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(RegioneInforma) LE PECORE SI CONTANO ANCHE PER FARE SOLDI
15 febbraio 2005
(ACR) - Partecipando alle fiere di prodotti caseari ci si trova di fronte a un settore altamente sviluppato e con personale specializzato. Così ci si imbatte in aziende che per migliorare la produttività delle proprie mucche ogni giorno gli fanno la doccia. Ma nel marasma di prodotti vaccini in un angolino si affacciano gli stand di aziende che hanno deciso di continuare l'allevamento delle pecore o delle capre. Certo adesso la pastorizia non si identifica più nel prototipo del pastore che indossato il manto fatto dal vello del montone e munito di buon frustino di legno porta il bestiame al pascolo. Se il bestiame va in pascolo ci va in camion e se mangia l'erba questa solitamente non è erba spontanea ma erba coltivata a posto per loro. Questa industrializzazione del settore ha migliorato le condizione di vita dei pochi pastori che esistono ma ha pagato lo scotto di avere formaggi un po' meno buoni perché le pecore non mangiano più una gran varietà di erbe che influiscono sul sapore del latte. Ma perché è accaduto questo impoverimento delle forze della pastorizia in Lucania? La superficie destinata al pascolo sin dall'età moderna è andata sempre più diminuendo poiché i tanti terreni di alta collina venivano dissodati per far posto alla coltura del frumento cosi da privilegiare tecniche agricole che anche se di scarsa resa sono di più basso costo sia in termini di capitale impiegato che di manodopera utilizzata. A ciò si accompagnava la diminuzione di manodopera conseguente all'esodo dalle campagne di tutte la manodopera giovanile la quale emigrava pur di evitare la fatica ed il dolore di una vita condotta o sui campi o sui solitari tratturi della transumanza. La frammentazione dell'antico latifondo, prima, l'abbandono delle campagne e la meccanizzazione delle operazione di mungitura, dopo, contribuirono a far crollare le antiche usanze legate alla transumanza. Ma furono soprattutto gli eventi storici a dare il colpo più duro. Verso la fine dell'ottocento il disfacimento della grande proprietà feudale ed ecclesiastica e la liquidazione degli usi civici sulle terre private favorirono l'individualismo agrario che sfociò nel cosiddetto "minifondo". Ciò permise la nascita di piccole aziende agro-zootecniche che a causa delle loro dimensioni operavano per il solo obiettivo dell'autosufficienza alimentare. Successivamente nello stesso senso opereranno la Riforma agraria e la politica di assegnazione delle terre incolte ai contadini, sottraendo preziose risorse territoriali ai pastori e, di fatto, impedendo loro l'esercizio del pascolo. La conseguenza sul piano sociale è stata che un gran numero di famiglie sono rimaste bloccate su poderi di tre o quattro ettari (rispetto a una media europea di cento ettari) insufficienti alla creazione di aziende rivolte al mercato;si è avuta quindi una riduzione degli addetti, del valore della produzione e dei redditi conseguiti dagli operatori del settore. Solamente verso il 1976, con le leggi del 20 marzo e del 15 luglio, si è ricominciato a riscoprire e valorizzare le vie tratturali; in Basilicata una ricerca sulle mappe catastali tra il 1909 e il 1911 ha permesso il recupero di alcuni tratturi e bracci. Una maggiore conoscenza delle modalità di sfruttamento dell'allevamento e una nuova consapevolezza dell'organizzazione del lavoro all'interno delle "masserie delle pecore", rappresentano un indubbio contributo all'eliminazione di alcuni stereotipi che ancora oggi persistono intorno al mondo rurale, considerato, a torto, come una fase del nostro passato conchiusa nelle coordinate dell'arretratezza e del sottosviluppo. Si scopre invece che quella realtà è portatrice di modelli che nella società post-industriale sono di estrema attualità. L'articolato organigramma di una azienda agricola di oggi appare molto più vicino di quanto non s'immagini a quello di una masseria del passato. La capillare attribuzione delle competenze tra i pastori