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(RegioneInforma) GAETANO BRIGANTI E LA CATTEDRA AMBULANTE DI AGRICOLTURA (1897)
10 maggio 2005
(ACR) - Si deve a Gaetano Briganti il saggio su "Le condizioni agricole della Basilicata e l'opportunità di istituirvi una Cattedra Ambulante di Agricoltura", pubblicato su "L'eco dei campi e dei boschi" (Anno IV- 1897). Nativo di Grassano, insegnante presso la scuola agraria di Avellino, Briganti era stato allievo di Francesco Saverio Nitti, ordinario di economia statistica e legislazione agraria presso la Scuola Superiore di Agricoltura di Portici. Le Cattedre, già presenti in diverse realtà d'Italia, erano dirette da valenti agronomi a Rovigo, Bologna, Parma, Ferrara, Cremona (che aveva quale titolare l'agronomo Sansone di Laurenzana). Tali organismi erano attivi anche a Mantova, Novara, Forlì, Cuneo, Venezia e Avellino. "Con febbrile entusiasmo" se ne proponeva l'istituzione anche nelle Province di Piacenza, Aquila, Milano, Pavia, Treviso, Siena, Modena e Roma, ma le regioni che più ne reclamavano l'esistenza erano quelle meridionali, aggiungeva il professore di Grassano, evidenziando le cause di decadenza dell'agricoltura. Bastava seguire le variazioni delle coltivazioni e del paesaggio agricolo nelle campagne attraversate dalla ferrovia, tra Portici e Grassano, per rendersi conto come l'agricoltura, intensiva fin verso Battipaglia e Eboli, mutava poi di aspetto. Così le impressioni del giovane agronomo, in un viaggio ferroviario da Portici a Grassano, nel marzo del 1896: "Si coltivano i cereali a righe, abbastanza accuratamente, ma l'occhio non si appaga più in quella fertile pianura, dove, fra colture erbacee, spesso notansi estesi fondi incolti, sui quali placidamente pascolano branchi di bufali. Poco dopo, passando per tratti di terreno coltivati a vigna, rapidamente ci avviciniamo al tipo dell'agricoltura meridionale trascurata. Son terreni ciottolosi, in pendio, seminati a frumento, le cui piante rade e languenti fanno risaltare la sterilità di quella terra, e la forzata indolenza, l'imperizia dell'agricoltore. Le campagne sempre più si fanno deserte; non vedi che di rado qualche lavoratore, e più raramente ancora qualche casa colonica, mentre i paesi sono situati sulle cime degli alti colli, principalmente per difendersi dalla malaria. Più in là, per quanto si può spingere lo sguardo a destra e a sinistra, tutto incolto, più o meno boscoso sui monti, nella pianura non una vigna, non un'anima viva. La natura è uniforme nel suo misero stato, sotto il sole benefico, fecondatore! Le colline sono solcate da profondi burroni, dovute alle acque piovane mal regolate, conseguenza funesta di malaugurati disboscamenti. Negli impetuosi e frequenti acquazzoni, quanta fertilità si perde con la terra che le acque rubano superficialmente sul pendio, e che portano nei fiumi sottostanti, i quali, d'altra parte, scorrono sinistri e maligni per le adiacenti campagne. Non più le strade intersecano i campi e vengono a facilitare i trasporti, il commercio. L'operaio deve fare un lungo cammino per recarsi dal paese sul luogo del lavoro, né spesso può restar quivi la notte, senza mettere a rischio la propria salute. Questo stato di cose, tutt'altro che confortevole, accompagna il viaggiatore fino a Metaponto, dove la malaria infierisce nel suo massimo malefico effetto". Perdente era dunque in Basilicata l'agricoltura, poiché ricchi e latifondisti erano interessati soltanto alla rendita e non amando la terra, vivevano lontano dalla campagna, mentre proprietari e affittavoli seguivano un'agricoltura empirica, andando incontro fatalmente alla rovina. Peggio ancora erano le condizioni del colono sfruttato dal ricco possessore e la popolazione agricola si allontanava dalla terra, di anno in anno, andando ad ingrossare le file degli emigranti. Fra