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(RegioneInforma) "LE FORME DEL TEMPO", ARTIGIANATO ARTISTICO IN BASILICATA
01 luglio 2005
Il catalogo delle foto allestite a Palazzo San Gervasio sull'artigianato artistico locale
(ACR) - L'area del Vulture- Alto Bradano è conosciuta, da tempo, per le immense potenzialità del proprio habitat naturale, per il sostrato storico-culturale e per la capacità espressiva delle sue risorse umane. Il catalogo "Le forme del tempo" ha come soggetto principe l'espressione della maestria di numerosi artigiani della Basilicata. Prodotti, veri e propri oggetti che sono frutto di tecniche sapientemente riproposte e plasmate dalla memoria storica. Venticinque i maestri d'arte, tra cui due società, l'Archea di Pignola (produce oggetti in pietra, marmo e affini e, fra gli oggetti tradizionali, il "mortaio") e il Consorzio A.R.T. di Avigliano. Quest'ultimo, in particolare, nato nel 1997, costituisce un vero e proprio Centro Pilota con ben tre laboratori: quello del legno, dei metalli e della ceramica. Le finalità del Consorzio, viene ricordato nello specifico dal saggio introduttivo di Franco Sabia e, poi, nelle schede tecniche dedicate agli artigiani, "attengono alla ricerca, la formazione e la prestazione di servizi per la crescita di imprese nel campo dell'artigianato". Il catalogo offre, inoltre, un'ampia panoramica degli stili e dei modi di produzione nei diversi ambiti produttivi. Il testo critico, "I modi e le forme della produzione artigianale in Basilicata", redatto dal docente di etnografia e antropologia all'Ateneo lucano, Ferdinando Mirizzi, specifica che "Da una parte vi è ancora un artigianato di tipo rurale, residualmente vitale nelle campagne e nei piccoli centri urbani, che produce manufatti semplici e con precise destinazioni d'uso, in continuità con i modelli di vita tradizionali. Più spesso, è un ceto artigiano professionale a produrre, dietro compenso, beni e servizi necessari per l'intera comunità d'appartenenza". "La seconda parte – precisa Mirizzi – è costituita dal mantenimento e dallo sviluppo di quella pratica di fare cose a mano che ispirava indistintamente tutti i processi di fabbricazione di oggetti, con scopi utilitari o rituali o anche semplicemente decorativi, prima che, dal Rinascimento in poi, si determinasse la separazione tra il concetto di produzione artigianale e quello di produzione artistica". Il catalogo, dunque, espone una vasta varietà di prodotti e tecniche di lavorazione: da quelli in cartapesta, (come quelli del materano, Angelo Palumbo che, con gesso e legno, produce i famosi complementi d'arredo per la realizzazione del carro della "Festa della Bruna"), al legno decorato (materiale privilegiato per le cornici intagliate di Francesco Paolo Pentasuglia, gli intagli e i timbri di Emanuele Mancini, le miniature di modelli di antichi attrezzi tipici del mondo contadino di Aniello Pellegrino e di Savina De Nigris). Grande rilievo, nel catalogo, acquistano anche la lavorazione dei metalli (come oro, argento e ferro). Particolari i modelli di alari e di portacatini in ferro battuto dello stiglianese, Felice Magariello o i lavamano, le lampade e le ringhiere di Nicola Latorre. Sempre nelle botteghe dedicate alla realizzazione di bassorilievi, sculture e fontane in rame, alpacchia e ottone, il catalogo seleziona particolari del moliternese Graziano Miconi ed i preziosi gioielli di Lela Campitelli e di Michele Ascoli. E, poi, ancora, ad essere protagoniste tutte le forme e le manipolazioni in plastica, carta e le decorazioni applicate sul tessuto, nei ricami e vimini e, perfino, nella realizzazione di veri strumenti musicali. Oggetti che sono, innanzitutto, la testimonianza concreta e visibile di una tradizione, mai persa in regione, e che rivive nelle antiche botteghe artigiane di origine familiare. Le opere presentate, a prescindere dalla manifattura e dall'idea creativa, non hanno bisogno di commenti in quanto, sia nelle forme grezze che in quelle definitive, costituiscono un repertorio auto-referenziale di grande valore. Così come spiega Palma Fuccella che ha curato il progetto fotografico e diretto il coordinamento dell'opera, "il catalogo tenta di assimilare il prodotto artigianale all'ambito dell'artigianato artistico", ovvero a tutto ciò che riesce a produrre il "pittoresco ed il sublime e a dar vita alle forme". Più che manifestazione di una tradizione