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(RegioneInforma) CALVELLO: LA CHIESA DI SANTA MARIA DEL PIANO E LA SUA STORIA

23 giugno 2005

© 2013 - madonna.jpg

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(ACR) - È stata riaperta di recente al culto la Chiesa di Santa Maria del Piano di Calvello dopo il restauro, a seguito dei danni subiti per il terremoto dell'80, da parte delle Soprintendenze per i beni architettonici e per il patrimonio storico e artistico della Basilicata. L'intervento è valso a recuperare l'articolazione dell'impianto originario della chiesa e le sue diverse fasi costruttive e il patrimonio artistico ad essa pertinente. Dell'antico monastero benedettino erano noti soprattutto gli elementi architettonici esterni più significativi, quali i pregevoli portali in pietra della chiesa e il pozzo del chiostro, su cui è incisa la data 1319. Meno note sono invece le notizie storiche riferite a quell'antica chiesa di Calvello che attestano lo stretto rapporto esistente tra i signori di Calvello e il monastero di Santo Stefano di Marsico Nuovo. Fu Matteus de Calvello (forse figlio dell'undicesimo conte di Marsico, Dragus), camerario regale della Apulia centrale, a donare al priore del monastero di Marsico le chiese di Calvello intitolate a San Nicola e a Santa Caterina d'Alessandria. Lo stesso Matteus offrì inoltre al priore dell'ordine pulsanense, presente a Calvello con l'abbazia San Pietro a Cellaria, la chiesa della Santissima Trinità, posta nei pressi del castello. Egli compare anche come testimone in un atto di donazione alla Chiesa di Santa Maria di Calvello e all'abate Ottone del monastero di Marsico, risalente al 1149. A suo nipote Rogerius si deve un'ulteriore donazione al priore Guglielmo di Santa Maria di Calvello. Queste notizie documentano e attestano, dunque, l'esistenza a Calvello della chiesa di Santa Maria del Piano, organizzata già nel 1160 come priorato autonomo, alla cui guida era, come detto, il priore Guglielmo.Si conferma anche, in tal senso, una dipendenza territoriale di quel priorato dall'abbazia benedettina di Marsico, dipendenza che trova riscontro anche in periodo svevo e angioino. Nel gennaio del 1310 sia il priore di Santa Maria che l'abate di San Pietro a Cellaria parteciparono al sinodo di Acerenza e nel 1324 risultarono tra i sottoscrittori delle decime alla Santa Sede durante la cattività avignonese. Il monastero di Santa Maria di Calvello dovette essere sicuramente ristrutturato e ampliato a seguito del terremoto del 1273, quando ormai la terra di Calvello, insieme a quella di Tito, era stata assegnata prima a Oddone de Fontaine e poi al figlio Enrico. La data che compare sul pozzo potrebbe testimoniare il definitivo completamento della fabbrica e l'attestarsi di una più stabile presenza benedettina in quel monastero, diversamente per quanto avvenne per l'abbazia di San Pietro a Cellaria di Calvello che, a partire da quel periodo, sembra avviarsi verso una progressiva decadenza. Terremoti, carestie ed epidemie fecero la loro parte, insieme alle vicende di riforma che interessarono l'ordine benedettino e la stessa Chiesa, fino a giungere all'affidamento in commenda (assegnazione di uno speciale beneficio ecclesiastico) dei beni appartenenti ai monasteri benedettini sia di Calvello che di Marsico. Nel periodo in cui l'abbazia di Marsico fu saccheggiata (1502), riportando danni rilevanti, il monastero di Calvello divenne abbazia intitolata a Santa Maria e Santo Stefano ed ebbe anche grancie in alcuni centri della Basilicata. Sotto la gestione dell'abate commendatario Orazio Celso (1576-1587) il monastero di Calvello venne ristrutturato e affrescato in particolar modo lungo le pareti laterali della navata, dove in tre nicchie sono emersi degli affreschi attribuiti a Felice Vitale di Maratea. Sempre sotto la gestione dell'abate Celso, l'Universitas di Calvello e altri uomini del posto inoltrarono, attraverso l'arcivescovo della Diocesi di Acerenza e Matera, una richiesta al papa Sisto V perché la Chiesa di Santa Maria del Piano di Calvello fosse concessa all'ordine francescano degli osservanti. Nel 1587 il papa autorizzò l'abate Orazio Celso a sopprimere ed estinguere dai beni dell'ordine benedettino quelli posseduti dalla chiesa di Calvello, concedendoli in perpetuo ai frati minori dell'ordine francescano. L'anno successivo dieci frati iniziarono a vivere nel convento di Santa Maria del Piano. Con l'arrivo dei francescani sia la chiesa che il monastero vennero nuovamente adeguati alle esigenze del nuovo ordine monastico e venne modificato l'impianto originario della chiesa. Venne demolito il catino absidale della navata centrale in modo da costruire uno spazio in cui ospitare il coro, l'organo a canne sopraelevato e la sacrestia. Fu creato un arco trionfale poggiante sui cantonali dell'abside e furono chiuse le absidi laterali in modo da utilizzarle per appoggiarvi monumentali altari lignei. La parte retrostante della fabbrica venne eliminata per consentire l'apertura di vani di accesso al convento e di collegamento con l'esterno. Venne anche realizzato sulle pareti un ricco apparato decorativo, interrotto da nicchie d'altare a tratti incorniciate da alzate lignee dipinte e dorate. Alle trasformazioni intervenute, avvenute nel corso del Seicento, si aggiunsero quelle più significative del Settecento, quando le pareti longitudinali della chiesa furono elevate in altezza e si realizzò una nuova copertura che inglobò tutte e tre le navate. Le nicchie affrescate vennero chiuse e mascherate da altari in stucco e in legno sovrapposti. Furono realizzate, sul prospetto principale, nuove grandi finestre, per dar luce all'interno della chiesa rimasta priva di apertura lungo le pareti longitudinali dopo le modifiche al tetto. La chiesa fu arricchita, inoltre, nel corso dei secoli da preziosi apparati decorativi e notevoli opera d'arte. Tra questi si segnalano i frammenti degli affreschi rinvenuti nelle absidi laterali, dove sono presenti tre strati, il primo risalente alla prima metà del secolo XII, il secondo alla fine del XIII secolo. Va messa in luce anche l'importanza che riveste, nell'ambito delle sculture lignee in Basilicata, la statua della Madonna di Calvello con Gesù bambino in trono, datata intorno alla metà del XIII secolo. Gli altari lignei sono stati montati su macchine semoventi in modo da consentire la lettura delle diverse fasi di trasformazione e utilizzazione della struttura. La complessa opera di restauro che ha interessato la chiesa ha restituito, anche in questo modo, una lettura delle diverse fasi costruttive che hanno riguardato quel monastero benedettino, poi francescano, ponendo in luce l'operosità e l'ingegno delle antiche maestranze degli artisti nei diversi periodi storici. (I.S.)

Redazione Consiglio Informa

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