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(RegioneInforma) CARLO GESUALDO E MARIA D'AVALOS: UN MATRIMONIO COMBINATO

12 settembre 2005

© 2013 - venosa_gesualdo.jpg

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(ACR) - Carlo Gesualdo, il celebre madrigalista venosino, si unì in matrimonio con Maria D'Avalos: i due appartenevano entrambi a importanti famiglie del Rinascimento italiano. I Gesualdo figuravano nella seconda metà del Cinquecento tra i grandi nomi della feudalità nella nostra penisola, anche grazie a un'accorta strategia di alleanze familiari ottenute in virtù di matrimoni combinati. In particolare, Luigi IV ebbe un ruolo decisivo per l'avanzamento sociale dei Gesualdo, avendo sposato nel 1532 Isabella Ferrella: costei gli apportò in dote la terra di Montefredane e un'ingente somma di denaro che servì per acquistare la città di Venosa (fino allora in mano a Consalvo di Cordova, duca di Sessa). Luigi IV ottenne nel 1561 il titolo di principe di Venosa, grazie anche all'aiuto del papa Pio IV; e Fabrizio II, figlio primogenito di Luigi IV, sposò Geronima Borromeo, nipote del papa e sorella di Carlo (il futuro santo). Quanto alla famiglia di Maria D'Avalos, si trattava di un gruppo familiare di origine spagnola che si era trasferito a Napoli al seguito di Alfonso D'Aragona: il ramo italiano aveva come capostipite Inigo, conte di Ribadeo, sposato con Antonella D'Aquino, marchesa di Pescara. Gente d'arme, i D'Avalos avevano conquistato onore e prestigio sui campi di battaglia, ottenendo nel 1496 il marchesato di Vasto e, in seguito, il principato di Montesarchio. Le due famiglie si unirono dunque con il matrimonio di Carlo Gesualdo e Maria D'Avalos: un'unione che si rivelerà caduca, proprio come il corpo della donna, che nel Rinascimento era visto con sospetto, perché si riteneva che celasse in sé la natura di Eva, istigatrice di ogni male. L'età rinascimentale aveva ereditato dal passato anche la consuetudine del matrimonio coatto: le scelte d'amore erano considerate dei capricci e potevano solo arrecare disonore alla donna. L'amore restava così una faccenda extraconiugale e l'infedeltà femminile, che annulla la certezza della procreazione, era punita assai più duramente di quella maschile. Le donne erano considerate infatti come una proprietà sessuale dell'uomo e il loro valore sarebbe diminuito se esse fossero state disponibili per altri, oltre che per il legittimo consorte. L'uomo tradito era dunque disonorato, perché la sua virilità era messa in dubbio dall'incapacità di conservare adeguatamente la sua proprietà, ossia la moglie. Proprio da questo insieme di fattori scaturirà la drammatica conclusione del matrimonio fra Carlo e Maria: il tradimento della donna sarà infatti ferocemente vendicato dal grande madrigalista. (C.G.)

Redazione Consiglio Informa

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