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(RegioneInforma) PELAGIO COSTANZO, PITTORE E SCRIVANO, PROTAGONISTA DEL ROMANZO DI MANCUSI
04 marzo 2005
(ACR) - Una copertina che riprende il celebre affresco giottesco della "Rinunzia agli averi " da parte di Francesco d'Assisi, e poi l'accenno, sul retro del libro, alla nascita " di due bambini, che venuti alla luce entrambi il 26 di Settembre 1182 un giorno saranno principi , ameranno e saranno amati" potrebbe far pensare che questa nuova opera letteraria ( la seconda, dopo "Sotto un cielo piccolo") di Domenico Mancusi concentri la sua trama sul Santo poverello. Ma in realtà quella di Francesco è in questo libro una figura comprimaria, ritratta in una veste molto secolare. Vero protagonista del libro, ed anche io narrante, giacchè gli eventi sono raccontati in prima persona, è Pelagio Costanzo, venuto al mondo proprio lo stesso giorno in cui Monna Pica , moglie del ricco mercante Pietro di Bernardone dava alla luce il suo primogenito Giovanni. Che tutti, compreso suo padre chiamavano il "Francese", per via della patria materna, e che quindi ben presto diventa "Francesco". Figlio di Giletta, concupita da un nobile di passaggio, morto prima che potesse far ritorno ad Assisi e riconoscere il frutto del suo amore, Pelagio Costanzo viene di fatto lasciato alle amorevoli cure di un abate che lo avvia all'arte della miniatura, nella quale il giovane mostra doti eccelse. E poi l'amicizia con Francesco, questo giovane che durante l'evolvere della trama passa da nobile guerriero, amante dei piaceri e del lusso, sposo promesso, alla follia, all'abbandono del comodo tetto paterno in nome di una abbacinante forma di predicazione e di esistenza ritenuta disumana. Un padre ricco, ma non nobile, che aveva visto nel matrimonio di suo figlio maggiore con la nobile Martinarosa il passo per scalare una volta per tutte quell'odioso scalino sociale ed accedere alla nobiltà e alla politica attiva di Assisi, una madre comprensiva, dolce, ma sofferente per l'alone d'ombra in cui lei, donna, è costretta a vivere relegata, un fratello minore, Agnolo, effeminato e antipatico, chiudono il cerchio intorno alla figura di Francesco. Personaggi che l'agiografia ufficiale e la tradizione ha sempre delineato con tratti sommari, perché la luce massima fosse tutta per il santo, nel romanzo prendono la parola, vivono di vita propria, e incarnano il disagio di tutta un'epoca in cui Francesco poteva essere Cavaliere, e invece della fulgida armatura, forgiata per lui, indossa un misero saio, liso, e imbraccia un bastone. Nessuno ne comprende i motivi, se non una fulminante pazzia, tanto che lui, Pietro, ad un certo punto issa in piena piazza una tabella eloquente: "la nobiltà di un uomo non finisce perché comincia la scemenza del figlio". E lui Pelagio vive in parallelo la stessa sorte del caro amico Francesco. Il primo per un infausto destino, il secondo per una scelta cresciutagli in petto e alimentata da Dio, entrambi lasciano all'improvviso gli agi di cui erano circondati e precipitano in un' esistenza totalmente diversa. Pelagio inizia inspiegabilmente a miniare figure mostruose, che si animano e spaventano tutti, e la sua mano destra sarà punita per sempre. La sua bella casa, le tante donne all'improvviso non ci sono più, ed inizia una seconda vita, per il nostro Pelagio. Pietro di Bernardone gli commissiona una sorta di attività di spionaggio ai danni di quel figlio degenere, che potrebbe sprofondarlo ancora una volta nell'ignominia e Pelagio, suo debitore, accetta. Ma quella nuova vita che Francesco conduceva era impensabile per chiunque non fosse sorretto da quella stessa fede e dopo tre mesi Pelagio, sfinito e affamato dopo aver trascorso le notti ad attendere "sorella alba" e i giorni ad assistere poveri ed ammalati, compie l'amaro ritorno ad Assisi. E ancora una sorpresa attende Pelagio. Che, ancora una volta, muterà il corso del suo destino. Un finale dal vago gusto feuilleton, in cui una sorta di riconciliazione col mondo la opera il più ricercato dei sentimenti assicura al romanzo una lettura avvincente fino alla fine. Un trionfo medievale, uno spaccato di vita intriso nelle atmosfere, negli usi e nei pensieri del tempo, delineato con un linguaggio adatto alla materia, semplice ed immediato, in cui i personaggi parlano, si muovono, vivono rigorosamente calati nel loro tempo per un libro il cui protagonista viene ad un certo punto mandato a spiare "per conto del padre" un giovane all'epoca deriso, incompreso e allontanato, ma che suo malgrado, vicino o distante che fosse ha mutato la vita di tutti i protagonisti del romanzo e, tanto per non dimenticarlo mai, anche la storia della nostra Chiesa. Il romanzo di Domenico Mancusi" Per conto del padre", è edito da Pianeta Libro. (M.R.)