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(RegioneInforma) IL FIORE DEL CARDO, IL RAMO D'ORO DELLA BASILICATA
22 marzo 2005
(ACR) - La festa di S. Giovanni era legata ad una usanza antica e molto sentita dalla comunità potentina: la sera della vigilia della festa le " vagnardedde" tornavano dalla campagna con il selvatico fiore del cardo; una volta a casa, tagliavano la corolla di petali, bruciacchiavano quello che rimaneva e, tenendo in mano il cardo, dicevano le preghiere di rito a S. Giovanni. Andavano, poi, ad infilare, in un buco di un muricciolo esterno al fresco e al buio, il fiore del cardo con la speranza di vederlo rifiorito al mattino perché questo sarebbe stato un segno di buon augurio: avrebbe significato matrimonio imminente e fertilità. R. Riviello, nel suo libro "Costumanze, Vita e Pregiudizi del Popolo Potentino", riferisce che la fioritura del cardo era possibile perché i petali, grazie all'azione del calore assorbito, potevano svilupparsi e colorarsi un pò durante il fresco della notte. Egli ci descrive anche l'ansia con cui, al mattino, le giovinette correvano a verificare se il cardo era rifiorito e la gioia nell'esibire il prodigio bene augurante in contrasto con l'invidia di chi, muta, già compiangeva la sua sorte di "zita" perché il cardo era rimasto intatto. Viene da chiedersi il perché di questa corrispondenza tra la vitalità-rinascita del cardo e la festa di S. Giovanni. La risposta forse si può rintracciare negli studi dell'antropologo J. G. Frazer che confluiscono nell'opera intitolata "Il Ramo d'Oro" in cui l'autore vede uno sviluppo lineare dei costumi umani dai riti magici dei selvaggi ai miti della civiltà greca e latina fino allo stesso folklore contemporaneo. Frazer sottolinea che molti popoli europei attribuiscono, alcuni al vischio, altri alla quercia o alla felce, delle proprietà simili che si manifestano nel giorno di Natale e nel giorno di S. Giovanni, cioè nel solstizio d'inverno e nel solstizio d'estate. Frazer individua nel flolklore ariano una forte valenza simbolica per il vischio, la pianta parassita che ha il potere di vivere della vita della quercia quando essa muore in inverno e di cederle la vita in primavera, quando ingiallendo, assume un aspetto dorato se illuminato dai raggi del sole. Nel folklore di molti popoli europei, il vischio ha un potere vitale, dispensatore di abbondanza, di rinascita e di continuità vita – morte. Presso altri popoli, questo stesso potere è preso dalla felce. In Boemia, in Russia, per esempio, si crede che in coincidenza con il solstizio d'estate, nel giorno di San Giovanni, chiunque abbia in mano il seme della felce, salendo su una montagna, scoprirà una vena d'oro o vedrà brillare i tesori della terra. Così, in Britannia e nel Tirolo. Quindi, da foriero di oro, quel ramo diventa "Ramo d'oro". Le due grandi giornate per raccogliere questo famoso seme sono San Giovanni (solstizio d'estate) e Natale (solstizio d'inverno). Il seme della felce sembrerebbe un'emanazione del fuoco del sole alle due grandi svolte del suo corso, cioè ai due solstizi. Questa opinione è confermata da un racconto tedesco in cui si dice che un cacciatore si sia procurato un seme di felce sparando al sole il giorno di San Giovanni, a mezzogiorno: caddero giù tre gocce di sangue che egli raccolse in un panno bianco; queste tre gocce di sangue erano il seme della felce. Quindi, il seme della felce deriva direttamente dal sangue del sole. Il vischio viene raccolto tanto a San Giovanni che a Natale; anche il vischio ha il potere di far scoprire l'oro e, quindi, se è raccolto al solstizio come il seme della felce, non è anch'esso una emanazione del fuoco solare? Presso gli antichi ariani i fuochi del solstizio e di altre cerimonie che costituivano degli incantesimi per far risplendere il sole, si ricavavano dallo strofinio o dalla combustione del legno di quercia. Può essere sembrato agli antichi ariani che il sole fosse periodicamente alimentato dal fuoco che risiede nella sacra quercia. Il fuoco del sole, dunque, era considerato una emanazione del vischio. In Gran Bretagna, la quercia fiorisce la notte di San Giovanni, ma i fiori appassiscono prima dell'alba. La vergine che vuole conoscere il suo destino di nozze stende di notte un panno bianco sotto l'albero che, la mattina, troverà pieno di polvere, residuo dei fiori. Se mette questa polvere sotto il suo cuscino, sogna il suo futuro sposo. Questo caduco fiore della quercia era probabilmente il vischio nel suo carattere di ramo d'oro, quando, cioè, ingialliva perché cedeva la sua vita alla quercia. Questa congettura è confermata, secondo Frazer, dall'osservazione che nel Galles un ramoscello di vischio viene colto alla vigilia di San Giovanni e messo sotto il cuscino poiché, si crede, che sia latore dei sogni profetici. In Lucania, lo stesso presagio delle vergini della Gran Bretagna, come abbiamo visto, la fanciulla può prenderlo dal fiore del cardo: il cardo è il ramo d'oro della nostra terra perché nel giorno del solstizio d'estate si carica delle stesse proprietà vitali del sole, come il vischio e la felce. (R.C.)