costituiva uno dei pilastri portanti della struttura organizzativa dell'allevamento. Inoltre in Basilicata la pastorizia ha consentito lo sviluppo degli scambi commerciali attraverso un sistema di tratturi che, oltre a consentire il passaggio delle greggi, ha permesso alla Lucania di uscire dall'isolamento a cui era destinata a seguito della natura morfologica del suo territorio. E' necessario riconoscere un ruolo importante alla transumanza poichè in esse affondano anche molte delle radici lucane che hanno ancora riflessi oggi; in alcuni paesi, quali Bella , lo spostamento stagionale delle greggi viene ancora effettuato, anche se con l'ausilio dei camion. Tale importanza viene riconosciuto anche a livello europeo dove, al fine di ripristinare i metodi di allevamento del bestiame allo stato brado, si stimola con finanziamenti le aziende a sviluppare il ritorno delle greggi al pascolo . Inoltre si stanno diffondendo anche a livello scolastico iniziative per far apprendere ai giovani delle superiori i metodi di mungitura, caseificazione e lavorazione del formaggio facendo riscoprire aspetti di una vita che, oltre ad affondare le radici nei ricordi dei propri nonni, potrebbe creare anche sbocchi occupazionali ed imprenditoriali. Non dobbiamo infatti dimenticare che la Basilicata è conosciuta a livello nazionale anche per l'ottima qualità dei formaggi e che tale posizione si è andata sempre più consolidando anche a livello internazionale con le varie partecipazioni alle fiere mondiali, grazie al contributo della Regione Basilica e della Comunità Europea. Tutte queste iniziative permetterebbero di riannodare quei sottili fili che legano il mondo della pastorizia alle antiche tradizioni e feste polari che denotano quasi tutti i paesi lucani. Negli ultimi anni si assiste alla riscoperta dei prodotti biologici, prodotti che hanno il vantaggio di utilizzare tecniche di produzione eco-compatibile, tra le quali figura anche la pastorizia intesa nel senso tradizionale. La rivalutazione della pastorizia inoltre potrebbe avere anche effetti favorevoli sulla micro ricettività turistica, sul presidio attivo delle aree montane, sulla creazione di servizi per il turismo naturalistico; il tutto nel pieno rispetto della natura che la transumanza può offrire. Infatti laddove si è mantenuta ancora detta pratica di allevamento , (vedi nei parchi di Abruzzo), essa si è dimostrata indispensabile all'interno dell'ecosistema montano. Un'attività che diventa anche una sorta di rievocazione storica e demoantropologica come quelle studiate proprio in Basilicata, da Ernesto De Martino, negli anni cinquanta. Un tempo in cui le greggi erano tanto numerosi che spesso, attraversando gli abitati dei paesi, erano in grado di occuparne interamente tutto il tratto di strada rotabile per oltre un chilometro; le masse in movimento erano composte da qualche migliaio di capi di bestiame, da qui il detto dei pastori: "di pecore mille o mica"che significa: o mille pecore o niente. Le pecore di un pastore dovevano essere almeno mille se egli voleva ricavare giusti guadagni dall'impresa. Il gregge procedeva lungo le vie erbose ad una andatura lenta, ritmica, data dal passo degli ovini (cioè ad una andatura a "mezza battuta", ovvero senza interruzioni o fermate in modo che durante il tragitto gli animali potessero mangiare giusto l'erba necessaria, mantenendo il pascolo anche per le greggi successive.) Alla spettacolarità di questa processione di uomini ed animali contribuiva il pastore che precedeva il gregge, pastore attorniato da possenti mastini dai collari in legno o cuoio, detti "chioppa" , cosparsi di chiodi sporgenti allo scopo difendere il collo del cane dalle fauci dei lupi. Di tutto ciò non rimane molto; oggi le greggi vengono spostate quasi sempre velocemente ed efficacemente con dei camion; possiamo solo cercare di conservare per noi, e per i nostri discendenti, le poche grotte ed i mozziconi di tratturi che ancora esistono, e ricordare che i lucani sono stati, un tempo, gli attori di uno spettacolo chiamato Transumanza. (R.B.)