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(RegioneInforma) INFLUSSI ORIENTALI SUL MONASTERO DI SAN CHIRICO RAPARO

04 aprile 2005

© 2013 - abbazia_sant_angelo.gif

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(ACR) - Nella Vita di San Vitale da Castronuovo si legge che, provenendo dalla Calabria, il monaco italo greco si ritrovò a S. Chirico Rapàro, nei pressi della grotta dedicata al culto dell'Arcangelo; è questa la prima testimonianza della presenza di tale grotta per il culto presso la quale sorse la chiesa che ne ha inglobato l'ingresso. La fondazione del monastero fu, dunque, possibile grazie alla preesistenza della grotta e all'arrivo del monaco greco di Sicilia. Tale insediamento monastico, ubicato negli immediati dintorni del paese di S. Chirico Rapàro, fu fondato intorno al 984, sulla base di quanto si riesce a dedurre sempre da testimonianze tratte dalla "Vita" di San Vitale. L'abbazia sin dalla sua origine fu di rito bizantino, ma tra il 1291 e il 1308 passò all'ordine benedettino. Di essa abbiamo poche testimonianze; la maggior parte delle informazioni storiche sul monastero di S. Angelo sono reperibili, infatti solo attraverso documenti del XII secolo del monastero di Carbone. Per citare un solo esempio, su un documento del 1143/44 del monastero di Carbone si legge la firma dei monaci Giovanni e Nicola di S. Angelo e vi sono altre testimonianze di questo tipo che attestano uno stretto legame tra i due monasteri. Non è però solo attraverso i documenti che si può avere un'idea degli stretti rapporti che intercorrevano tra i due monasteri lucani; lo specchio di tale legame è rappresentato anche da un manoscritto attualmente conservato a Grottaferrata. Si tratta del codice A. B. VIII, un lezionario, cioè un libro liturgico contenente determinate "lectiones" da leggersi durane determinate funzioni, più esattamente le raccolte delle pericopi della Sacra Scrittura lette durante la messa al Vangelo o all'Epistola; esso è di piccolo formato ed oggi composto da 127 fogli. Sulla base della scrittura, il codice è databile al secolo XI e sul foglio 58 una mano latina ha scritto: "Iste est liber ecclesiae Angeli de Rapari". Al foglio 123, invece, una nota del XV secolo rimanda ad altri ambienti lucani, forse proprio al monastero di Carbone: in essa è ricordato S. Laverio di Grumento, dunque il manoscritto, una volta portato via dal monastero di S. Angelo (forse subito dopo il passaggio dell'abbazia all'obbedienza benedettina), rimase in ambiente lucano, probabilmente - è stato pensato – passò proprio al cenobio di Carbone. Il contenuto del manoscritto rivela poi, secondo S. Parenti, piccoli indizi della diffusione e l'affermazione a S. Chirico di un modello liturgico - innografico che interessava le aree di Campania, Lucania fino ai confini calabro - lucani; si possono, infatti, selezionare alcuni elementi comuni ad altri libri liturgici legati al movimento niliano. Dunque a S. Chirico vi erano influssi italo – greci nella liturgia alla quale, però, faceva da sfondo nella chiesa un'iconografia che è stata definita dalla critica importata direttamente dal mondo bizantino; per essa, infatti, sono stati offerti diversi confronti con edifici di area orientale, in particolare con alcuni edifici dell'isola di Creta. Ad esempio gli affreschi non pervenuti della conca dell'abside, ascrivibili alla prima redazione pittorica da collocare introno al secolo XI, raffigurano la comunione degli Apostoli. Questo tema iconografico è ben attestato in ambito orientale per la decorazione del cilindro absidale e come confronti sono stati menzionati elementi iconografici delle chiese di S. Sofia e di S. Michele di Kiev. D'altro canto è interessante ricordare che sul muro di sinistra prima dell'innesto dell'abside, sopra l'altare della protesi in cui venivano preparati i doni durante la liturgia eucaristica, è raffigurato S. Lorenzo, uno dei diaconi della chiesa che aveva il compito di assistere il sacerdote ed aiutarlo a distribuire l'eucarestia. La presenza del diacono in questa ubicazione è rispondente a quella canonica all'interno del programma iconografico della chiesa bizantina e rinvia alla liturgia italo – greca; numerosi sono infatti gli esempi dei diaconi ai lati dell'abside proprio nell'Italia Meridionale tra la fine del X e l'inizio del secolo XI. È significativo che anche questa figura sia da attribuire alla prima campagna decorativa della chiesa; le testimonianze iconografiche e liturgiche – librarie ci offrono, dunque, un'immagine di un monastero che nasce fondendo elementi puramente orientali ed elementi più strettamente italo–greci. (R. C.)

Redazione Consiglio Informa

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