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(RegioneInforma) ASSISTENZA DOMICILIARE, UN ORIGINALE PERCORSO DI SOSTEGNO AGLI ANZIANI
02 marzo 2005
(ACR) - In Basilicata si è più longevi. È cosa risaputa. Ma a un maggior numero di anziani inevitabilmente corrisponde una superiore esigenza di assistenza e di cure. Si è avvertito, pertanto, il bisogno di rivedere i modelli sanitari già esistenti e al tempo stesso di individuarne altri. L'assistenza domiciliare integrata (Adi) è uno di questi. Alla Basilicata si riconosce il merito di garantire l'Adi al 3,5 per cento degli anziani bisognosi di cure. Il dato in sé dice poco. Ma se si pensa che la media nazionale italiana non rasenta neanche la metà di quel valore, allora si capisce l'entità della cosa. I dati Istat calcolano che il 17 per cento dell'intera popolazione lucana è anziana. Valore inferiore alla media nazionale (18,24), ma comunque superiore alle altre regioni meridionali (in Puglia e Campania si aggira intorno al 15,6 per cento). Altro dato degno di rilievo è la riduzione dei ricoveri avvenuta a Venosa nella misura del 40 per cento. L'Asl n.1 ha infatti realizzato un progetto pilota che fa dell'assistenza domiciliare il suo punto forte. È stato verificato che la gente bisognosa di cure a casa propria migliora più in fretta. Al contrario, per i pazienti più gravi il decorso è molto più lento e spesso i progressi non ci sono affatto. In entrambi i casi il metodo domiciliare si conferma più che valido: e per una superiore qualità assistenziale, e per una ottimizzazione delle risorse. Non a caso, come osserva il professore Roberto Bernabei, ordinario di geriatria all'Università Cattolica di Roma, in tal modo è possibile anche ridurre «i ricoveri impropri razionalizzando le risorse, consentendo all'anziano che non ha completato il suo ciclo di cura di farlo nel proprio domicilio». Da qui il calo del tasso di ospedalizzazione. A partire dal 1999, fino al 2001 il Ministero della Sanità ha erogato a favore del progetto venosino circa 857 mila euro afferenti al Piano Sanitario Nazionale 2003-2005. Dal 2002, invece, per l'assistenza domiciliare agli anziani l'Asl n.1 si è affidata unicamente alle risorse aziendali. Ciò nondimeno, si sono garantiti accessi medici e specialistici, prestazioni infermieristiche e terapie riabilitative. «La regione ha sviluppato un modello di assistenza che la rende all'avanguardia» - sostiene il professore Bernabei -. A conferma di ciò, se si raffrontano i dati appare chiaro che i risultati raggiunti in Basilicata (3,5 per cento di anziani assistiti a domicilio) eguagliano soltanto quelli conseguiti in alcune delle Asl operanti nelle regioni settentrionali più ricche. Di contro, la media nazionale si attesta all'1,6 per cento. Inoltre, nella Regione Basilicata, si registra tra il 2002 e il 2004 una spesa di assistenza socio-sanitaria agli over 65 pari a circa 10,6 milioni di euro. Tra l'altro, la riduzione del tasso di ospedalizzazione verificatasi all'Asl di Venosa risulta ancora più importante perché del tutto in sintonia con il clima di federalismo sanitario cui la Regione deve guardare. In questo senso, allora, l'esigenza di fornire una risposta di qualità ai bisogni dei cittadini ben si accorda con una maggiore razionalizzazione delle risorse disponibili. Del resto, in clima di trasferimento di competenze ai governi regionali, i maggiori benefici offerti ai cittadini (nei termini di una più alta attenzione ai loro bisogni) sono destinati a viaggiare insieme a una superiore responsabilizzazione economica che gli amministratori locali dovranno attuare ancora più di oggi. La possibilità di ottimizzare le risorse, soprattutto nel settore dell'assistenza ospedaliera, è stata anche oggetto di particolare attenzione quando si sono definiti i livelli essenziali di assistenza (LEA). L'accordo dell'8 agosto 2001 ha ridefinito infatti i livelli assistenziali, in seguito adottati e dettagliati con Dpcm del novembre dello stesso anno. Già la Finanziaria del 1999 affrontava la questione della riduzione della degenza ospedaliera a favore del day hospital. Dati forniti dalla Corte dei Conti, relativi al settore sanitario nel 2002, riferiscono che l'abuso ingiustificato di ricoveri ordinari, anziché in regime di day hospital, è costato qualcosa come 1 miliardo di euro. D'altro canto, è pur vero – come osserva il direttore generale del Policlinico Gemelli, Antonio Cicchetti – che dobbiamo stare «attenti a non giudicare la spesa ospedaliera nelle varie regioni esclusivamente dai risparmi veri o presunti e dai pareggi di bilancio: la sanità è un servizio e pertanto è necessario accertarsi in che modo è stato erogato». Del resto, è un dato oggettivo, non sempre l'ottimizzazione delle risorse procede di pari passo con la qualità dei servizi erogati; ma quando ciò avviene, come nel caso del contesto lucano, è da ritenersi un risultato ragguardevole da cui prendere spunto. In conclusione, dal momento che è nel settore sanitario che il processo di devoluzione farà le maggiori sperimentazioni in chiave federalista, a ragion veduta questo potrà essere definito il banco di prova della gestione locale delle risorse finanziarie. (k.s.)