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(RegioneInforma) SISTEMA DELLE DOTI E ALTRE ENTRATE DEL CONVENTO DI SANTA MARIA DELLA SCALA DI VENOS

24 febbraio 2005

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(ACR) - Nell'entrare in monastero la giovane che si apprestava a diventare novizia era preceduta dalla dote in denaro contante che la sua famiglia versava sui conti del convento che avrebbe dovuto accoglierla. Dopo la consacrazione e professione monastica poteva accadere tuttavia che la dote fosse costituita anziché da denaro contante da entrate annue e partite di censi. Le monache avevano la possibilità di gestire una parte di questi fondi, e qualora alcune disponessero di un vitalizio, potevano investire il denaro e usufruirne molto più di quanto potessero fare le madri o le sorelle fuori dal convento. Di norma questo denaro veniva utilizzato per iniziative di beneficenza e carità, per acquistare o ristrutturare la propria "cella" del convento, per committenze artistiche, nomine di confessori o di cappellani e piccoli investimenti . Dai documenti relativi all'ingresso delle monache, contenuti nella platea del monastero di Santa Maria della Scala di Venosa, si ricava che per la dote si pagavano «anticamente ducati centotrenta, e dopo alcuni anni fu accresciuta a ducati centoquaranta rispetto alle cittadine di Venosa, e le forestiere pagavano il doppio» . In molte località del Mezzogiorno, infatti, furono le università a incrementare la nascita delle comunità religiose femminili, offrendo un patrocinio pecuniario per la costruzione dei conventi e per le doti monastiche riservandosi però il diritto di selezionare l'accesso delle monache e chiedendo alle forestiere doti più alte , lo stesso avvenne a Venosa. In seguito il vescovo Perbenedetti stabilì che «pagasse ciascheduna di esse centocinquanta di dote, ed ogni altra, tanto Cittadina, quanto forastiera, che entrasse fuor di questo numero (non si capisce quale sia il numero stabilito di monache Professe e di Novizie da non superare) pagasse come sovranumirario, docati trecento di dote, e fin'a tanto facesse la professione dovesse ogn'una pagare docati vent'uno l'anno per l'alimentazione al Monisterio» . L'Inventario dei beni del monastero non risale all'anno della visita del vescovo Perbenedetti, ma è del 1686-87. Il documento che appartiene al Registro dei Conti redatto dal Canonico Domenico Spada, esattore del monastero, è contenuto nella platea e copre un lasso di tempo che va dall'inizio della sua amministrazione, ovvero il 15 agosto 1686 «ultimo anno dell'Abbadessato della Reverenda Madre Suor Teresa Ricciardi», fino al 14 agosto 1687 «primo anno dell'Abbadessato della Reverenda Madre Suor Barbara Vitagliano». Questo lunghissimo elenco di proprietà, prestiti e entrate varie comprende «Annui cenzi et Affitti di Case», con i quali vengono divisi per territorio, in base all'ubicazione delle parrocchie, tutti i benefattori e i debitori del monastero. La parrocchia più redditizia è quella di San Pietro, nella quale, tra gli affittuari, spicca un tale Domenico Bruno, che usufruisce di un forno e che paga per esso ben 42 ducati. Segue a questi il signor Biagio Lauridia, della parrocchia di San Martino, che paga 24 ducati, ma non viene specificato per cosa. Mentre tra i crediti estinti è segnalato quello di Fabrizio Trancheda, della parrocchia di San Pietro che risulta essere anche la più numerosa. Per quanto riguarda le vigne, è quella di Corigliano la più redditizia con 31 ducati, dei quali 7 pagati dal canonico Don Angelo Antonio d'Aniballo. Vanno inoltre aggiunti altri benefici che arrivano da altre fonti come il casale di Maschito, varie vigne appartenenti a famiglie nobili che le donano al monastero (mancano i documenti relativi all'atto di donazione) che ammontano, al 64,6% delle entrate, pari a 323 ducati. L'introito netto che se ne ricava è, secondo i calcoli dello Spada, di 500 ducati e 81,1/3 grane. Gli affitti e i censi delle vigne danno al monastero il 35,4% delle entrate sul totale e si deve aggiungere che «da altri conti d'esso Monasterio risulta che esso risquoteva ogni anno parecchie centinara di docati dall'affitto di una Massaria denominata: Lagnano». (C.G.)

Redazione Consiglio Informa

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