ministro dell'Interno all'epoca del sequestro, in una pubblica dichiarazione, giudicò complessivamente "limpida e onesta" la ricostruzione di Pellegrino. Anche Paolo Emilio Taviani, custode di molti misteri italiani e fondatori di Gladio (con Enrico Mattei e lo stesso Moro) in una lunga conversazione, con il presidente della Commissione stragi nella sua casa romana, sottolineò che lo scenario delineato era "preciso, credibile ed equilibrato". Persino l'ammiraglio Fulvio Martini, per molti anni direttore del Sismi , volle parlare con Pellegrini. L'ipotesi, avanzata da Pellegrino sul ruolo di mediatore svolto da Markevic nel caso Moro risulta plausibile ma apre a sua volta mille nuovi interrogativi. Perché affidare un compito così delicato a un musicista e non, per esempio a un diplomatico o a un uomo di intelligence? Chi gli commissionò quella operazione? Perché seguendo Markevic si arriva a Palazzo Caetani, proprio nel luogo dove si è consumato l'ultimo atto di quella tragedia? Quali segreti nasconde la biografia di Igor' Markevic? "E' nato proprio da queste domande -scrivono gli autori- l'idea di un libro su di lui". "Non è stato un lavoro facile- scrivono ancora Fasanella e Rocca- è capitato molto spesso di trovare bocche chiuse, strane smemoratezze o inspiegabili imbarazzi. Specialmente a Firenze si è avuta l'impressione che, su questo argomento, ci sia ancora qualcosa di indicibile nella memoria della città". A queste reticenze, invece ha supplito la generosità di Oleg Caetani, figlio di Igor' Markevic, direttore d'orchestra come suo padre. Anche se non ha mai condiviso le ricostruzioni della Commissione stragi sul caso Moro e, restando convinto della totale estraneità del padre a quella vicenda, ha mostrato una grande onestà intellettuale ed ha prestato un aiuto determinante. E' stato solo grazie alla sua disponibilità che gli autori hanno potuto illuminare molti spetti della vita privata e artistica di Markevic. Igor' è un artista multiforme e, di conseguenza, anche il libro per adeguarsi al protagonista muta più volte aspetto. Capita, così, che da racconto di una vita diventi ritratto di gruppo. Ripercorrendo la vita di Markevic, gli autori delineano anche altre tematiche e situazioni non strettamente connesse alla vicenda Moro. La narrazione oscilla, come sottolineano gli autori, "dalla questione sugli emigrati russi in Svizzera, costretti a vivere col passaporto Nansen degli apolidi ma, nonostante tutto, molto attaccati alla patria perduta ai salotti parigini degli anni trenta, pieni di diplomatici e spie, regine della mondanità e regine vere, grandi massoni e grandi banchieri, politici potenti e più potenti faccendieri". C'è, poi, "la Firenze occupata dai nazisti e piena di partigiani e agenti segreti anglo-americani e sovietici, incaricati di agire dietro le linee nemiche, la Roma del dopoguerra, con il suo cuore pulsante proprio a Palazzo Caetani, e quella violenta degli anni Settanta…" Leggendo il libro e immergendosi in questi paesaggi si crede, a tratti, di perdere di vista il protagonista. Gli autori, invece, lo stanno cercando dentro quei sistemi di rapporti o attraverso i grandi personaggi dietro i quali si nasconde. Markevic, nella sua vita, ha avuto numerose relazioni internazionali, infatti, nel pieno della sua carriera artistica e per tutti gli anni cinquanta e sessanta, è al centro di una vasta rete di relazioni internazionali con Stati Uniti, Unione Sovietica, Israele, Cuba, Germania, Francia, Inghilterra e Spagna. Al culmine della sua fama, la sorte si accanisce contro di lui: una grave patologia lo colpisce nel punto più prezioso per un musicista, l'udito. Sul finire degli anni Settanta, però, quando ormai la sordità sembra averlo tagliato fuori dai grandi circuiti, all'improvviso e del tutto inaspettatamente, gli si presenta la possibilità di realizzare il suo "capolavoro" segreto. A offrirgli questa occasione, è una chiamata che gli giunge da Palazzo Caetani. Questo libro, da biografia qual è si trasforma, ancora una volta, negli ultimi capitoli in una sorta di indagine, interessata a capire come è nato, come si è sviluppato e perché si è concluso tragicamente quello che è stato il tentativo di salvare un uomo ed impedire una crisi internazionale. Per vent'anni, qualunque tentativo di far luce su questo rapporto è stato bloccato, in un modo o nell'altro. Palazzo Caetani e i suoi immediati dintorni furono, per lungo tempo, una zona off-limits. Gli autori, nell'epilogo, non possono far a meno di porsi, ancora una volta, una domanda che è un invito alla riflessione: "se dopo oltre vent'anni, la Commissione stragi avesse finalmente avuto la possibilità di varcare quella soglia, quale verità avrebbe potuto scoprire?" (A.C.)