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(RegioneInforma) "NON PER NOSTALGIA…"

26 agosto 2005

Etnotesti di Picerno

© 2013 - dialetti.jpg

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(ACR) - I testi contenuti nel libro, testi di poesie popolari, sono stati raccolti e tradotti da Giuseppina Bianchi Caivano. Nata a Muro Lucano, è vissuta a Picerno dal 1947 al 1996, dedicandosi al lavoro di maestra presso la locale scuola elementare. Molto impegnata in attività di volontariato nell'ambito sociale ed ecclesiale, è stata una instancabile ricercatrice della cultura picernese. I testi sono stati successivamente trascritti, rivisti e annotati da Maria Teresa Greco. Nata a Napoli da genitori originari di Tito (Pz) si è laureata con una tesi sul dialetto di Picerno. Nel libro vi è anche l'opera di Lorenza Colicigno, nata a Pesaro, docente di Italiano e Latino presso il Liceo ginnasio "Quinto Orazio Flacco" di Potenza, che ha curato l'introduzione e le note. Il lavoro di Giuseppina Bianchini Caivano merita particolare attenzione per l'entusiasmo con cui ella ha assecondato le capacità creative dei suoi alunni. Alunni ai quali ha insegnato l'amore per la natura, lo stupore della scoperta dei suoi linguaggi ma, soprattutto, l'interesse per la cultura tradizionale e per il dialetto e il "gusto" della ricerca. Il rispetto per la lingua materna è stata caratteristica costante della lunga carriera di maestra di Giuseppina Bianchini che si è "prodigata" per far apprendere ai suoi alunni "l'italiano", rendendo non traumatico il passaggio dal dialetto alla lingua nazionale Fra queste pagine trova "ospitalità" la memoria collettiva di Picerno. "Attraverso la lettura di questi testi", scrive Giuseppina Bianchini Caivano, "si potrà recuperare la memoria di tempi individualmente mai vissuti, ma che sono la radice della cultura di ognuno e di tutti. Senza la memoria di questo passato si resta bambini, non si giunge mai a vera maturità, non si comprende il proprio mondo, perché non se ne posseggono le radici." La maestra Caivano, nella parte dell'introduzione da lei scritta, ci spiega che ha sempre coinvolto i suoi alunni in questa ricerca di versi e di testimonianze di vita quotidiana, perché imparassero ad amare la loro terra e le sue tradizioni: "è stato un lavoro entusiasmante che ha dato un senso al mio compito di maestra". La Caivano Bianchini non ha mai condiviso che si dovesse cancellare l'espressione dialettale, anzi ha sempre cercato di avviare i ragazzi alla conoscenza della lingua nazionale "attraverso la comparazione continua delle esperienze diverse e della lingua diversa cui approdavano attraverso i libri scolastici." "Con quanto entusiasmo", scrive la maestra Caivano, "le loro menti e la loro lingua si sono aperte al nuovo, senza dover dimenticare la cultura di origine, anzi salvandola come un bene prezioso. Di tanto sono orgogliosa, spero che i miei alunni abbiano potuto giovarsi del gusto e del metodo della ricerca che ho loro insegnato…, portatori di racconti, fiabe, strambotti, indovinelli, gli alunni sono stati tante volte miei maestri." L'altra autrice del libro, Maria Teresa Greco, studiosa dei dialetti gallo-italici lucani e del dialetto napoletano, è autrice del Dizionario di Picerno e di Tito. Ha curato la trascrizione e la traduzione italiana del libro. "Lo studio di testi come questi", scrive, "raccolti con tanto amore da Bianchini Caivano, interessanti per le informazioni che danno di una cultura assai modificatasi sotto le spinte che il progredire del tempo comporta, pone moltissimi problemi, prima di tutti quello della trascrizione e della traduzione." Infatti, Maria Teresa Greco, per la trascrizione ha scelto di non allontanarsi troppo dai segni grafici usati per l'italiano standard, "approfittando del fatto che il dialetto di Picerno ha pochi suoni che si discostino da quelli della lingua egemone". "Picerno – dice Maria Teresa Greco - è un comune che si trova nella Basilicata settentrionale, a km.21 del capoluogo, Potenza. Il suo territorio è di km quadrati 79,29 e gli abitanti al 21/10/1996, sono 5.976, un po' meno della metà dei quali vive in case sparse, in fattorie disseminate sul territorio". Leggiamo nel libro che il dialetto di Picerno ha caratteristiche fonetiche, morfologiche e sintattiche che lo pongono fra i dialetti galloitalici della Basilicata, parlati in alcuni centri gravitanti intorno a Potenza, cioè a Potenza stessa, Picerno, Tito, Pignola e Vaglio. E' stato merito di uno studioso tedesco, Gerhard