venerdì, 22 nov 2024 19:16
(RegioneInforma) "UNA FIAMMA CHE NON SI SPEGNE"
19 agosto 2005
“Per ricordare una simpatica “storia” della città di Lagonegro a cui dedico queste pagine”
(ACR) - "La vicenda", scrive Vincenzo Fucci, "della morte a Lagonegro di Monna Lisa mi ha affascinato sin da quando, un cinquantennio fa, ritornai da adulto nel paese che mi aveva visto nascere. Mi ripromisi allora di approfondire l'argomento". "Con questo lavoro", continua l'autore, " ho voluto in primo luogo mettere in ordine i miei ricordi personali di avvenimenti e circostanze in qualche modo alla vicenda di Monna Lisa". "…La stessa sera egli però apprese il triste vero: di ritorno dalla Calabria dove messer Francesco da Firenze aveva concluso ottimi affari e fra gli altri l'acquisto di una grossa partita di pelli di montone da smerciarsi a Firenze, la povera Lisa era morta nella piccola ed oscura città di Lagonegro, vittima chi diceva di una febbre infettiva toccata nell'attraversare la campagna romana, chi di un dolorosissimo morbo alla gola…" E' Demetrio Merezkowskij, un apprezzato scrittore russo di origine cosacca, a lanciare per primo il messaggio della morte a Lagonegro di Monna Lisa del Giocondo. La notizia riportata da Demetrio Serghievic Merezkowskij, nel volume " La rinascita degli dei ovvero Leonardo da Vinci", viene ripresa dallo storico Carlo Pesce, nel suo libro "Storia della città di Lagonegro", stampato, anche a Lagonegro, nel 1913. Nel suo libro di storia locale, l'autore non si limita a riportare la notizia della morte di Monna Lisa ripresa dallo scrittore russo, ma la diffonde con le sue corrispondenze giornalistiche sulla stampa dell'epoca in occasione del ritrovamento del famoso quadro che era stato rubato nel Museo del Louvre di Parigi, dove era custodito ed esposto. A rubare il famoso quadro fu proprio un italiano, un certo Vincenzo Peruggia, imbianchino per alcuni e decoratore del Louvre per altri, il quale a sua volta lo espose in diverse mostre, prima che fosse restituito al Museo di Parigi. Il furto avvenne il 21 agosto 1911 e, per accertamenti, venne fermato anche Pablo Picasso, poi arrestato e, infine, ben presto scagionato. Il quadro venne, poi, ritrovato a Firenze l'11 dicembre 1913, "era sotto il letto del ladro, - si legge nel libro - Vincenzo Peruggia, nella sua camera di albergo, il Tripoli-Italia in via Panzani che oggi è chiamato Hotel la Gioconda. Il furto fu definito "il colpo del secolo". Il Peruggia stava cercando di venderlo ad un antiquariato, anche se all'arresto disse di aver rubato il famoso quadro perché voleva riportarlo in Italia". Il Peruggia venne arrestato e condannato a dodici mesi e quindici giorni di reclusione, morì poi nel settembre del 1947. Gabriele D'Annunzio, non ancora "Vate d'Italia", si rammaricò di non essere stato l'autore del furto ed ebbe parole di elogio per il Peruggia. Nonostante le notizie dello scrittore russo e le "corrispondenze" giornalistiche di Carlo Pesce, nessuna città, nessun paese, però, si sono fatti avanti per rivendicare il privilegio della morte, tra le propria mura, della famosa modella e di averne accolto le spoglie mortali. "Nemmeno ai nostri giorni si sono avute rivendicazioni" scrive l'autore. I sindaci che si sono susseguiti a Lagonegro, ripresero la vicenda Monna Lisa, nella consapevolezza dei vantaggi che potevano derivare al paese in presenza di elementi concreti, nonostante la quasi impossibilità di riuscire ad accertare la morte e la sepoltura della famosa modella, anche per motivi di mancanza di risorse finanziare. I primi scavi risalgono intorno al 1960, nella monumentale chiesa di San Nicola, al Castello, ai quali partecipò anche l'autore di queste note. Fu scelta l'antica chiesa ritenendo che, trattandosi del "cimitero" più importante e più esteso, poteva esservi avvenuta la sepoltura. Di quegli scavi non esistono tracce archivistiche perché i lavori vennero eseguiti in regime di economia, con l'impiego di risorse umane dell'Ente locale. Ben presto, però, gli scavi vennero interrotti perché, nonostante