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(RegioneInforma) ABBAZIE BENEDETTINE IN BASILICATA: UN PATRIMONIO UNICO
24 maggio 2005
(ACR) - È in corso di svolgimento, presso il Palazzo della Presidenza della Giunta Regionale a Potenza, la mostra "Abbazie benedettine in Basilicata", organizzata nell'ambito della VII Settimana della Cultura, promossa dal Ministero per i beni e le attività culturali. La Regione Basilicata collabora così ad un'iniziativa promossa dalla Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio, dalla Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici della Basilicata e dall'Archivio di Stato di Potenza. La mostra, con pannelli espositivi e reperti scultorei (quattro capitelli, un bassorilievo e una mensola, provenienti dall'abbazia S. Ippolito di Monticchio) documenta l'attività di restauro riguardante i principali complessi abbaziali benedettini presenti sul territorio regionale, ponendo l'accento sulla ricchezza di un patrimonio storico, monumentale e artistico notevole, diffuso su vaste aree: dal Metapontino, al Vulture, alla Murgia materana, all'Alta Valle del Sinni, alle aree interne dell'Appennino. In Basilicata i benedettini lasciarono una traccia profonda della loro presenza. Notevoli sono le testimonianze e i dati emersi in un lavoro pluriennale che ha visto coinvolti archeologi, storici dell'arte, architetti e archivisti, in una meticolosa opera di ricerca. Il lavoro ha riguardato la ricognizione di tutti gli insediamenti monastici medioevali e delle loro dipendenze, di cui sono ancora leggibili le tracce, valorizzandoli ai fini di una efficace tutela. La presenza di monasteri, italo greci e benedettini, è attestata in Basilicata a partire dall'VIII secolo con la diffusione di monasteri, chiese, grancie, prova evidente del contributo della regione ad una forte identità culturale del Mezzogiorno. L'insediamento e la diffusione capillare di quelle comunità monastiche, inoltre, testimonia non solo la forte religiosità delle popolazioni lucane, ma anche la capacità di quegli ordini di organizzare il territorio, determinarne l'assetto degli abitati e dare un apporto significativo allo sviluppo dell'agricoltura, del commercio e dell'industria del territorio. Gran parte degli edifici e delle fabbriche monastiche sono ormai ridotti a ruderi, e di alcuni non vi è più traccia, distrutti da eventi naturali o dall'azione dell'uomo, anche se le fabbriche più importanti, come la Santissima Trinità di Venosa e Monticchio, hanno conservato parti significative degli edifici. Cinque sono i complessi conservati nella loro totalità, anche se vi si riscontrano evidenti manomissioni: l'abbazia benedettina di San Michele di Montescaglioso, fondata nel 1000 e soppressa nel 1806, con annessa una chiesa completata nel 1650 (sorta su quella più antica consacrata il 29 settembre del 1099); il monastero femminile di Santa Lucia alle Malve a Matera, eretto nel secolo XI, la cui chiesa rupestre è affrescata con dipinti databili tra il XIII e XIV secolo; i conventi femminili della Santissima Concezione a Montescaglioso, la cui comunità monastica si forma intorno al 1640, presentando nella chiesa del monastero forme tipiche del Barocco dell'Italia meridionale; il monastero di Santo Spirito ad Atella. Altre sono le fabbriche benedettine, di cui alcune inglobate in successivi complessi francescani, che vennero erette su strutture più antiche. Esempio ne è l'abbazia benedettina di Santa Maria a Banzi, sorta nell'VIII secolo, sui resti di un tempio romano di età repubblica. Tale edificio risultava essere, nel 778, possesso dell'abbazia di Montecassino, mentre nel secolo XI venne gestita come comunità autonoma e la nuova chiesa venne consacrata da papa Urbano II, nel 1089. Anche l'abbazia benedettina della Santissima Trinità di Venosa sorse, nel X secolo, sui resti della città romana e della cattedrale protocristiana. Nella chiesa sono emersi, grazie a recenti scavi archeologici, i resti della città romana e le fasi più antiche del monastero, con le forme utilizzate per fondere grandi campane. In quell'antica cattedrale si conserva inoltre la tomba di Roberto il Guiscardo, a cui si deve la fondazione del Regno di Sicilia e Napoli. Il monastero di Santa Maria De Armenis, che occupa un'area esterna alle mura della città di Matera, in parte formato da ambienti rupestri, risale alla metà del 1000 e nel 1094 fu visitato da papa Urbano II. Fra Matera e Montescaglioso si trovano inoltre, a Madonna della Murgia, insediamenti monastici rupestri, eremitaggi italo-greci. Datati tra il IX e il X secolo risultano formati da quattro chiese in grotta e da alcune necropoli scavate nella roccia calcarea. In territorio di Pescopagano si trova l'abbazia benedettina di san Lorenzo, fondata nell'XI secolo e ricostruita nel secolo XIV, che presenta una chiesa con pianta a tre navate e abside tribolato. Intatta si conserva anche l'abbazia di Santa Maria della Sanità a Pisticci, eretta dai normanni nel mille e affidata ai certosini nel 1452. In quel territorio è anche la grancia fortificata di San Basilio, con torre, cortile e chiesa ancora ben visibili, attualmente posseduta dall'erede dei baroni Berlingieri. Distrutta è ormai l'abbazia di Santa Maria dello Juso a Irsina, fondata nel secolo XI e annessa all'abbazia di Chase-Dieu di Clermont Ferrand, in Francia. A quel monastero faceva capo la cattedra vescovile della città e l'officiatura della Cattedrale, di cui si conserva in campanile gotico, opera degli stessi monaci. Appartenne invece all'ordine benedettino pulsanense il monastero di San Pietro in Cellaria, a Calvello, sorto nella seconda metà del XII secolo, soppresso nel secolo nel '500 e poi concesso alla basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, che occorrerà ancora restaurare. Fervono i lavori anche per il recupero del monastero italo-greco di San Michele al Monte Raparo, posto in territorio di San Chirico che venne eretto, intorno al 984, dal monaco San Vitale da Castronuovo. Il monastero e la chiesa sorsero su una grande caverna naturale nella cui profondità era presente già un piccolo santuario dedicato all'Arcangelo. Sono rimasti oramai solo i ruderi, in Agro di Chiaromonte, del monastero e del campanile appartenuti all'abbazia di Santa Maria del Sagittario dove si insediarono, intorno al 1202, i monaci provenienti dall'abbazia di Casamari, ma numerose sono le opere d'arte e sacre che ancora si conservano di quel monastero in cui visse il Beato Giovanni da Caramola il cui corpo, ricomposto nell'urna, si venera nella chiesa di San Giovanni Battista, a Chiaromonte. La ricerca sugli insediamenti monastici, oltre a quelli benedettini, sta interessando anche quelli agostiniani, carmelitani e cavallereschi. Solo così si potrà non solo dare un contributo importante per delineare l'identità storica e culturale della regione, ritrovando i tasselli più significativi della propria storia, ma anche recuperare e tutelare ulteriormente un patrimonio che rappresenta una risorsa unica per la Basilicata. (I. S.)