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(RegioneInforma) "IL PIANISTA DEL CUORE"
06 giugno 2005
(ACR) - "Il Pianista del Cuore", scritto da Lucia Santoro, raccoglie poesie dell'autrice e opere di Enrico Benaglia, pittore, incontrato per la prima volta alla mostra "I colori della musica", a Trivigno, nell'estate del 2003. L'incontro con la pittura di Enrico Benaglia ha profondamente colpito la Santoro per l'intima, magica poetica da cui è caratterizzata, poetica così vicina al quella della scrittrice. Dall'incontro è, poi, scaturito, quel comune "afflato poetico", vera origine di quest'opera. Nei tanti cataloghi delle mostre del pittore, Lucia Santoro ha trovato le immagini di opere che rispecchiavano appieno le sue poesie, tanto da avere l'inebriante impressione di vedere i suoi versi materializzarsi in sublimi dipinti. Il suo mondo, le sue sensazioni, le sue emozioni, diventare segni, colori, opere pittoriche. E da qui, nasce l'idea della pubblicazione di un libro come testimonianza della comune sensibilità, come logica conseguenza di questa inebriante scoperta. Sull'onda dell'emozione, la Santoro ha, poi, scritto nuove poesie, interpretate e trasformate in opere d'arte da Benaglia, in particolare, "Il giocoliere" e "Il pianista del cuore", quest'ultimo scelto per la copertina del libro, per il catalogo e la locandina della mostra che Benaglia ha realizzato a Strasburgo, in collaborazione con l'Istituto Italiano di Cultura. Enrico Benaglia, in seguito, ha realizzato un dipinto, sempre ispirato alla poesia che dà il titolo alla silloge, vincitore assoluto del concorso "Premio Fondi" esposto permanentemente nel museo della cittadina in provincia di Latina. Dal "fatal incontro"è scaturita questa raccolta particolare, piena di sentimento, che sembra star lì ad affascinare il lettore. Quella di Lucia Santoro, può, sicuramente, essere definita poesia della spontaneità o, meglio ancora, poesia del cuore, dei sentimenti forti e radicati nel "profondo", della ricerca e dello "scavo" interiore, del bisogno insopprimibile di pervenire, per quanto possibile alla "denudazione"dell'anima. Il bisogno dello "scavo" interiore, talora, diventa, nell'animo dell'autrice, tormentata tensione. Un dramma interiore, anche giustificato dal fatto che, sovente, o quasi sempre, per il poeta comporre versi comporta logorio e un sorta di insoddisfazione o di non soddisfazione piena, perché la parola, "spesso lampo o folgorazione", per richiamare Ungaretti, a volte si lascia piegare, plasmare, modellare, "altre volte non si flette alla forgiatura" e, talora, finisce per essere sfuggente, inquieta scivolosa o soltanto quella "storta sillaba" tanto cara a Montale. Affidare ai versi le emozioni che segnano la vita è un esercizio privilegiato di pochi, di chi è capace di leggere se stesso attraverso i solchi profondi che segnano l'anima. "Un privilegio", secondo il Presidente del Consiglio Regionale della Basilicata, Vito De Filippo, "che l'Autrice ha già avuto modo di comunicare nelle precedenti raccolte di poesie e che, ora, l'incanto della parola, annunciato dalla trepidante attesa del sospiro, esalta nella forma più genuina e sincera possibile". "Non pensieri liberi, sogni irrealizzabili, parole che cercano spazi e libertà", continua De Filippo, " ma riflessioni poetiche che sono il frutto di una maturità, corroborata dalla consapevolezza che ognuno di noi ha un pianista che, con maestria e perizia, interpreta i suoni della nostra vita". La poesia della Santoro ha un grande pregio, quello della immediatezza, dell'autenticità, della grande sensibilità di fronte alle manifestazioni della natura, alle espressioni dell'uomo, ai mai risolti misteri della vita. E la dichiarazione d'amore, dolce, tenera, appassionata, vibrante, talvolta impossibile o costretta alla negazione, è presente sin dai primi versi, perché il sentimento, con le sue mille possibilità di manifestarsi, permea di sé, in pratica, tutte le poesie, le attraversa, le nutre, le sostanzia, nella delicatezza dei tasti bianchi e neri da premere negli accordi da non sbagliare, nell'equilibrio difficile da mantenere. E' l'amore, dunque, che domina, veleggia intorno, trionfa, si impone e sovente si apre a "partiture fascinose", a riferimenti lontani e quasi dal sapore fiabesco: "Se tu sapessi, amore / il male che mi hanno fatto…", non lontano appare la certezza che tende proiettarsi nel futuro, con la forza della consapevolezza, "Ti amerò / anche quando il cuore / non avrà più respiro / sarò con te perché la bellezza dell'anima / non sfiorirà mai. E ancora, l'amore protagonista, " Lasciamoci consumare / da questo amore fino a quando / tutto non sarà cenere". L'amore sa diventare, esso stesso, favola nel ricordo, "Negli occhi / gli ultimi frammenti d'amore". Canto d'amore, quindi, ma anche di sogno che sa muoversi al di sopra del reale, trasportando l'autrice in un'atmosfera rarefatta e quasi del tutto irreale, sia pure per pochi attimi. All'amore si accompagna, spesso e inevitabile, il sogno che assume valenze diverse, a volte esprime il bisogno di dimenticare e di cadere quasi in una sorta di apparente oblio, altre volte si realizza quasi a occhi aperti o come in stadio di grazia e di leggera ipnosi fino a sconfinare nella favola e nella fiaba. Ed è proprio il sogno a rigenerare, a spingere, a guardare avanti, ad ammorbidire il pessimismo che, a tratti, risulta presente, nella poesia della Santoro. Pessimismo giammai distruttivo o catastrofico, giacchè anche quando la poesia si esprime con un linguaggio duro, aspro, tagliante, affiora sempre una sorta di positività che accende la fiammella della speranza. E se ci sono momenti di chiusura, di abbattimento, di propositi disperati che testimoniano la sofferenza e il dolore vissuti come intensi ed autentici, perché l'autrice partecipa alle tensioni con tutta la sua persona, non mancano, tuttavia, momenti appaganti, situazioni tendenti a un'idea di possibilismo. Questi i riferimenti della poesia di Lucia Santoro che tocca, ora sfiorandoli, ora soffermandosi, momenti diversi, gli affetti familiari vissuti intensamente, il senso dell'amicizia fino alle estreme conseguenze, il ripudio della guerra che non è mai giustificabile. E, infine, non mancano richiami a elementi della natura, "Amo la notte, / attendo il suo arrivo / col suo lieve respiro / chiude la tenda di luce / sul disordine e gli affanni del giorno...". In tutte le opere prevale, quasi sempre, il dialogo interattivo, spesso monologante, l'immediatezza della dichiarazione, "pur nelle allusioni accennate e nei giuochi di incastro della parola da perfezionare". Per l'autrice il poeta è colui che "sussurra al mondo / i suoi sentimenti / le sue emozioni / comunica invisibili pensieri / che diventano nitidi / sul foglio", e sa che "la vita stessa è poesia / scritta / da mano invisibile / di un Essere Superiore". La poesia resta alla base di un percorso di ricerca e questa, nella sua accezione più ampia, non conosce il senso della fine. A noi non rimane che attendere il nuovo esternare della poetessa. (a.c.)