le cause della decadenza dell'agricoltura, comune alla maggior parte del territorio italiano, l'agronomo di Grassano individuava: la scarsezza del capitale investito in miglioramenti agrari, l'assenza di buone pratiche agricole adatte a gestire un'azienda, la mancanza di spirito di associazione tra gli agricoltori, gli affitti a brevissima durata (dai due ai tre anni), la mancata introduzione di nuove colture o di miglioramento di quelle esistenti, il crescente peso fiscale, derivante dal pagamento delle imposte, la mancanza di scambi commerciali, la fatale frequenza di avversità atmosferiche. Il miglioramento delle condizioni agricole della Basilicata comportava dunque un lavoro lungo e complesso, avendo quelle terre un clima abbastanza adatto ad una buona agricoltura e capaci di ogni miglioramento. Bisognava però, come affermava Ascanio Branca nella sua relazione sull'inchiesta agraria per la Basilicata e le Calabrie, che vi fosse una maggiore operosità degli agricoltori "per ricavare dalla terra un utile molto superiore (…) approfittando, solo con criterii economici rigidi ed oculati, della potenza magica del credito, e volgendo l'animo a studiare, senza prevenzione, tutte le antiche pratiche agricole, per introdurvi, senza entusiasmo, come senza esitazione, i perfezionamenti ritenuti utili". Al di là del rimboschimento delle alte cime dei monti, occorreva che si facesse attenzione "a regolare il cammino delle acque nelle campagne, a migliorare le qualità fisiche e chimiche del terreno, a modificare il comune avvicendamento del maggese, producendo maggior copia di foraggio in sussidio all'allevamento del bestiame, a coltivare con maggior cura la vite e l'ulivo, trasformandone più razionalmente i prodotti, tenersi pronti a combattere i parassiti e ad allontanare dal campo gli altri malanni che spesso affliggono le coltivazioni". A soccorso della buona volontà degli agricoltori era necessario che si provvedesse all'istruzione agraria popolare. Da qui la necessità di istituire in Basilicata Cattedre Ambulanti di Agricoltura, rivelatesi in altre parti del paese e all'estero "più efficaci delle scuole perché, mentre queste ultime attendono spesso invano gli allievi, i valorosi apostoli ambulanti del progresso agricolo vanno a cercare e raggiungere l'agricoltore nel suo podere, nella sua capanna", come ebbe a scrivere Ottavi nel 1896 su un numero del "Coltivatore". Lo scopo principale della Cattedra ambulante era quello "di polarizzare la scienza agronomica, e applicarla, tenendo conto delle condizioni agricole, economiche, sociali, della regione nella quale veniva istituita". Una funzione questa, resa efficace e completa nei campi dimostrativi, istituiti e diretti dalle Cattedre in diverse realtà provinciali, dove il coltivatore, innanzi a fatti di indiscutibile evidenza, poteva persuadersi "ad abbandonare le vecchie ed irrazionali pratiche agricole". Nell'approssimarsi di "una qualunque pratica agricola", la Cattedra Ambulante, con istruzioni, conferenze, consigli verbali e con l'esempio, era in grado di preparare l'agricoltore a seguire modifiche razionali, favorendo così "la diffusione delle buone pratiche agricole". La Cattedra Ambulante, con esposizioni di prodotti agrari, bestiame, attrezzi, con concorsi per avvicendamenti e miglioramenti di vario genere e con la costituzione di consorzi agrari e di sindacati, affermava Briganti, avrebbe cercato "continuamente d'incamminare l'agricoltura della regione per una via sempre più prosperosa". Sollecitava, pertanto, la Provincia di Basilicata a richiedere al Ministero dell'Agricoltura l'istituzione di una Cattedra Ambulante di Agricoltura , in aggiunta a quella di Viticoltura ed Enologia da molti anni esistente nel Vulture e a quella di Zootecnia e Caseificio, riconosciuta da qualche anno per la Provincia di Basilicata. (I. S.)