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(RegioneInforma) UNA VISITA NELLO STUDIO DEL PITTORE DI MARATEA ANGELO BRANDO

17 febbraio 2005

© 2013 - autunno.jpg

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(ACR) - Quando intorno alla prima metà degli anni venti Ferdinando Santoro, capo-redattore della rivista "La Basilicata nel Mondo", visitò lo studio del quarantottene pittore lucano Angelo Brando, rimase stupito dal "caratteristico disordine artistico" che vi regnava. Dall'alto della terrazza del suo studio, dalla "volta a cupola" con finestre a "bifore gotiche", si dominava "la macchia cupa delle colline di Capodimonte" che avevano i toni cangianti del verde dei boschi. Più lontano erano il Vesuvio, "nudo e scabro, bello e tremendo come un idolo", e le case poste ai suoi piedi, che si allungavano sino al mare. Lo sguardo poteva spaziare lungo tutto l'arco del Golfo di Napoli e sul mare color cobalto, solcato da barche sino a Posillipo. Sotto quel terrazzo l'animazione delle case di Napoli, "in un groviglio fantastico, dai mille toni e dalle mille voci" e, in alto, "spolverati di cenere dall'ala del tempo, la Certosa di San Martino e gli spalti del Forte di Sant'Elmo". L'ambientazione della "casa dell'artista", nella recenzione di Santoro, crea una sorta di premessa visiva per introdurre l'attività di Angelo Brando, "pittore personalissimo che dipinge come vede e come sente il mondo". Professore di disegno sin dal 1917, fu incaricato di riordinare la Galleria Regionale della Regia Accademia di Belle Arti di Napoli, ricevendone poi l'incarico di conservatore. Santoro coglie la costante attenzione del pittore marateota alla figura umana, che connota la vena intimistica della sua prima pittura, dal fare liberty tipico dei suoi contemporanei, per poi divenire un linguaggio pittorico più moderno e post-impressionista. Il redattore della rivista ne apprezza soprattutto le figure femminili, "mirabilmente vere" e dall'"umanità passionale", e l'espressione pittorica, tesa a raggiungere "senzazioni sempre nuove" per cogliere "il brivido, l'anima, il colore delle cose più che le cose stesse". La tecnica pittorica in lui trascende la pura e semplice impressione, sostanziandosi, per Santoro, in un "concettualismo complesso" che ne trasforma e ferma il "pensiero", impegnando sia "la coscienza elaborativa e la personalità dell'artista", sia "la riflessione dell'osservatore". La visione pittorica di Angelo Brando, fatta di tonalismi, chiaroscuri e rilievi, si estende dalle figure femminili ai paesaggi "che trascendono il puro e semplice macchiaiolismo". L'artista elabora così un "suo personale impressionismo", scrive con acume il capo-redattore de "La Basilicata nel Mondo". A conferma Santoro dedica un particolare commento all'opera "Fuoco spento", esposta alla Quadriennale di Torino nel 1908. In quella tela, raffigurante una vecchietta accanto ad un focolare dalla "grande cappa, tutto nero di fuliggine, con gli alari e l'arola, come se ne vedono nelle case antiche della nostra Basilicata", Brando aveva creato, nel riverbero di una luce fatua imprigionata nella cenere, una simbolica rappresentazione della vecchiaia. Si consumava in una casa lucana, forse nel paese dell'adolescenza di Angelo Brando, ultimo di otto figli nati da Giuseppe e Vincenza Zaccaro. Anche nel dipinto "Autunno" l'artista riprende una classica simbologia oraziana, contrapponendo ai romantici autunni "a base di foglie secche, di mulinelli, di vento (…) sotto i salici piangenti" una scena di "iniziazione alla vita", con un gruppo di donne che "lussuriosamente spremono nel cratere di un giovinetto il succo di grandi grappoli d'uva color d'ambra e di rubino". Un'opera questa presentata alla XXVI Esposizione della Promotrice Salvator Rosa, assieme al quadro "La violinista", acquistato dalla Casa Reale. In "Mattino d'estate", definito "un grande canto umano allietato dai frutti della terra e dalla bellezza femminile", nei soggetti campestri di Angelo Brando e "nei suoi cieli, nei suoi mari e nei suoi boschi", il redattore della rivista lucana ritrovava "il bel mare, il bel cielo, il bel verde del suo bel paese lucano, Maratea". In Basilicata è ambientata anche la grande tela "Mercato di paese", che ritrae in primo piano una scena del commercio di prodotti agricoli, tra gli abitanti di un paese attraversato da una strada, che ne separa punti di vendita. In secondo piano altri contadini espongono la loro merce ad un gruppo di acquirenti. Spicca la luminosità e la vivacità dei colori e il gusto polareggiante per le tradizioni della sua terra alle quali rinvia anche la tela raffigurante una "Contadina con brocca". Alla prima visita di Santoro nello studio dell'artista, ne seguì un'altra in compagnia del pittore Joseph Stella, già affermato in Europa e in America. L'artista nativo di Muro Lucano, ma residente a New York fu conquistato dalla schiettezza artistica di Angelo Brando e dalla sua arte "piena di vigore e di grazia, ardua negli scorci e negli abbozzi". Dopo avere visitato lo studio del suo conterraneo, scendendo giù per i quartieri di Napoli, Joseph Stella confidò con entusiasmo a Santoro: "Finalmente ho trovato a Napoli un pittore che non ha paura del colore (…) i colori di Brando sono vivi arditi ardenti squillanti (…) E la sua creazione è abbondante varia vitale originale. Anche il suo disegno è impeccabile e forte. E ha la pennellata fluida dei vecchi grandi maestri". (I.S.)

Redazione Consiglio Informa

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