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(RegioneInforma) FRATE ANTONIO ROCCO DI CARBONE E LA RIFORMA POSTRIDENTINA

13 maggio 2005

© 2013 - convento_di_carbone.jpg

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(ACR) - Le nuove costituzioni dei monasteri italo-greci vennero approvate nel 1598 e costituirono il momento conclusivo dell'azione di riduzione e di riforma dei Basiliani occidentali intrapresa nel 1573 da Gregorio XIII. Vennero sanciti privilegi e venne riconosciuta antichità, dignità e autonomia alla famiglia basiliana da parte della Curia; ciò può essere interpretato come un tentativo di arginare la diffidenza e la scarsa stima frequenti tra gli esponenti della gerarchia cattolica nei confronti di un monachesimo reso inconsueto e arcaico in Occidente dalle sue caratteristiche orientali e ricordato per la decadenza dei suoi monasteri. L'azione di riforma decisa a Roma ebbe come obiettivo la riorganizzazione e rianimazione degli insediamenti ancora esistenti, anche se in situazioni del tutto precarie. A patire dalla metà del XV secolo e per tutto il XVI secolo, infatti, si cominciò a notare nei monasteri italo-greci una progressiva decadenza interna che stava degradando ed obliterando le tradizioni d'origine. Sporadiche firme in caratteri greci per lettere redatte in italiano, come nella supplica del 1582 dei Basiliani di S. Elia di Carbone, indicano l'oscuramento dell'eredità linguistica e culturale presso questi monaci, vittime di un secolare isolamento accompagnato anche da un inverosimile scadimento del livello ascetico e spirituale. Come prova si può ricordare che nel 1566 l'arcivescovo del Fosso segnalava che non esisteva un monaco in tutta la diocesi della Calabria che conoscesse le Regole di S. Basilio. I manoscritti di contenuto liturgico Vat. greco 2258 e Ott. greco 384 testimoniano lo stato di decadenza culturale e cultuale in cui si trovavano i cenobi. Ambedue sono stati vergati da Antonio Rocco di Carbone, monaco e copista basiliano, rispettivamente nel Marzo del 1580 e nel Dicembre del 1581. Pur conoscendosi il copista dei due codici, è difficile stabilire dove essi siano stati scritti. Una sottoscrizione presente nel Vat. gr. 2258 dice che fu scritto da "Frate Antonio" di Carbone nel monastero dei SS. Natalia e Adriano e quest'ultimo è stato identificato con il cenobio lucano sito in San Chirico Raparo. In realtà, nel 1580 tale cenobio di San Chirico probabilmente non esisteva più e, se esisteva, certamente non era più di osservanza bizantina. In quella data era, invece, ancora attivo il cenobio di S. Adriano in diocesi di Rossano; la Calabria, dunque, dovrebbe essere il luogo di origine del Vat. gr. 2258. Esistono tuttavia altri elementi in questo manoscritto che rimandano ad aree lucane e non calabresi: sul foglio 115, ad esempio, si legge di un tale D. Apollinare Vardaro che era stato trasferito nel monastero di S. Elia di Carbone il 15 Giugno del 1674. Il manoscritto, dunque, certamente transitò in area lucana e, accanto a questo libro, ci sono pervenuti altri codici, oggi conservati a Grottaferrata, dello stesso periodo ed anche di contenuto liturgico che, pur non essendo stati scritti a Carbone, rivelano nei loro fogli tracce sporadiche di una presenza almeno per un breve arco di tempo nel cenobio lucano. Si tratta di libri quasi identici dal punto di vista materiale: hanno un formato molto piccolo, sono di contenuto eucaristico, quasi dei "messalini" ad uso personale, dunque libri adatti agli spostamenti e concepiti anche per la celebrazione privata. Questi libri sono una testimonianza della mobilità dei monaci nelle regioni meridionali: con la creazione dell' "Ordine Basiliano", tramite la Bolla "Benedictus Dominus" del 1 Novembre del 1579, venne, infatti, introdotto un principio di mobilità periodica dei membri che era stato fino a quel momento estraneo alla storia del monachesimo italo – greco. Testimonianza di tale mobilità, oltre a tali libri, sono poi le vite di alcuni monaci: ad esempio, il calabrese Colantonio Ruffo, abate del monastero di S. Nicolò di Butrano, primo basiliano che nel 1579 i confratelli con votazione segrete elessero Abate Generale dell'Ordine, dal 10 luglio del 1580 in poi percorse tutta la Calabria e la Basilicata. Attraverso i suoi viaggi ricaviamo numerose notizie sui monasteri lucani e riusciamo a ricostruire, ad esempio, che il cenobio dei SS. Natalia e Adriano presso San Chirico a quel tempo non era più di osservanza bizantina. La biografia di Antonio Rocco di Carbone è, poi, una perfetta testimonianza di tale mobilità: egli fu certamente a Carbone nel 1570, ma nel 1572 abbiamo prove della sua presenza Grottaferrata. Successivamente nel 1573 si trovava di nuovo Carbone, mentre la visita di Colantonio Ruffo nel 1580 ai monasteri calabresi ci dà notizia della presenza di Frate Rocco nel monastero di S. Adriano in Calabria e qui egli scrisse, appunto, il Vat. gr. 2258. Una lettera del 1581 testimonia, poi, il ritorno del frate nel cenobio lucano, dunque è molto probabile che proprio a Carbone nel 1581 abbia vergato l'Ott. gr. 384. Successivamente si spostò nel monastero di S. Bartolomeo di Trigona presso Sinopoli e si ha notizia di una sua destinazione successiva verso il monastero di S. Giovanni di Stilo ma questa è l'ultima testimonianza dei suoi spostamenti. (R. C.)

Redazione Consiglio Informa

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