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(RegioneInforma) AD AVIGLIANO LA SEDE DELLA FONDAZIONE EMANUELE GIANTURCO
22 marzo 2005
(ACR) - La Regione Basilicata a seguito di una recente legge regionale (n. 15 del 2005) partecipa in qualità di socio fondatore, alla "Fondazione Emanuele Gianturco per gli studi giuridici, economici e socio-politici". La Fondazione, proposta dal Comune di Avigliano e dalla Pro Loco, annovera fra gli altri soci la Provincia di Potenza, la Camera di Commercio, l'Università degli studi di Basilicata e la Fondazione "Banco di Napoli". Si è inteso così creare un centro propulsore, in ambito non solo locale e regionale, ma nel più vasto panorama nazionale, per la diffusione dello studio e della ricerca nei settori del diritto, dell'economia, delle istituzioni pubbliche e delle formazioni sociali. Quale centro culturale la Fondazione si propone di organizzare convegni scientifici nazionali e internazionali con cadenza annuale e di finanziare l'attività di ricerca attraverso l'attivazione di borse di studio. Per il raggiungimento dei propri scopi l'istituzione, che ha sede nel comune di Avigliano, stipulerà accordi e convenzioni con diverse università, prima fra tutte con la "Federico II" di Napoli dove Gianturco insegnò diritto civile. Nato ad Avigliano il 20 marzo del 1857 da una modesta famiglia, Emanuele Gianturco fu educato dal fratello prete Giuseppe, che si trasferì a Napoli per provvedere all'educazione dei suoi fratelli minori. Emanuele giunse così nella capitale partenopea nel 1875, per iscriversi alla facoltà di Giurisprudenza e contemporaneamente frequentò anche il Conservatorio presso l'istituto di San Pietro a Maiella. Gianturco si formò in un periodo di grandi trasformazioni di studi e analisi delle questioni economiche e sociali del paese. Frequentò durante gli anni universitari le lezioni di Luigi Settembrini e di Francesco De Sanctis e sicuramente anche per lui Giustino Fortunato rappresentò un riferimento importante, così come per tanti altri giovani intellettuali provenienti dalle Province del sud. Fu legato inoltre al conterraneo Michele Torraca, direttore del giornale "La Libertà". Nel 1879 Gianturco conseguì nello stesso anno la laurea e il diploma di maestro di musica. L'anno successivo iniziò una intensa collaborazione alla rivista giuridica napoletana "Il Filangeri", dove pubblicò l'importante saggio "Gli studi di diritto civile e la quistione del metodo in Italia" che proponeva la costruzione di una scienza giuridica nazionale, collegandosi a problemi concerti d'insegnamento e di manualistica scolastica. A quel primo saggio seguirono "La Crestomazia di casi giuridici in uso accademico" e il primo volume delle "Istituzioni di diritto civile italiano". Al di là dell'elevato prestigio che Gianturco godeva nell'avvocatura, al cui esercizio fu iniziato prima nello studio di Nicola Alianelli e poi in quello dei fratelli Plastino, intensa fu soprattutto la sua attività didattica, dopo il conseguimento della libera docenza nel 1882 in diritto civile presso l'Università di Napoli e notevole fu il successo che egli ottenne fra gli allievi, che non abbandonò neanche quando, nel 1885, vinse i concorsi per le cattedre di diritto civile nelle Università di Perugia e Macerata. Ottenuta poi la cattedra come professore ordinario anche presso l'università partenopea, pubblicò, nel 1886, le "Istituzioni" su cui generazioni di studenti appresero le linee maestre del diritto privato. Le sue opere erano ispirate ad un'ampia visione dei problemi dell'istruzione e quando decise di presentarsi nelle elezioni del 5 maggio 1889, egli estendeva con consapevolezza quell'impegno anche allo studio delle questioni economiche e sociali che travagliavano il paese, come scrisse nella "Lettera agli elettori". A trentadue anni entrò a far parte del Parlamento Italiano eletto nel collegio di Acerenza, che gli confermò anche in seguito il mandato. Con lo stesso fervore con cui aveva intrapreso la carriera dell'insegnamento e quella fornese, Gianturco iniziò una brillante carriera politica. Sottosegretario di Stato per la grazia e giustizia nel 1893, fu poi Ministro della Pubblica Istruzione durante il governo Rudinì dal marzo 1896 al settembre 1897. In quello stesso mese fu nominato Guardasigilli, carica che ricoprì sino al 1897. Dopo le elezioni ebbe di nuovo quell'incarico dal giugno 1900 al febbraio 1901. Intensa fu in quegli anni la sua attività di legislatore. Come Ministro della Pubblica Istruzione preparò e fece approvare la riforma della scuola normale, che pose le basi per le successive modifiche della scuola primaria e provvide al riordinamento degli edifici universitari di Napoli. In qualità di Ministro della giustizia diede impulso agli studi per la riforma dei contratti agrari e del contratto di lavoro, preparò la riforma della procedura penale, dell'Istituto di Assistenza, stabilì la grazia condizionale e concepì un organico disegno di riforma giudiziaria. Rieletto nel 1904 nel Primo Collegio di Napoli, fu Ministro di Lavori Pubblici dal maggio 1906 al 7 novembre 1907, tre giorni prima della sua morte. Appena ricevuto quell'incarico dovette affrontare la questione della ricostituzione delle ferrovie sostendo la tesi, confermata in seguito, della statalizzazione. Si avviò così il programma di ricostruzione delle linee meridionali, di riordinamento amministrativo dell'azienda e di sistemazione del personale. La figura e l'opera di Emanuele Gianturco divenne un riferimento per i più autorevoli civilisti italiani, tra i quali Vincenzo Simoncelli e i fratelli Leonardo e Nicola Coviello, suoi conterranei. A lui guardarono anche quanti intrapresero la carriera della magistratura e dell'avvocatura e tra questi molti lucani. L'immagine di Gianturco, scolpita dall'artista Gaetano Chiaromonte, troneggia nel monumento a lui dedicato nell'omonima piazza di Avigliano dove ancora riecheggiano le sue parole rivolte agli elettori di Basilicata: "Ebbi umili natali, avversa la fortuna, e questa vinsi, quelli nobilitai con la sola perseverante virtù del lavoro. Il mio programma quindi è già scritto nella mia vita. Dovunque risplenda la luce di alti ideali, dovunque chiami la voce del dovere la sarà il mio posto". (I.S.)