Rohlfs, quello di aver riconosciuto caratteri di galloitalicità nel dialetto di Picerno (ed in quello di Tito) nel 1931. "Non dimentichiamolo", scrive Greco, " che il dialetto di Picerno è derivato dal latino esattamente come la lingua egemone, anche se attraverso un processo storico a lui proprio." Il parlato dialettale non ha univocità perché per molte ragioni che riguardano l'identità, la volontà di differenziarsi dagli altri, di testimoniare il proprio ceto sociale, la distribuzione sociale stessa degli abitanti, ci sono delle differenze linguistiche, riguardanti la fonetica e/o il lessico, anche in un piccolo comune. C'è prima di tutto, nettissima, la differenza fra il dialetto rustico, parlato nelle campagne, e il dialetto del paese, "che di solito ha cercato di raffinarsi accettando ed elaborando il modello dei centri culturali più influenti". Abbiamo, poi, delle differenze linguistiche chiaramente percepibili fra coloro che abitano le diverse zone del paese. Infatti, il dialetto del "Chianiedde" si differenzia da quello di "Mbé de la terra", ed entrambi sono diversi dal dialetto rustico, parlato nelle case sparse nelle contrade rurali. "Nello stesso modo i Picernesi sono ben consapevoli delle caratteristiche del proprio dialetto, che sanno contrapporre a quelli dei paesi limitrofi". Lorenza Colicigno, dal canto suo, ritiene che il processo di conservazione delle peculiarità delle culture regionali "ha assunto troppo spesso il carattere di iniziativa antiquaria, rispetto ad un mondo che appariva difficilmente integrabile con la nuova realtà politica e culturale nazionale e che, quindi, avvertivano come inevitabilmente declinante, destinato a disperdersi sotto i colpi della 'Italianizzazione'". Le responsabilità della scuola sono, indubbiamente, enormi in questo senso. Il passaggio dal dialetto alla lingua nazionale, avvenuto in "modo selvaggio", "ha segnato il destino del Sud, consegnandolo ad un processo di depauperamento economico e culturale di cui vediamo le conseguenze". Ma, forse, oggi con qualche consapevolezza in più, e con qualche aspettativa in più è possibile un consapevole recupero o, comunque, "un giusto riconoscimento di funzione storico- culturale". "E' per la consapevolezza", scrive la Colicigno, "delle responsabilità della scuola italiana nei confronti dell'impoverimento linguistico-culturale del Meridione, che il lavoro di Giuseppina Bianchini mi è sembrato particolarmente meritevole di attenzione, al di là del valore scientifico della sua ricerca". "La Bianchini, infatti, maestra elementare a Picerno", continua "non solo ha ricevuto dai suoi allievi, dalla loro memoria, i materiali preziosi che qui sono riportati, ma ha soprattutto inteso restituire loro il senso della dignità della cultura materna". I canti raccolti da Giuseppina Bianchini Caivano possono essere così classificati: "canti d'amore da donna a uomo e da uomo a donna, canti d'ingiuria, canti di gioco, canti di lavoro, canti carnascialeschi o bugiardi, canti in lode della natura, canti enumerativi e iterativi, canti militari, canti politici". Prevalenti i canti d'amore, più di settanta, "mentre un solo canto politico rimanda alla pur attiva partecipazione dei picernesi alle vicende politiche locali e nazionali". Nella sua prefazione, Angelo Raffaele Dinardo, sottolinea che "il libro dovrebbe essere letto in tutte le scuole, potrebbe così diventare punto di partenza per una nuova conoscenza e per una nuova considerazione della cultura popolare della Basilicata". Questo testo è, dunque, espressione di un lavoro collettivo, portato avanti per lunghi anni, e oltre al valore storico e scientifico, costituisce una pietra miliare nella storiografia e nella tradizione etnografica e sociologica del paese del Melandro che, in virtù delle ricerche qui documentate, rivive una propria identità fatta di episodi che concernono certo la glottologia e la storia del linguaggio ma che, nel contempo, fanno riacquistare il reale contorno di un'esistenza fatta di cose vissute quotidianamente e di abitudini, per alcuni versi, ancora in auge e sintomatiche di una cultura radicata nel territorio, sia pure con caratteristiche che talvolta esulano dal contesto comprensoriale. Un paese, Picerno, che ha contribuito alla storia della Lucania, pur partendo da una concezione dei costumi e del modo di vivere inficiati da una diversità anche stridente, ma mai del tutto aliena dal rapporto con l'esterno. ( a.c.)

Redazione Consiglio Informa

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