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(RegioneInforma) GLI ENOTRI: LA TERRA DEL VINO E IL CULTO DI DIONISO

09 giugno 2005

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(ACR) - "Enotria, terra del vino", la mostra inaugurata presso il Museo Nazionale della Siritide di Policoro, nell'ambito delle manifestazioni per la VII Settimana della Cultura, è visitabile sino al 31 dicembre del 2005. L'esposizione, che presenta alcuni corredi funerari del VII-V secolo a.C. rinvenuti nelle necropoli delle aree interne delle Valli dell'Agri e del Sinni, territorio abitato da genti di stirpe enotria a partire dal IX-VIII secolo a.C., sottolinea l'importanza attribuita nell'antichità alla bevanda sacra a Dioniso e al rituale del "bere insieme" (symposion). Il nome stesso di quell'antico territorio (da oinos, vino), compreso tra le colonie greche di Poseidonia, Metaponto e gran parte della Calabria settentrionale svela, d'altra parte, il culto del vino praticato da quella popolazione. Le prime testimonianze sugli Enotri si rintracciano già nella tradizione storico-letteraria greca, anche se è la recente critica storica che ne attesta l'espansione in piccoli abitati su alture, dove si aveva maggiore possibilità di controllo sul territorio. Gli enotri avevano inizialmente un'organizzazione sociale di tipo tribale, basata su rapporti parentelari e si dedicavano ad attività prevalentemente agricole e pastorali. Il loro successivo sviluppo commerciale e culturale, influenzato dalle colonie greche fondate sulle coste del Mar Ionio e del Tirreno, in territori posti lungo importanti vie di comunicazione fluviale che collegavano le due sponde dell'Italia meridionale, è attestato dai numerosi e ricchi reperti rinvenuti nelle necropoli. Due diverse modalità di sepoltura caratterizzano in Basilicata le diverse influenze esercitate sugli insediamenti enotri. Nei centri dell'area interna della valle dell'Agri (Noepoli, Chiaromonte, Latronico, Roccanova, Armento, Aliano, Alianello, Guardia Perticara), dove sono state rinvenute sepoltura a fossa con defunto posto in posizione supina, si constata un'influenza rituale gravitante attorno all'area tirrenica, mentre nell'area a ridosso della costa ionica (Santa Maria d'Anglona, Incoronata e San Teodoro di Pisticci, Craco) l'inumazione dei defunti in posizioni rannicchiata, segnala un influsso adriatico-balcanico. Complesse e composite parures, realizzate con ornamenti in ambra e metalli preziosi (oro e argento) ma anche in bronzo e ferro, qualificano le sepolture delle donne di elevato rango sociale. Tra IX e il VII secolo a.C. sono documentate fibule, pendenti e diademi simili alle produzioni diffuse lungo la sponda orientale dell'Adriatico (Macedonia, Epiro, Albania) mentre al VI secolo a.C. risalgono collane d'oro e d'argento, armille d'avorio e pendenti, tipici della produzione del Mediterraneo orientale. La presenza di ornamenti in ambra attesta anche relazioni mediate con i territori del Mar Baltico, da dove proveniva quel fossile a cui si attribuivano poteri magici. Nel corso del VI secolo le relazioni tra Greci, Enotri ed Etruschi determinarono radicali trasformazioni certificate dai reperti rinvenuti nelle necropoli. Il graduale diffondersi del rito del banchetto funebre, tipico dell'aristocrazia greca, basato sul consumo della carni e del vino, testimonia una progressiva adesione a nuovi modelli culturali. Anche le diverse armature presenti nelle tombe, dalla spada, alla lancia, al coltello, all'elmo, agli scudi, agli schinieri, al morso equino, rinviano al modello aristocratico del guerriero cavaliere. La diffusione dei riti ellenici si ritrova inoltre nei rituali di purificazione e nell'uso di ungere i cadaveri con oli, essenze e profumi, contenuti in vasetti importati. La produzione ceramica enotria, verso la fine del VI secolo a.C., si riduce a vantaggio dei servizi di vasi ellenici, funzionali ai rituali del symposion, basato sul consumo del vino e sul culto di Dioniso. Nei corredi funerari di Alianello e nelle necropoli della Valle del Sinni, sono stati rinvenuti diversi vasi che documentano una pratica conviviale, attestata da anfore vinarie e dall'uso del cratere, utilizzato per miscelare acqua e vino. Nelle aree più interne sono numerosi, oltre alle anfore e ai crateri, vasi di importazione attica, tra cui il kantaros, calice con manici alti e verticali che segnala un attributo tipico di Dioniso, oltre a strumenti riferiti ad un gioco di abilità (kottabos) svolto durante il banchetto. Il kottabos consisteva nel lanciare gocce di vino dalle coppe (kottabides) colpendo un piccolo oggetto di forma allungata e affusolata posto in bilico su un'asta, facendolo cadere in un bacino di bronzo. Di rilievo sono anche, in altre tombe, i crateri con raffigurazioni di satiri e menadi danzanti e vasi bronzei come l'oinochoe (brocca con bocca a tre lobi), la situla (vaso per liquidi a forma di secchiello), il colum (il colino per filtrare il vino), il simpulum (il mestolo). Altri strumenti, tra cui la grattugia per il formaggio (da miscelare con il vino, già diluito con acqua e addolcito dal miele) e candelabri, allusivi allo svolgimento notturno del symposion, segnalano che il banchetto deteneva un ruolo centrale anche nella vita sociale. A quel rito sono connessi inoltre gli strumenti utilizzati per il consumo delle carni, bollite o arrostite: patere per la cottura, spiedi, griglie, graffioni per braci, treppiedi. Particolarmente significative sono, infine, le raffigurazioni legate al culto di Dioniso nelle ceramiche. Tra la fine del VI e la prima metà del V secolo a.C., i temi del simposio e il consumo del vino raggiungono tutte le classi sociali, con momenti di aggregazione ed esaltazione collettiva. Il fenomeno è documentato sia a Guardia Perticara che a Metaponto. Scene di banchetto, satiri e menadi, caratterizzano ancora l'universo dionisiaco, concludendosi nei rilievi votivi in terracotta e marmo di Metaponto e di Herakleia, le cui Tavole attestano l'esistenza di un santuario dedicato a Dioniso. Il culto dionisiaco forniva così agli uomini di quel tempo la possibilità di sedere in vita, nel symposion, e di continuare a partecipare, nei riti funerari e nell'oltretomba, al banchetto degli dei. (I.S.)

Redazione Consiglio Informa

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