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(RegioneInforma) LA VERIA STORIA DEL LACUS PENSILIS E DEL TERRITORIO CIRCOSTANTE
15 febbraio 2005
(ACR) - Federico II vi faceva pescare le anguille, di cui era ghiotto, in quel Lacus Pensilis nei pressi del suo castello, e in seguito, finchè ha mantenuto una sua diginitosa estensione, quello specchio lacustre ha caratterizzato l'intera zona in cui era incastonato. Il Lago Pesole, nei pressi del maniero federiciano, ha battezzato il piccolo paese adagiato sul declivio che pare discendere, come l'abito di una dama, dalle mura severe e squadrate del castello che Federico adoperava quando aveva voglia di cavalcare e cacciare nella immensa campagna che dominava quel territorio. È così che Castelagopesole e il suo circondario ha tramandato nei secoli la memoria di un imperatore e di un lago antico, risalente al periodo pleistocenico. Un lago che si estendeva nel sito dell'attuale Piano del Conte, un sito rurale a metà strada fra Filiano ed Avigliano, a oltre 700 metri sul livello del mare. Distese collinari a nord est e ripidi pendii a ovest incorniciamo oggi quella zona, e delimitavano il perimetro dello specchio lacustre che, fino al XVIII secolo doveva apparire come una specie di bosco fatato, sospeso sulla superficie di un lago. Una sorta di scenario paradisiaco e al contempo magico, sospeso sull'acqua. "Pensilis", per l'appunto, come il Lago è da sempre annoverato nelle cronache e battezzato dalla storia. Fra le carte conservate in un "Relazione sulle condizioni del Feudo di Lagopesole", che all'epoca si caratterizzava costituito da una serie di "difese con in mezo un dirupo castello" il Castellano del luogo parlava del territorio circostante, in particolare di Pian del Conte, la difesa più grande all'interno del Feudo. Qui, in questo territorio vi era una straordinaria ricchezza di boschi di cerri, querce, esche e selvaggi e, in una porzione glabra di alberi, la gente si dedicava alla semina e al pascolo. E, a mo' di gemma incastonata, si stagliava il Lago, sempre accuratamente descritto come "d'un prospetto tutto boscoso, foltamente pieno di canne, paglia, cespugli ed alberi di una non mediocre altezza. Solamente a pochi palmi intorno a quel bosco ed in due o tre luoghi dentro del mesedimo ov'è più diradato, comparisce l'acqua, onde a prima vista ad ognuno sembra un bosco e non un lago. Chi nol sa, giudica quel bosco inaccessibile e pericoloso, ma tanto vi sono in esso stridette che dall'un capo all'altro conducono; o sia chele radici di quell'alberi, e cespugli tra loro s'attaccano;o sia che i rami de' medesimi sott'acqua strettamente si dan mano; è certo che a fior d'acqua si ha un forte e continuo strato che,…a guisa d'un ponte rendono il camino facile, e sicuro. Bisogna dire che questo lago è un prodigioso prodotto della natura, onde più da lui, che da ogni altro, il feudo sortì il nome di Lagopesole, in latino Lacus pensilis…". Uno scorcio da fiaba celtica, in cui danzano gli elfi e la Dama del Lago, in cui gli alberi prendono vita , parlano agli uomini che di essi hanno rispetto e paura. Suggestivo il gioco di radici che paiono abbracciarsi e creare un percorso sull'acqua, di un lago che non sembra un lago, ma un bosco. All'epoca in cui la relazione venne redatta esso era alimentato dalle acque meteoriche cheprovenivano dei monti intorno e che confluivano in una sorgente sotterranea , detta Della Stella, che ancora esiste. All'epoca, e fino a metà degli anni '50 del Novecento, l'intero territorio rientrava nei possedimenti dei principi Doria Pamphili, che adattarono e modificarono sostanzialmente l'assetto floro faunistico dell'intero comprensorio, e quindi anche del lago. Essi infatti, dapprima ne stabilirono l'ampliamneto del bacino per asservirlo alle coltivazioni e allo sviluppo rurale , poi giunsero invece, agli inizi del '900 a prosciugarlo per realizzare un'opera di bonifica . L'area lacustre fu così svuotata mediante un canale di scarico lungo oltre 180 metri all'interno del torrente Bradanello e l'assetto della zona mutò del tutto. Agli inizi del Ventesimo secolo, negli anni '20 Filippo Doria Pamphili fece realizzare, nell'area bonificat, un vero e proprio villaggio zootecnico sperimentale e all'avanguardia, tramite un sistema di masserie ( già Federico II settecento anni prima aveva intuito il valore di tali insediamenti per lo sviluppo di un territorio) edificate secondo un sistema di architettura razionalistica e funzionale in cui si viveva e si svolgevano le attività di trasformazioni agricole e zootecniche. Una scuola, una chiesa, una stalla, erano gli spazi comuni in cui la comunità condivideva e indirizzava le attività di mezzadria. Ci fu , grazie all'opera di supervisione e progettazione dell'agronomo Luigi Croce, un fervore rurale notevolissimo, che portò ad esempio alla produzione di gustosi cacio cavalli e all'introduzione di nuove razze equine, dal cui incrocio nacque il cavallo avelignese. La Riforma Fondiaria del 1959, lo spopolamento delle campagne decretò il lento e inesorabile tramonto del villaggio sperimentale, di cui rimangono oggi le masserie. ( M.R.)