venerdì, 22 nov 2024 23:50
(RegioneInforma) IL MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DEL VULTURE - MELFESE
12 luglio 2005
(ACR) - Luogo di incontro tra le popolazioni italiche dell'Appennino centro-meridionale e quelle della fascia adriatica, il Melfese si è contraddistinto, sin dall'antichità, quale crocevia di percorsi lungo le vallate fluviali. Il territorio Melfese è caratterizzato, infatti, dalla piana alluvionale del fiume Ofanto e da un'ampia fascia collinare posta tra il massiccio del Vulture, le Murge e l'Appennino lucano. Una posizione strategica che collega il Melfese alla Campania, alla parte della Puglia un tempo denominata Daunia e alla costa ionica, attraverso il fiume Bradano. La centralità di quel sistema di comunicazione, tra i diversi versanti dell'area meridionale favorì, dunque, l'insediamento delle popolazioni italiche che si stabilirono in gran parte su alture collinari. Influì anche, ai fini di quell'insediamento, la fertilità dei terreni e la disponibilità idrica. Nel Museo archeologico nazionale del Vulture - Melfese, situato presso il Castello di Melfi, istituito nel 1976, gravemente danneggiato dal sisma del 1980-81 e poi restaurato, è possibile oggi visitare quanto la ricerca archeologica ha acquisito e documentato per i centri che fanno parte di quell'area. Si è così meglio definita la documentazione archeologica esposta, che abbraccia un periodo compreso tra il VII e il III secolo a.C., proveniente dall'area geografica del Vulture - Melfese, area che abbracciava la zona collinare daunia con i centri di Melfi, Lavello e Banzi e un'area montana nord-lucana che aveva in Ruvo del Monte e Ripacandida i siti più importanti. Nella esposizione del Museo sono documentati anche i rapporti che si istaurarono tra le popolazioni indigene, il mondo greco e l'ambito etrusco. A Ruvo del Monte, in un sito montuoso abitato anticamente da genti di stirpe nord-lucana che adottarono un sistema abitativo composto da nuclei di capanne sparse, secondo un modello tipico anche delle genti daunie, è emersa un'ampia necropoli con sepolture databili tra il VII e il V secolo a.C. Le tombe di Ruvo sono raggruppate per nuclei familiari, tra i quali emerge un gruppo i cui esponenti erano sepolti in tombe monumentali con oggetti preziosi di importazione sia dal mondo greco-coloniale (Metaponto), sia dall'ambito etrusco. Anche in territorio di Lavello, corrispondente all'antico centro daunio di Forentum, sono documentate, a partire dalla fine del VII secolo a.C., tombe principesche in cui sono stati rinvenuti oggetti di provenienza etrusca e greca, che testimoniano i vari rapporti culturali e commerciali con quei territori. A partire dal VI secolo a.C. quei principi dauni sostituirono le loro tradizionali capanne con abitazioni con fondamenta in muratura e tetto con tegole in terracotta. Nel corso del V secolo a.C. sono, invece, stati ritrovati edifici monumentali, divisi in una parte cerimoniale ed una residenziale, appartenenti a gruppi gentilizi. Al IV secolo a.C. sono datate le tombe più ricche e importanti di Lavello, generalmente strutturate a camere scavate nel tufo. Importante anche il rinvenimento di un edificio sacro e del recinto di un templum augurale, in cui si compivano vaticini in base al volo degli uccelli. Tale scoperta conferma l'occupazione di quell'area da parte dei Sanniti. Anche a Banzi, il cui insediamento coincide con lo stesso antico sito, sono emerse abitazioni e necropoli che vanno dall'età arcaica (VII-VI secolo a.C.) fino all'occupazione romana ed è testimoniata, al IV secolo a.C., la presenza dei Sanniti, verosimilmente alleati della aristocrazie daune. Nelle monumentali tombe a sarcofago ricchi corredi funerari testimoniano l'adesione all'ideologia greca della eroizzazione del defunto, per la presenza di una corona d'oro e per gli strumenti rinvenuti riguardanti il symposion ultraterreno. Particolarmente interessante è il corredo funerario di un bambino appartenente ad una famiglia di elevato rango sociale, mentre un'altra vetrina del Museo espone le armi di un guerriero (lance, cinturoni, schinieri, scudo, elmo) risalenti al IV secolo a.C. Le indagini archeologiche condotte nel territorio di Melfi hanno, invece, portato alla luce tre importanti insediamenti di età arcaica: un abitato di collina, in località Chiuchiari, luogo della Melfi medioevale; un altro in località Pisciolo, a controllo dell'itinerario fluviale dell'Ofanto; l'ultimo in contrada Leonessa, nel medio corso dell'Ofanto, legato allo sfruttamento agricolo. Nel IV secolo a.C. quel sistema di insediamenti muta con il sopraggiungere delle genti osco-sannite e si sviluppano due nuovi nuclei sulle colline di Valleverde e dei Cappuccini, poste alla periferia dell'attuale città. Le trasformazioni intervenute nel corso del V secolo a.C. sono testimoniate anche a Melfi, in località Pisciolo, dove alla sepoltura rannicchiata tipica delle genti daunie, si aggiunge, nella cassa litica per il defunto, una cassa deposito che si contraddistingue per la ricchezza e la composizione dei corredi. Nelle tombe maschili si evidenzia, oltre alla ricchezza dei monili, presenti in gran numero come in quelle femminili, l'abbandono del ruolo militare. Da una grande tomba di Melfi - Chiuchiari proviene, invece, uno scudo nella cui lamina di bronzo sbalzata è raffigurata una Chimera. Nel III secolo a.C., a seguito della fondazione della colonia latina di Venusia (291 a.C.), si ha un progressivo abbandono dei siti indigeni del Melfese, ad eccezione di Banzi, che continuerà a vivere come Municipio romano. Banthia, così chiamata in epoca romana è nota soprattutto per il ritrovamento della Tabula Bantina, una lastra bronzea in cui sono scritte leggi romane del II secolo a.C. e disposizioni normative osche del I secolo a.C. Dalla Torre dell'orologio del castello di Melfi, dove si conserva anche il sarcofago romano ritrovato presso Rapolla e dove state ritrovate altre statue di epoca romana, si preannuncia l'avvento dei romani in quel territorio. (I. S.)