artigianale consolidata, Le forme del tempo, vuole esprimere il tentativo di far scoprire nuove forme di ricerca artistica e, conclude Fuccella, "la creatività di maestri artigiani, troppo a lungo confinati in spazi minori e che, invece, vanno rivalutati con tutto ciò che costituisce i propri segreti del fare e del sapere". Nei saggi critici introduttivi al catalogo, poi, viene delineato un percorso privilegiato che va dalla ricostruzione delle fasi dell'artigianato antico, ai modi e alle forme della produzione artigianale in Basilicata. Nel saggio introduttivo, a cura di Elisabetta Setari, è possibile ricostruire "l'orizzonte cronologico da cui partire per comprendere l'excursus sull'artigianato antico lucano: la primissima Età del Ferro (IX- VIII sec. a.C.)" "Le prime produzioni – dichiara Setari -, attestate anche a livello di scavo archeologico, riguarderebbero le produzioni ceramiche e metallurgiche, queste ultime relative soprattutto al bronzo, legate allo sfruttamento delle risorse minerarie calabresi". Esemplari sono, ad esempio, le lavorazioni dell'argilla per la produzione di anfore, piatti, vasellami o complementi di arredo eseguite con la tecnica a "Bucchero etrusco" o "in terra sigillata" dagli artigiani del potentino come Marco Dell'Arso di Venosa, Franco Gallicchio di Calvello o Carmela Capozzi di Lavello. Ma, oltre alla ceramica, il catalogo offre grande spazio all'artigianato tessile che –dice Setari- "è testimoniato essenzialmente da pesi di telaio in argilla che permettono di ricostruire un telaio di tipo verticale, come quello ricostruito per la "Casa dei Pithoi" di Vaglio". Prototipi di questa nuova fase creativa dell'artigianato sono rappresentati dai lavori, realizzati con l'uso del telaio, di Atonia Salvatore che realizza tappeti, arazzi, borse e bisacce in lana e cotone. Tersa Matta, invece, realizza maglie, centri e coperte lavorando esclusivamente a mano. Tra le più anziane maestre dell'artigiano tessile proprio di Palazzo San Gervasio, il catalogo mostra i lavori di Dorina Quaranta, capostipite di una vera e propria generazione di ricamatrici del posto. Lenzuola ricamati, abiti sacri, corredi e persino gli abiti tradizionali, indossati dai verginelli in occasione della processione del Venerdì Santo sono un esplicito richiamo alle tecniche di popolazioni straniere come, ad esempio, quella arbëresche. E, poi, ancora, gli oggetti confezionati con materiali poveri come la paglia, la carta e la plastica o, addirittura, i fiammiferi contraddistinguono le produzioni di artigiani come Maria Ianniello, Nicola Lorito e quelli di Mario Basso & Figli di Rionero in Vulture. Un capitolo a parte, è dedicato all'arte di Giuseppe Salamone, suonatore e costruttore di zampogne a chiave, surduline, ciaramelle, cupa cupa, tamburelli e pifferi che rientrano pienamente nella tradizione folkloristica musicale delle aree di Terranova del Pollino. Nel saggio dell'etnomusicologo, Pietro Sassu, "Gli strumenti artigianali della tradizione musicale lucana", il docente afferma che "la nozione di arte popolare nel rimandare al significato più letterale di ars, cioè di abilità del fare, quando allude alla costruzione di strumenti musicali, non si esaurisce nel dato morfologico dell'oggetto in sé, comune a tutti gli utensili dell'attività produttiva e della vita domestica: in esso è altrettanto decisivo un aspetto più nascosto, non sempre valutabile con l'osservazione esterna. Gli oggetti e i congegni sonori sono il frutto di una complessa attività cognitiva che comprende la piena padronanza di un dato sistema musicale, la conoscenza delle proprietà foniche dei materiali e complesse nozioni fisico- acustiche". E, per concludere, le ultime pagine del catalogo sono dedicate agli "Uccelli d'ulivo" di Antonio Nicodemo: un pastore artigiano del nostro tempo, la cui bottega non è un luogo chiuso ma, "en plein air", negli spazi immensi della natura, nelle campagne di Nemoli, dove egli svolge, contemporaneamente, l'attività di agricoltore e di artista artigiano. Il volume, dunque, nella sua interezza, si attesta come archivio per la ricostruzione dei variegati settori dell'artigianato artistico come patrimonio comune e somma di conoscenze innovative e saperi antichi per tutte le generazioni di lucani che possono trovare nella realizzazione dei manufatti, non solo un mestiere ma, anche, un modo concreto di esprimere il proprio genio artistico. (L.L)