l'impegno, non venne alla luce nessun utile elemento. Nel libro l'autore si chiede "innanzitutto chi era Monna Lisa dal sorriso enigmatico e misterioso, ritratta in un quadro del celebre Leonardo da Vinci, famoso in tutto il mondo e che continua a sollevare interrogativi, a sollecitare studi, ad eccitare la fantasia, di tanti?". Giorgio Vasari, biografo di Leonardo, si limita nelle "Vite" a pochissime parole sull'argomento: "… Prese Leonardo a fare per Francesco del Giocondo il ritratto di Monna Lisa sua moglie…". "Non ci sono altre notizie o almeno non ne abbiamo trovate", scrive Fucci, "forse proprio questa mancanza di notizie ha sollecitato l'interesse di numerosi scrittori, soprattutto stranieri, così che oggi sul personaggio esiste un'ampia bibliografia che si arricchisce in continuazione". Infatti, molte sono le interpretazioni del quadro, del perché fu dipinto, da chi fu commissionato e, soprattutto, chi era quella donna. Per il Merezkowskij, la vera Monna Lisa era un'aristocratica napoletana, Costanza d'Avalos, duchessa di Francavilla. In Toscana, a Firenze, Monna Lisa era la moglie di un ricco mercante, che commerciava pellami con la Calabria. "Nulla di più facile perciò", scrive ancora l'autore, "che il marito avesse ordinato al pittore di moda in quel tempo, il ritratto della moglie". Per altri, il volto non sarebbe quello di Monna Lisa, ma quello di un'altra bellissima donna, napoletana e non fiorentina, di Isabella Gualandi, cioè, figlia del pisano Ranieri Gualandi e della milanese Bianca Gallerani. Isabella Gualandi rimasta vedova, in giovanissima età, diventò l'amante di Giuliano dei Medici, amico e protettore di Leonardo, e fu dipinta appunto da Leonardo. Il committente, però, quando sposò una Savoia non ebbe il Coraggio di portarsi il quadro nella nuova residenza dove avrebbe vissuto con la moglie. Anche questa tesi, come le altre, non soddisfa tutti. Il mistero così continua e le interpretazioni si susseguono. Secondo un'altra teoria, il celebre e famoso quadro riprodurrebbe le sembianze del suo stesso autore che si sarebbe ritratto guardandosi allo specchio, ma "vedendosi", "immaginandosi", con il volto giovanile. Sono ancora numerose le ipotesi concernenti il quadro di Leonardo da Vinci, ne abbiamo citate solo alcune, ma la più accreditata rimane, comunque, quella che vuole Monna Lisa, toscana, moglie del mercante Giocondo, il quale aveva ordinato al pittore di moda in quel tempo, il ritratto della moglie. Infatti, "Dalle parole del Vasari", scrive ancora l'autore, "appare chiaro, per noi, che il famoso quadro ritrae Monna Lisa, moglie del messer Francesco del Giocondo". Ritratto, però che non destò interesse nei suoi contemporanei e che, soltanto più tardi, nei secoli successivi, avrebbe attirato la critica più favorevole. Il quadro, infatti, una tela a olio su tavola di legno di dimensioni 77x53, non godeva, per quanto se ne sappia, di particolare fama nel suo ambiente. Infatti, la sua "fortuna" iniziò man mano che venivano riconosciute le grandi qualità di Leonardo che poi sarà considerato uno scienziato che per tanti aspetti ha precorso i tempi moderni. E divenne noto e famoso soltanto dopo la rivoluzione francese, quando il palazzo reale del Louvre fu trasformato in un museo nel quale vennero esposte le opere d'arte della casa regnante. Sarà stata la considerazione che non sempre ci si trovava dinanzi a bei quadri di artisti celebri, di donne semplici e sconosciute, sarà stato il sorriso misterioso, quello sguardo che appare sorridente e ironico, certo è che Monna Lisa divenne simbolo dell'eterno femminismo. Un sorriso enigmatico che fa interrogare chiunque, un sorriso che a seconda della sensibilità, dello stato d'animo di chi si sofferma davanti al quadro, sembra a volte beffardo, a volte sorridente, cinico, ironico. Comunque, le interpretazioni del famoso quadro e, quindi, del personaggio in esso riprodotto, dopo circa cinquecento anni dalla morte dell'autore, non sono terminate. E, certamente, nel tempo sentiremo ancora parlare di altre teorie, di altri "esami". (a.c.)